La recensione
Tra mimo di risa e dolore, Slava's Snowshow incanta il Verdi con suoni e colori

Lo spettacolo, in replica oggi, domenica 2 marzo, alle 16 e 20.45, rivela la propria profondità a giovani e adulti
Uno spettacolo geniale, potente e catartico, per adulti e bambini. È “Slava’s Snowshow” del celebre Slava Polunin andato in scena nella serata di ieri, sabato 1 marzo 2025, al Verdi, in una tournée italiana iniziata a Gorizia e che a fine anno raggiungerà anche Budapest e Parigi. «Questa è la quarta volta che vengo – racconta la nostra vicina di poltrona – perché è meraviglioso, mi fa tornare bambina». E così, anche chi assiste per la prima volta alla magia si lascia catapultare in un mondo fantastico e divertente, dove a trionfare è sempre la speranza. Nessuna parola pronunciata. A innalzarsi nello spazio e avvolgere letteralmente il pubblico nella sua fitta rete di poesia e immaginazione è il mimo. Chi apre la corolla di quadri è il performer Artem Zhimo, un clown in tuta gialla e sciarpa rossa con l’andatura goffa e lenta e grosse babbucce di peluche, che sarà protagonista di svariate disavventure.
Nella sua immensa tristezza trascina sul palco una corda col suo cappio, ma la corda è talmente lunga che non si arriva mai alla fine. Finché, tira e ritira, ecco sembrare giunta la conclusione. Al capo opposto c’è un clown diverso, perché in verità non si è mai soli nel proprio dolore. L’altro indossa un pastrano sdrucito verde e un cappellaccio a falde laterali che ricordano le orecchie di Dumbo, e ha lo stesso cappio con le medesime intenzioni. Da qui nasce una gag durante la quale l’idea di lasciarsi andare viene abbandonata, facendosi coinvolgere dal resto del gruppo: un plotone di clown con uguale cappotto verde consunto e lo sguardo infinitamente triste, del quale fanno parte Robert Saralp, Vanya Polunin, Georgiy Deliyev, Aelita West, Bradford West, Alexandre Fish, Nikolai Terentiev, Spencer Chandler, Elena Ushakova e l’italianissimo Francesco Bifano, nella compagnia dal 2008. Lottano per un pesce, come nella drammaticità della vita quotidiana: soltanto uno riesce ad aggiudicarselo, quello che ritroviamo in una gigantesca sfera camminare solitario fra gli altri rimasti a stomaco vuoto. Dopo un vortice di bolle di sapone, ecco la scena dove un semplice letto in ferro battuto si trasforma in magica imbarcazione che sferza l’oceano per scontrarsi contro una nave.
Ad avvolgere lo spettatore un fiabesco intreccio di suoni, dove il fischio dei trenini si mescola alla musica dell’infanzia, al verso delle ranocchie, allo scrosciare dell’acqua, fino ai possenti tuoni preludio di tempesta. Una contaminazione continua fra palco e platea, in cui i mimi salgono sulle poltrone, si arrampicano fra gli spettatori in prima fila, girano con ombrellacci a sparare acqua e gettare coriandoli sul pubblico, in una fantasmagorica festa collettiva dove ogni attimo scorre in allegria e meraviglia. Uno spettacolo allestito da Vjačeslav Ivanovič Polunin, in arte Slava, fin da giovanissimo imitatore di Charlie Chaplin e formatosi all’Istituto di Cultura Sovietica di Leningrado. Classe 1950, inizia la sua attività di mimo appena diciottenne traendo ispirazione anche dal francese Marcel Marceau, oltre che dal teatro dell’assurdo, ma gli spettacoli con i quali gira il mondo non trovano definizione, se non quella di rappresentare magia allo stato puro.
Spassosa la scena con i due grossi telefoni morbidi e colorati, e ancora più divertente la ragnatela nella quale Zhimo resta impigliato nel ramazzare la scena dai coriandoli. Una tela fatata che avvolgerà il clown e inizierà a scendere verso il pubblico, che istintivamente la tenderà all’indietro facendola galleggiare verso il fondo della platea per non rimanerne avviluppato. Una gigantesca trappola di divertimento nella quale lo spettatore rimbalza con dolcezza, lasciandosi trascinare dalla gioia e dalla commozione che sono le stesse in tutte le lingue del mondo. Si avvicina il momento del lungo addio. Il pagliaccio Zhimo stringe a sé un porta abiti vestito da donna, abbracciandosi con la sua stessa mano che fuoriesce dal cappotto femminile. Un trenino fatato lo condurrà lontano attraverso le steppe, dove però si scatena la tempesta. È l’apoteosi finale che attraverso un vortice di vento implacabile si abbatterà sul pubblico in platea, rovesciandogli contro una tempesta di coriandoli, mentre tuona la maestosa “Carmina Burana”.
Scrosciano gli applausi, ma la catarsi finale deve appena iniziare. Già, perché sul palco dove tradizionalmente gli attori s’inchinano per salutare iniziano a comparire immense sfere galleggianti, che si riversano sul pubblico in sala. Un mix di gigantesche sfere colorate e palloncini che il pubblico si lancia giocando insieme ai mimi, in uno show generale in cui tutti sono protagonisti. Uno spettacolo da vedere e rivedere, che lascia estasiati e regala quel frammento di felicità di cui siamo sempre alla ricerca e che dà un senso alle nostre vite. Si replica questo pomeriggio alle 16 e con l’ultimo spettacolo alle 20:45.
Rimani sempre aggiornato sulle ultime notizie dal Territorio, iscriviti al nostro canale Telegram, seguici su Facebook o su Instagram! Per segnalazioni (anche Whatsapp e Telegram) la redazione de Il Goriziano è contattabile al +39 328 663 0311.






Occhiello
Notizia 1 sezione

Occhiello
Notizia 2 sezione
