La storia di Dušan Jelinčič a Gorizia: papà Zorko, il fascismo e il Tigr

La storia di Dušan Jelinčič a Gorizia: papà Zorko, il fascismo e il Tigr

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La storia di Dušan Jelinčič a Gorizia: papà Zorko, il fascismo e il Tigr

Di Daniele Tibaldi • Pubblicato il 09 Mar 2023
Copertina per La storia di Dušan Jelinčič a Gorizia: papà Zorko, il fascismo e il Tigr

Ieri sera l'incontro con il premio Prešeren alla biblioteca Feigel, il racconto del padre Zorko leader dell’organizzazione clandestina Tigr.

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Dalle vette del Karakorum a quelle della letteratura slovena. Potrebbe riassumersi così la carriera di Dušan Jelinčič, ma come ogni semplificazione non basterebbe a descrivere la sua incredibile poliedricità. Alpinista, giornalista e autore prolifico di saggi e romanzi, dei quali il più celebre “Notti stellate” lo colloca in netta continuità con quel filone di letteratura alpina di origine austroungarica che include anche goriziani come Julius Kugy e Klement Jug. L’autore stesso è stato ospite ieri sera nella biblioteca “D. Feigel” del Trgovski dom di Gorizia, per presentare però un altro libro.

Jelinčič (nella foto, a destra) è divenuto celebre in regione proprio per essere stato il primo cittadino del Friuli Venezia Giulia a scalare, nel 1986, un “ottomila”: il Broad Peak, la dodicesima vetta più alta sulla Terra. In “Notti stellate” avrebbe raccontato questa e altre avventure, ma non è quella l’opera per cui, esattamente un mese fa, ha ricevuto a Lubiana il premio Prešeren: la più prestigiosa onorificenza in campo artistico conferita annualmente in Slovenia. A fargli aggiudicare il premio è stata la sua ultima pubblicazione, “Il sussurro del mare invisibile, dodici pillole di piombo”, al centro dell'incontro di ieri.

L’opera è un romanzo storico sulla vita del padre Zorko: uno dei fondatori dell’organizzazione clandestina Tigr (Trst-Istra-Gorica-Reka), che tra il 1927 e il 1941 si oppose strenuamente alla brutale politica di snazionalizzazione di sloveni e croati nella Venezia Giulia del regime fascista. Il volume è stato presentato nella sua edizione slovena (“Šepet nevidnega morja, dvanajst tablet svinca”), spiegando che si tratta del primo romanzo storico basato sulla raccolta delle testimonianze relative al Tigr. Tra queste, quella importantissima del padre, che passò ben nove anni in una galera fascista e altri tre al confino.

Nonostante ciò, Jelinčič sottolinea nel suo libro come la linea dettata dal padre fosse sempre stata una: quella della non violenza. A Nova Gorica, oggi, ci sono una strada e un mezzo busto commemorativo dedicati a Zorko Jelinčič, inaugurati nel 2000. A introdurre l’autore triestino è stata la direttrice della biblioteca Luisa Gergolet, per cui “la produzione letteraria di Jelinčič non è importante solo per la letteratura della comunità slovena in Italia, ma anche per l’intera Slovenia”. Dopo la morte di Boris Pahor, nel 2022, Jelinčič è oggi l’autore sloveno vivente più tradotto in italiano. Attualmente è ancora in lavorazione l’edizione in italiano della sua ultima opera, che l’autore triestino prevede potrà essere presentata già all’inizio dell’estate.

Foto Daniele Tibaldi

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