Gli studenti ricordano foibe ed esodo a Redipuglia, «create un nuovo futuro»

Gli studenti ricordano foibe ed esodo a Redipuglia, «create un nuovo futuro»

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Gli studenti ricordano foibe ed esodo a Redipuglia, «create un nuovo futuro»

Di Ivan Bianchi • Pubblicato il 09 Feb 2024
Copertina per Gli studenti ricordano foibe ed esodo a Redipuglia, «create un nuovo futuro»

La lapide di via Generale Paolini coronata da un omaggio floreale, posto dai ragazzi dell’istituto Corridoni. Il racconto di Tommaso Cosolo.

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Una cerimonia colpita dalla pioggia, quella di stamattina a Redipuglia per il Giorno del Ricordo. La lapide, spostata da via dell’Istria al parco verde di via Generale Paolini qualche anno fa, è stata coronata da un omaggio floreale posto dai ragazzi dell’istituto Corridoni di Fogliano. «Si è trattato – così il parroco di Fogliano, Redipuglia e San Pier d’Isonzo, don Giorgio Longo – di una vera e propria pulizia etnica mascherata da rivalsa per i crimini fascisti degli anni prima. Il 10 febbraio colma un vuoto di decenni per ricordare i nostri connazionali istriani, fiumani e dalmati che fuggirono».

«Ricordarli vuol dire riaffermare i valori della democrazia e di difesa dei diritti umani che la nostra costituzione difende, cercando di costruire un futuro al riparo dalle ideologie esasperate che esaltano i singoli e tolgono i valori della comunità. Ora tocca – ha concluso il sacerdote – ai giovani italiani, sloveni e croati creare un nuovo futuro all’interno di un clima di costruzione. Il mio invito è fare della scuola un luogo non solo del sapere ma anche di laboratorio della società, dove le divergenze di opinione sono rispettate nella loro pari dignità e riconciliate nel dialogo».

Il sindaco, Cristiana Pisano, ha ribadito come «il ricordo deve essere di varie forme, dai dibattiti alle riflessioni, utilizzando qualsiasi mezzo possa riportarci a questi momenti. Norma Cossetto deve essere il nostro riferimento e simbolo per tutti coloro che sono stati infoibati: Gorizia la ricorda nell’istituto che l’ha vista studiare e diplomarsi e in questi giorni ci dedichiamo al tema del ricordo che deve essere portato avanti ogni giorno, così come tanti fatti della nostra storia perché è da qua che partiamo. Ci vorrà anche un po’ di tempo prima che si possa definitivamente digerire ciò che è stato ma per guardare avanti dobbiamo passare il testimone a voi ragazzi».

A rappresentare la Lega Nazionale Tommaso Cosolo, presente durante «i giorni di occupazione titina. Ricordo – così Cosolo ai giovani – di aver guadato il fiume perché i ponti erano controllati e la mia famiglia era nel mirino. Un clima di terrore e di paura e, in un certo modo, siamo stati per qualche giorno esuli anche noi» Un quadro, contornato da cornice rossa, ha ricordato durante tutta la cerimonia Marco Martinolli, già presidente della Lega Nazionale di Monfalcone, che si è speso nel 2011 per il posizionamento del cippo con l’allora sindaco Antonio Calligaris, presente in veste di consigliere regionale, e di Francesca Tubetti, presente a titolo di senatrice.

«Un piccolo cippo ma un grande segno per ricordare i 350mila che abbandonarono le terre occupate dalla Jugoslavia di Tito, tra cui mio padre, Rinaldo Franco, da Buje d’Istria», così Andrea Franco, attuale presidente della sezione monfalconese della Lega Nazionale. «Non solo ricordiamo gli italiani, ma anche sloveni e croati che abbandonarono casa loro per non vivere sotto il governo del maresciallo Tito». La senatrice Tubetti ha ricordato la cerimonia del giorno precedente, a Udine, durante la quale è stata riconsegnata la divisa alla figlia di Arnaldo Harzarich, il vigile del fuoco “Angelo delle Foibe”.

Il 16 ottobre 1943 il maresciallo Harzarich del 41.mo Corpo dei vigili del fuoco di Pola, già Italia, assieme alla sua squadra fu comandato a esplorare la “Foiba di Vines” ad Albona dove rinvenne i primi corpi senza vita degli infoibati. Ancora per due anni, malgrado le minacce di morte ricevute, il Maresciallo Harzarich continuò a esplorare le Foibe rinvenendo al loro interno centinaia di corpi senza vita. Condannato a morte da un tribunale del popolo titino, Harzarich nel 1973 si spense da esule braccato e privato della sua divisa.

«Oggi è importante che loro, i ragazzi, si rendano conto che questa è stata una storia che per anni non è stata condivisa e di cui non si è parlato per paura, perché come il tricolore avevi paura di dire che eri italiano, questo perché vi era un clima di paura. Oggi abbiamo la responsabilità di chiedere ai nostri nonni o zii o cercare nelle nostre famiglie perché solo attraverso la conoscenza potremo essere cittadini italiani ed europei. Ricordiamo, a chi fa polemica, che nelle foibe fuburibi anche gli sloveni e croati che non erano titini, preti, militari e funzionari dello Stato», così Tubetti.

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