Sold out al Verdi con il Natale di Ale&Franz

Sold out al Verdi con il Natale di Ale&Franz

TEATRO

Sold out al Verdi con il Natale di Ale&Franz

Di Rossana D'Ambrosio • Pubblicato il 15 Dic 2024
Copertina per Sold out al Verdi con il Natale di Ale&Franz

Sulla panchina illuminata dalle luci della ribalta la coppia trascina il pubblico fra lacrime e risate.

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È la Vigilia di Natale e, se Vivaldi fosse nato in Giamaica, le “Quattro stagioni” sarebbero quelle suonate dalla band di Alessandro Besentini e Francesco Villa, in arte Ale&Franz. Contrapponendo ai conflitti mondiali la leggerezza rassicurante della comicità, ha registrato il sold out lo spettacolo andato in scena sabato sera al Verdi di Gorizia con la regia di Alberto Ferrari. Mentre per Dostoevskij la bellezza salverà il mondo, con Ale&Franz è l’umorismo l’arma più potente, e non possiamo che accogliere “NatAle e Franz show” con il cuore leggero e l’applauso che merita.

Uno show che rappresenta un coinvolgente collage di sketch con l’obiettivo d’introdurre allo spirito del Natale con energia e brio, a iniziare dalla scena in cui restano chiusi in un ascensore ascoltando Vivaldi, dove Franz si toglie una scarpa per farla annusare ad Alex. «Il problema è che con i primi caldi si forma un microclima, ha presente il “Signore degli anelli”? Elfi, gnomi, vengono su di quei funghi…». Una pièce che i due comici hanno scritto insieme ad Alberto Ferrari e Antonio De Santis, passando dalle «ragadi anali» di Franz al “Let it snow” in versione heavy metal, fino alla spassosissima scena delle truffe telefoniche, dove Ale si ritrova contro la propria volontà una geisha in moglie, dopo aver acquistato senza volerlo «400 ettolitri di sakè» e una villa ai piedi del monte Fuji.

Non meno grottesca e surreale è la scena alla fermata dell’Atm, che si svolge in un dialogo fra il complottista Franz - che non intende farsi soggiogare dai «poteri forti» e dal «nuovo ordine» indossando un «dissuasore d’identità» - e l’esasperato Ale costretto a stare al gioco. L’assurda verità del complottista ritiene «rettiliano» Bill Gates, che «ha inventato Windows mentre pochi anni dopo hanno fatto il 110 con lo sgravio fiscale», ma anche Piero Fassino, Giacomo Leopardi e il pilota Verstappen, perché «il cronista ha detto: “Questo è un alieno”. E poi, non ha visto come va forte in rettilineo?».

Un successo che inizia negli anni Novanta, quando la coppia s’incontra nella città meneghina per studiare recitazione al Centro Teatro Attivo fino a creare due anni più tardi il celebre duo. Coniugando il nonsense di Eugène Ionesco o Samuel Beckett con il cabaret e la clownerie, la loro esilarante comicità viene definitivamente consacrata al successo dai programmi televisivi Zelig, Mai dire Gol e Pippo Chennedy Show, in un percorso che si rinnova continuamente fino ai giorni nostri, con una costante riflessione sull’attualità e i suoi paradossi moderni. È su questa linea che s’introduce l’ospite a sorpresa Alberto Patrucco, comico cabarettista e cantante di Carate Brianza che ragiona sul concetto di “luogo comune”.

«In Sicilia si dice “Tutti pagano il pizzo”, ma non è vero: molti lo riscuotono». Constatazione amara della realtà in cui viviamo, dove «è tutto finto, artificiale, farlocco», mentre Babbo Natale è sponsor della Coca Cola e «i soldi non bastano mai». Da uno sketch all’altro ecco l’intermezzo di ”Adeste fideles” in versione rock, che introduce alla comicità irresistibile dell’Arcangelo Gabriele (Ale) in procinto di annunciare alla splendida Mary (Franz) l’Immacolata Concezione, subito accompagnato dalle note di “Mamma Maria”. «Houston, abbiamo un problema», esordisce l’Arcangelo svolazzante sorretto da una catena, richiamando alla memoria la celebre ”Annunciazione” di Massimo Troisi e Lello Arena (1979). Un quadro nel quale recita Paolo chiamato dal pubblico, celermente vestito da San Giuseppe con tanto di parrucca ricciuta, dove improvvisazione e recitazione si compenetrano in un unico elemento di umorismo esplosivo.

Fino alla conclusiva e immancabile scena della panchina sperduta fra parchi deserti e squarci di solitudine, dove Ale tenta di leggere il giornale mentre Franz fischietta “Volare” di Modugno. «Apriranno la caccia, prima o poi», commenta Ale, con Franz che chiede il permesso di sedergli accanto. Attraverso un’operazione non dissimile da quella compiuta da Tom Hanks nella pellicola “Forrest Gump” – uscita nel 1994, stesso anno in cui viene alla luce il duetto - la panchina illuminata dalle luci della ribalta diviene luogo di riflessione e narrazione in grado di trascinare il pubblico fra lacrime e risate.

Un vortice di allegria e spensieratezza in cui si intersecano le canzoni cantate dai due comici, accompagnati da chitarra (Luigi Schiavone), basso (Fabrizio Palermo), tastiera (Francesco Luppi) e batteria (Marco Orsi). Oltre trent’anni di vita professionale insieme che riconfluiscono in un’indimenticabile festa familiare per accogliere il Natale goriziano, dove l’insensatezza di Franz infiamma il cinismo di Ale in una sorta di “Finale di partita” rivisitata in chiave umoristica, chiusa dai due che cantano “La vita l’è bela” di Cochi e Renato. Dopotutto, per essere felici basta solo che un ombrello ci ripari la testa. 

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