La storia del baseball per ciechi a Staranzano, un libro e nuove sfide per Buttignon

La storia del baseball per ciechi a Staranzano, un libro e nuove sfide per Buttignon

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La storia del baseball per ciechi a Staranzano, un libro e nuove sfide per Buttignon

Di Eliana Mogorovich • Pubblicato il 18 Giu 2024
Copertina per La storia del baseball per ciechi a Staranzano, un libro e nuove sfide per Buttignon

La squadra è nata da una sua passione giovanile, ripresa all’indomani della pensione. Dopo la pandemia, oggi si punta a integrare i giovani bengalesi.

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Favorire la socializzazione attraverso il divertimento è una delle prerogative dello sport, la cui importanza cresce nel momento in cui l’attività riguarda persone svantaggiate. Franco Buttignon ha avuto modo di verificarlo direttamente grazie all’esperienza della Staranzano Ducks Bxc, squadra di baseball per ciechi e ipovedenti da lui fondata e presieduta a cui adesso ha dedicato un libro. “Ascesa e discesa di un’utopia” (che, corredato dalla versione audiolibro, si può trovare alla libreria Ubik di Monfalcone) ripercorre la storia di questo sogno che Buttignon, artista ed ex sindacalista della città dei cantieri, ha condiviso con i giocatori.

La squadra è nata da una sua passione giovanile, ripresa all’indomani della pensione, quando Buttignon – che a quel tempo era presidente dell’Auser di Staranzano – cominciò a cullare l’idea di diffondere il baseball fra persone non vedenti e ipovedenti. «Sapevo già che esistevano squadre di questa disciplina per disabili, allora sono andato a Bologna dove è più diffusa e radicata ed è iniziata un’avventura che si inserisce comunque sulla scia di una lunga tradizione di passione per il baseball nell’Isontino: la stessa Eva Trevisan, vicepresidente dell’associazione nazionale baseball per ciechi, è di Staranzano».

«Per formare la prima squadra – ricorda Buttignon - mi sono messo in contatto con l’Istituto Rittmeyer di Trieste dove venivano realizzati dei corsi per centralinista e operatore di computer rivolti ai non vedenti. Sono così arrivati una ragazza di Cervignano, uno di Trieste, altri originari del Sud Italia ma anche un serbo che viveva a Gorizia e un ragazzino afghano di tredici anni, un vero talento, che poi è andato a vivere in Francia. La maggior parte dei giocatori aveva attorno ai cinquant’anni e il nostro “record” è stato aver vinto una sola partita, ma non ci importava: fondamentale era lavorare per l’inclusione sociale».

Ma la squadra non è l’unico impegno di Buttignon: «Contemporaneamente organizzavamo dei corsi per normodotati al Bearzi di Udine, nei licei di Trieste e Monfalcone per insegnare come funziona questa disciplina e facevamo giocare tutti i ragazzi bendati» aspetto che in realtà si ritrova anche fra i non vedenti che, per regolamento, giocano comunque bendati e affiancati sia da un vedente sia dagli assistenti che forniscono le necessarie indicazioni. A interrompere questa avventura, quello stop di energia globale che è stata la pandemia dopo la quale si è cercato di ricostruire la squadra, al momento non ancora riformata, vuoi per problemi di salute degli ex giocatori, vuoi per la mancanza di sostegno da parte dell’Unione ciechi e della Consulta dei disabili.

«È stato in quel momento – continua Buttignon – che ho iniziato a scrivere i ricordi della squadra, gli aneddoti che la riguardavano inserendo nella narrazione anche molta politica. Per esempio all’inizio del volume ho inserito una riproduzione della Madonna dei pellegrini di Caravaggio, un dipinto che suscitò molto scalpore, per dimostrare che in realtà i tempi non sono cambiati, perché anche oggi chi cerca di fare qualcosa di diverso non viene preso sul serio».

Il futuro della squadra è ancora traballante ma un elemento di certezza comunque c’è: l’inclusione andrà indirizzata verso il reclutamento di giovani della comunità bengalese. Complice il fatto che già da alcuni anni a Bologna esistono squadre di minibaseball per i più giovani, la scorsa settimana sono infatti iniziati gli allenamenti con dei ragazzini con problemi visivi. «Abbiamo preso contatti con i bengalesi perché nel direttivo del rione Centro ci sono tre ragazzi di questa comunità risultati eletti alcuni mesi fa: per ora sono solo pochi giocatori ma contiamo di incentivare questo gioco, anche attraverso alcuni pomeriggi dimostrativi che verranno fatti per esempio a San Canzian d’Isonzo, spiegando le modalità della battuta e del lancio».

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