l'iniziativa
Le storie di quattro deportati mai più tornati a casa, Stolpersteine a Medea
Avviato l'iter per dedicare quattro pietre d'inciampo ad altrettanti compaesani deportati e mai più tornati, si cercano notizie sulle loro storie.
Sono quattro le pietre d’inciampo che il Comune di Medea vuole collocare sul proprio territorio, dedicate ad altrettanti compaesani internati nei campi di concentramento. Grazie all’aiuto dello storico Luciano Patat, si punta a ricostruire la storia di Luigi Baldassi, Marino Feresin, Enrico Severo e Odilo Simonit: tutti loro vennero catturati dai nazifascisti durante la Seconda guerra mondiale, terminando i loro giorni tra fame e sofferenze. Vicende già ricostruite in parte dallo storico locale Aldo Gallas.
Il maestro Aldo, com’era conosciuto nella comunità, aveva infatti già riportato questi nomi nei suoi scritti sull’epoca. Ulteriori conferma della loro tragica fine arriva dagli archivi dell’Istituto friulano per la storia del movimento di Liberazione. Da qui, il desiderio dell’amministrazione comunale di ricordare quelle persone, ponendo le ormai celebri Stolpersteine in luoghi legati agli stessi, come la casa dove sono nati o una zona di passaggio affinché chiunque possa ‘inciamparsi’, come dice il nome stesso dell’iniziativa.
Mentre il sindaco Igor Godeas e l’assessore alla cultura Alessandro Donda avvieranno l’iter, si cercheranno anche ulteriori informazioni su questi profili. Su Feresin, infatti, sono poche le informazioni a disposizione, con Patat che ha spiegato non ha trovato alcuna traccia tra i documenti delle carceri di Udine e Gorizia. Nato nel 1903 da Francesco e Feresin e Antonia Basso, risulta che fosse un giardiniere celibe, inviato nel campo di lavoro Klessheim attorno a Salisburgo. Da lì, venne spedito a Mauthusen, dove morì il 21 ottobre 1944.
Il perché venne arrestato, però, non è stato ancora capito. Così come per Severo, classe 1912. Figlio di Giovanni Severo e Maria Saulig, era un commerciante anche lui senza moglie. Catturato a Medea il 23 maggio 1944, fu portato dapprima a Gorizia dalla polizia militare segreta della Wehrmacht, quindi inviato ad agosto al lavoro coatto in Germania. Poco dopo Natale, venne deportato a Dachau, morendovi pochi giorni dopo. È noto invece che sia Baldassi, sia Simonit erano partigiani: il primo era del 1909, inserito nella divisione Garibaldi Natisone.
Arrestato a Cormons il 9 maggio 1944, fu portato in via carcere a Gorizia dal Servizio di sicurezza delle SS. Il 6 settembre lo deportarono a Buchenwald, venendo poi trasferito nel sottocapo di Langenstein-Zwieberge. Morì per collasso cardiaco il 24 febbraio ’45. Si conosce la causa della morte anche di Simonit, classe 1920. Combattente nell’Intendenza Montes, venne arrestato proprio a Medea il 27 ottobre 1944 dalla Polizia di sicurezza delle SS. Portato a Udine, da lì raggiunse il campo di Flossenbürg. Il 15 marzo ’45 morì per enterite e debolezza cardiaca.
Di tutti loro, a oggi è nota la casa dove abitò Severo (e un suo nipote vive ancora oggi nella comunità) ma degli altri molte informazioni sono andate perdute. In ogni caso, la procedura per ottenere le pietre d’inciampo non sarà veloce, essendo un tributo che sempre più comuni ed enti stanno richiedendo anno dopo anno. È da rilevate che, in questo elenco, non compaiono i nomi di militari deportati dopo l’8 settembre '43: le Stolpersteine sono infatti dedicate alle vittime di persecuzione delle forze nazifasciste, a partire dagli ebrei ma non solo.
Foto d'archivio
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