Le voci, i volti, le emozioni della Marcia della Pace lungo tutto il confine di Gorizia

Le voci, i volti, le emozioni della Marcia della Pace lungo tutto il confine di Gorizia

Il racconto

Le voci, i volti, le emozioni della Marcia della Pace lungo tutto il confine di Gorizia

Di Eliana Mogorovich • Pubblicato il 31 Dic 2023
Copertina per Le voci, i volti, le emozioni della Marcia della Pace lungo tutto il confine di Gorizia

Le testimonianze di giovani e adulti dalla 56esima edizione dell'evento, organizzato dal Punto Pace di Pax Christi con molti altri partner.

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Salendo verso Oslavia si nota di spalle qualche pellegrino che ha deciso di raggiungere a piedi il piazzale antistante il Sacrario. La 56esima marcia nazionale per la Pace partirà di lì a poco, punto di arrivo di una due giorni che ha avuto Gorizia come fulcro, iniziata ieri pomeriggio con il convegno “Negoziare la pace” ospitato nell’Aula Magna dell’Università degli Studi di Trieste.

Organizzata dal Punto Pace di Pax Christi di Gorizia insieme all’Arcidiocesi, alla Commissione Episcopale, all’Azione Cattolica Italiana, Caritas, Movimento dei Focolari in collaborazione con Agesci, Škofija Koper Dioecesis Iustinopolitana (Diocesi di Capodistria), Comuni di Gorizia e Nova Gorica, 8xmille Chiesa Cattolica e con il patrocinio della Regione FVG, contrariamente alle feste in piazza la marcia non si è fermata per la pioggia che ha iniziato anzi a cadere proprio durante i saluti dell’arcivescovo Carlo Maria Radaelli.

Quando arrivo, poco prima delle 16, i presenti sono distribuiti a macchie di leopardo ma, quasi senza accorgermene, a un certo punto mi trovo incastrata fra persone e bandiere della pace. Contrariamente a quanto accade di solito, trascuro le autorità (presenti le assessore Silvana Romano e Patrizia Artico, la presidente del consiglio comunale Silvia Paoletti) per concentrarmi su chi – nel grigiore del pomeriggio - è avvolto dai colori dell’arcobaleno.

Annarita, Alessandra e Giuseppe fanno parte di Pax Christi e arrivano rispettivamente da Bologna, Ferrara e Bergamo. “La nostra è una presenza annuale e per noi partecipare oggi ha un significato particolare visto che siamo in mezzo a due guerre e che Gorizia ha pagato tanto per le guerre e la divisione” esordisce Giuseppe, presto incalzato da Alessandra: “Credo sia un bel modo di iniziare l’anno, pensando alla pace anziché perdersi in feste soprattutto perché è urgente essere qui a chiedere e a programmare la pace”.

Conferma Annarita: “Pax Christi ha inventato la marcia 56 anni fa, quando sembrava necessario, ma nonostante 56 marce siamo ancora qui e anzi la situazione è peggiorata”. Tutti e tre percorreranno l’intero tragitto e quando chiediamo un auspicio per il 2024 la risposta è unanime: “Cessate il fuoco subito o che almeno si risolva uno dei due conflitti. Come ha detto Papa Francesco l’impegno deve essere permanente, non si può mai abbassare la guardia”.

Incrocio Norberto Julini, coordinatore nazionale di Pax Christi: “Per noi è un momento formidabile perché stiamo per compiere 70 anni di presenza in Italia. E quella di oggi è una marcia ancor più significativa perché attraverseremo il confine fra due comunità che devono completare la pacificazione. Tra poco nel mio intervento leggerò la lettera di San Paolo agli efesini dove si dice “colui che ha fatto dei due un popolo solo, abbattendo il muro di separazione che era frammezzo”: qui il muro deve ancora essere abbattuto negli spiriti e nel cuore, così come il mio auspicio per il 2024 è che si trovi il modo per risolvere i conflitti che ci sono”.

“Sono contento di essere qui e di avere questo spazio per ricordare Pierluigi” dice Vito Di Piazza, fratello del fondatore del Centro Balducci che ricorda: “Pierluigi era instancabile nel suo impegno per la pace che promuoveva anche nelle scuole, con progetti per gli insegnanti e i ragazzi. Ha poi favorito l’attenzione verso la base 1 di Aviano dove ci sono delle testate nucleari ma in pochi lo sottolineano. La pace è una cultura che deve impegnarci ogni giorno, per mio fratello non era una questione ma “la” questione dirimente tutte le altre. Tutti noi dobbiamo essere uomini di pace impegnati quotidianamente in questo e nelle chiese non si dovrebbe pregare solo per la pace ma anche per il coraggio e la verità che possono dare un indirizzo di impegno alla vita delle persone”.

