La terza bomba che fa evacuare il confine di Gorizia, così l'emergenza si è risolta in 48 ore

La terza bomba che fa evacuare il confine di Gorizia, così l'emergenza si è risolta in 48 ore

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La terza bomba che fa evacuare il confine di Gorizia, così l'emergenza si è risolta in 48 ore

Di Daniele Tibaldi • Pubblicato il 25 Ago 2024
Copertina per La terza bomba che fa evacuare il confine di Gorizia, così l'emergenza si è risolta in 48 ore

Questa mattina le operazioni, non è stato necessario far brillare la bomba essendo bastato disinnescare la spoletta per rendere l’ordigno inoffensivo.

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A molti sarà sembrato un deja-vù. Specialmente ai circa 5mila residenti tra il quartiere di Montesanto, a Gorizia, e le vie circostanti la stazione della Transalpina a Nova Gorica che, nell’arco di un anno, hanno dovuto rispondere a ben tre ordini di evacuazione da parte della Protezione civile. L’ordigno di 226 chili di fabbricazione inglese – di cui 96 sono di esplosivo – è, infatti, il sesto residuato bellico della Seconda guerra mondiale ritrovato nei pressi della stazione dal 2007. Il quinto dall’avvio del grande cantiere per la riqualificazione in vista di Go! 2025.

Anche in questo caso non è stato necessario far brillare la bomba, essendo bastato disinnescare la spoletta per rendere l’ordigno inoffensivo. L’intervento degli artificieri sloveni del Nus ha avuto inizio subito dopo l’ok lanciato via Zoom dal prefetto di Gorizia Raffele Ricciardi, a cui è spettato il compito di coordinare le forze della Protezione civile durante le fasi dell’evacuazione, cominciata alle 7 e terminata alle 10 di mattina. Al suono della sirena della caserma dei gasilci di Nova Gorica, gli artificieri hanno provveduto a depositare la bomba nel fosso scavato ad hoc per garantire la massima sicurezza anche in caso di detonazione accidentale.

Nel frattempo, le autorità italiane e quelle slovene hanno seguito il tutto dalle rispettive sedi operative: la caserma dei gasilci di Nova Gorica e la Prefettura di Gorizia. Ben dieci minuti dopo l’avvio dell’operazione, intorno alle 10.24, dei ciclisti sono stati colti lungo la ciclabile del Rafut, nella cosiddetta zona rossa, rendendo necessario il tempestivo intervento delle forze dell’ordine.

A raccontare l’operazione di disinnesco è stato Aljaž Leban, capo del Dipartimento di protezione Nus della regione slovena del Litorale settentrionale. L’intervento è iniziato alle 10.30 e «ha richiesto un po' più di tempo – così Leban – a causa della complessità tecnica del detonatore». Tuttavia, la segnalazione acustica del cessato allarme è stata attivata un quarto d’ora dopo, alle 10.46. A chi gli ha chiesto se fosse necessario adottare ogni volta queste misure di sicurezza, con tutti i disagi per la popolazione civile che ne conseguono, non ha usato mezzi termini per far comprendere a quali rischi si sarebbe potuto andare incontro, nel malaugurato caso qualcosa fosse andato storto: «Bisogna essere sicuri al 100% che nessuno possa essere colpito dalle schegge impazzite provocate da un’esplosione fuori controllo».

Grande soddisfazione da parte dei sindaci di Nova Gorica e Gorizia, Samo Turel e Rodolfo Ziberna. Il primo si è detto «orgoglioso del fatto che una squadra di questo tipo, così eterogenea, sia stata in grado di portare a termine con successo, rapidità e, soprattutto, in sicurezza un'operazione così complessa». Concetto ribadito da Ziberna per il quale «il nostro territorio si è rivelato pragmatico per la sua capacità di sviluppare un modus operandi che superi il confine di Stato e renda la soluzione di situazioni come queste più rapida possibile».

«“Skupaj”: insieme è stato fatto tutto – così ha commentato il prefetto di Gorizia – e in meno di 48 ore». Per Ricciardi, infatti, si è trattato di un grande risultato «a dimostrazione dell’amicizia tra i nostri due popoli, che continueremo a manifestare in altre occasioni». Impegnati anche i vigili del fuoco del comando di Gorizia con una squadra dedicata, formata da cinque unità a bordo di un'autopompa, e il personale del Nucleo Sapr (Sistema Aeromobili a Pilotaggio Remoto) del Veneto e hanno operato in completa sinergia con i colleghi sloveni.

Foto Tibaldi

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