LE MIGRAZIONI
Sulle tracce della Rotta Balcanica, Cisint: «Confini da proteggere al di fuori del perimetro UE»
L’eurodeputata leghista è in missione al confine tra Bosnia e Croazia per comprendere lo svilupparsi delle rotte irregolari di alcuni flussi migratori. La situazione a Gorizia e Trieste.
Ve ne abbiamo dato notizia ieri. Il Governo Italiano ha prorogato per ulteriori sei mesi la sospensione degli accordi di Schengen con il ripristino dei controlli alla frontiera slovena. Nelle scorse ore, il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi ha riferito dell’adozione del provvedimento agli omologhi di Slovenia e Croazia Bostjan Poklukar e Davor Bozinovic. La misura governativa è quindi ancora improntata ad avere un effetto deterrente sugli ingressi irregolari. Ed è proprio su questo tema che, dalla giornata di ieri, si è concentrata l’eurodeputata della Lega ed ex sindaco di Monfalcone, Anna Maria Cisint che si è recata in missione europarlamentare in Bosnia.
In una nota, viene comunicato che Cisint «Ha visitato il confine tra Bosnia e Croazia per osservare e comprendere da vicino il fenomeno dei flussi migratori illegali lungo la rotta balcanica». Accompagnata dal giornalista Fausto Biloslavo, «Cisint ha raccolto testimonianze dirette sui passaggi dei clandestini che, attraversando la Croazia e la Slovenia, raggiungono l’Italia e si concentrano a Trieste, dove la situazione di degrado e illegalità è diventata insostenibile».
L’onorevole monfalconese ha preso visione della situazione esistente al campo rifugiati bosniaco di Lipa e riferisce che nella località bosniaca di Bihac, a meno di 20 chilometri dal confine con la Croazia, sono stati registrati 3500 migranti ma «tanti sono sparsi nei boschi pronti ad attraversare Croazia e Slovenia per entrare in Italia da Trieste». «Quello che abbiamo visto e ascoltato, anche grazie agli incontri riservati che abbiamo avuto, sarà essenziale per proporre azioni concrete al Parlamento Europeo – afferma Cisint - chiederò alle agenzie competenti di fornire tutti i dati necessari sugli Stati coinvolti per mappare e contrastare questa rotta illegale». «È fondamentale impedire agli extracomunitari di superare i confini esterni dell’Unione Europea – conclude - una volta dentro, possono contare su reti criminali che li portano fino a Trieste, meta ambita per molti di loro». Proprio nella giornata di ieri, dal capoluogo giuliano sono stati trasferiti 180 migranti richiedenti asilo che si erano riparati a Porto Vecchio. Un’operazione analoga a quella avvenuta la scorsa estate al Silos.
In un comunicato congiunto, Consorzio Italiano di Solidarietà, le organizzazioni di volontariato Linea d’Ombra e No Name Kitchen insieme alla commissione Diaconia Valdese per i servizi d’inclusione, hanno definito lo sgombero triestino un intervento che «Si limita a coprire un persistente fallimento nella gestione della prima accoglienza a Trieste, senza risolvere nulla. Offre un sollievo temporaneo alle persone coinvolte, ma il rischio è che, in poche settimane, si ripresentino gli stessi fenomeni di abbandono, perpetuando un ciclo di inadempienze istituzionali apparentemente senza fine. Ribadiamo la necessita di attivare quanto prima, anche in vista dell’inverno, una struttura di bassa soglia che dia un’adeguata accoglienza alle persone in transito». A Gorizia invece, il flusso migratorio “in transito” sembra essere scarso rispetto all’anno scorso. Da circa un mese, nella parrocchia di San Rocco - grazie alla collaborazione fra Caritas e i volontari delle parrocchie cittadine e quella di Mossa - si registrano una media di 8-10 persone che alla sera mangiano un pasto caldo. È attesa a giorni l’apertura del dormitorio Casa San Francesco.
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