Giacche a vento impermeabili, Massimiliano (animatore a Mossa e Gorizia) e Giacomo (serio nel proclamarsi ateo) sono stati un po’ trascinati dai genitori un po’ ci credono pure loro all’importanza di questo appuntamento. Quattordici anni entrambi, arriveranno solo fino in piazza Vittoria ma la loro presenza sarà comunque importante come tassello per supportare la pace nel mondo. “Meglio essere qui che stare al cellulare”, chiosa Giacomo che precisa “Ci tengo a partecipare a eventi per messaggi importanti e spero che nel 2024 le persone che non sono fortunate come noi lo possano diventare”.

Giovanna, Enrico e il piccolo Davide di dieci anni arrivano da Ronchi, una famiglia che fa parte di un gruppo di nove persone: “Volevamo testimoniare la nostra vicinanza a questi temi e anche andare controcorrente rispetto ai festeggiamenti più roboanti. Ci fermeremo alla Transalpina e speriamo che il messaggio per cui manifestiamo arrivi anche a chi non è qui”.

Mentre mi allontano dal centro del piazzale che nel frattempo si è riempito noto un cappello di peluche a forma di draghetto, di quelli che, quando ne schiacci le estremità, si sollevano le orecchie. A indossarlo è una ragazza dal viso luminoso al pari di quello dei compagni e delle compagne che la affiancano: fanno parte del Movimento dei Focolari, sono arrivati da tutta Italia, Slovenia e Croazia. Una settantina circa di giovani fra i 18 e i 30 anni che, beata onestà – avevano organizzato il Capodanno in zona ma quando hanno saputo della marcia hanno deciso di parteciparvi e di accogliere la richiesta di animarne una parte con canzoni e poesie.

“La nostra presenza qui ha un valore simbolico – rispondono soprattutto le ragazze, meno intimidite dal fatto di rilasciare una dichiarazione – è un modo per fare qualcosa di concreto e per farci sentire come giovani. È un’esperienza di unità fra di noi e con persone che non conosciamo. Un augurio per l’anno nuovo? La pace è quasi un’utopia, ma abbattere i muri e vivere insieme o realizzare la pace almeno nel nostro piccolo, nei vari contesti in cui viviamo, è già un buon obiettivo”.

Li ritrovo alla Transalpina: hanno raggiunto la piazza-simbolo della manifestazione tagliando una parte del percorso. Il corteo arriva con un’abbondante mezz’ora di ritardo, per fortuna i ragazzi e altri partecipanti alla marcia si riparano all’interno della stazione cantando sulle note di “Dancing in the dark” suonate dai due chitarristi del gruppo. Ad accompagnarli c’è anche Robert che viene dalla Croazia e mi spiega che il Movimento dei Focolari si sta preparando da tempo per questo momento, i ragazzi hanno anche fatto una specifica formazione sui temi della pace e del perdono. “Vogliamo condividere il messaggio che la pace sia sempre fra noi, vivendola nel quotidiano dei rapporti più profondi”.

Kristina, Andreja, Jože e Janka vengono da Salcano: hanno saputo della marcia attraverso la parrocchia, Janka ha partecipato a manifestazioni pacifiste in anni passati, per gli altri è la prima volta. “Avevamo già in mente di trascorrere l’ultimo giorno dell’anno facendo una passeggiata, poi abbiamo saputo di questa iniziativa e abbiamo colto l’occasione per stare insieme e perché volevamo partecipare con la parte italiana per esprimerci contro la guerra”.

Janko e Vera arrivano da Sistiana: “Sono mezza goriziana e ci piaceva l’iniziativa, fra l’altro sono ancora attiva come scout e questa è l’atmosfera giusta” dice mentre i ragazzi continuano a cantare e suonare nell’atrio. “Iniziative di questo tipo sono l’ideale per avvicinare persone che parlano lingue diverse ma vivono nello stesso posto” afferma Janko che, per l’anno nuovo, si augura che “finiscano tutte le guerre da tutte le parti del mondo: bisogna sperare, ma purtroppo chi comanda ha gli occhi e le orecchie tappati e non si accorge che la gente non vuole che muoiano né innocenti né soldati perché la violenza chiama violenza mentre bisogna trattare nelle sedi diplomatiche” concludono all’unisono. 

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