Il sindaco Cisint verso le elezioni europee: «Più Italia vuol dire più valore per l’Italia»

Il sindaco Cisint verso le elezioni europee: «Più Italia vuol dire più valore per l’Italia»

L'INTERVISTA

Il sindaco Cisint verso le elezioni europee: «Più Italia vuol dire più valore per l’Italia»

Di REDAZIONE • Pubblicato il 06 Giu 2024
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Anna Maria Cisint, sindaco di Monfalcone, è la candidata della Lega alle elezioni europee dei prossimi 8 e 9 giugno per la Circoscrizione Nord-Est.

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Anna Maria Cisint, sindaco di Monfalcone, è la candidata della Lega alle elezioni europee dei prossimi 8 e 9 giugno per la Circoscrizione Nord-Est. Ecco tre elementi che sinteticamente la caratterizzano: unisce l’abilità politica alla sua esperienza tecnica, è contro il politicamente corretto e – in questi ultimi 8 mesi – si è fatta promotrice di una “lotta” contro l’approccio ideologico alle notizie.

Cisint, sembra che lei abbia il suo bel da fare qui a Monfalcone. Cosa l’ha spinta a mettersi a disposizione di questa candidatura?
«Non è stato facile scegliere perché a me piace fare il sindaco e per me è importante portare a casa i risultati. Oggi il luogo della stanza dei bottoni dove si prendono le decisioni più importanti, è l’Europa. Sono convinta che tutto questo vada fatto con l’apporto di nuove norme e modificando quelle approvate negli ultimi cinque anni. Però, di base la ragione che mi ha spinto a dire di sì è quella della salvaguardia e della tutela delle radici giudaico-cristiane, perché l’Europa ha perso questi valori. Sono convinta che dare più valore alle nazioni non è un disvalore. In questi ultimi cinque anni, la Mitteleuropa ha surclassato il nostro Paese. Più Italia vuol dire quindi più valore per l’Italia. Io ne so qualcosa perché costretta a fare la battaglia ogni giorno per la tutela di tutto questo».

In linea generale, quali temi e proposte pone al centro di questa campagna elettorale europea?
«Il primo tema è la lotta all’islamizzazione integralista. Il secondo tema è economico. Mi riferisco alle inutili “scelte ideologiche green” che hanno portato grandi svantaggi al nostro futuro imprenditoriale. Poi ci sono le nostre imprese che hanno un grande valore. La pressione fiscale italiana e la parte contributiva delle nostre Pmi penalizzano il nostro Paese davanti al mondo dell’economia internazionale. Ci sono anche le regole che non sono uguali per tutti e la tutela del Made in Italy che non è una parola e basta, ma vuol dire essere competitivi. Guardo anche alle disparità inaccettabili e vergognose che sono permesse. La burocrazia stritola qualsiasi impresa, ovunque ce n’è in maniera esagerata, non consente di fare le cose».

«Mi sono messa in ascolto delle piccole imprese disperate, di pescatori disperati, di agricoltori disperati. Anche il poco rispetto che ha l'Europa per il cristiano è un tema. Sono così andata a fondo delle situazioni e ho deciso che bisogna prendere posizione. Ecco, io di questo sono molto convinta oggi cioè che c'è bisogno di persone che con coraggio sappiano prendere posizione. Penso che questa volta la chiamata alle urne sia un referendum. Mi auguro quindi che i cittadini italiani ed europei - perché per cambiare le cose, questo bisogna fare - vadano a votare dicendo: io voglio e individuo quella rotta, quella giusta, perché altrimenti non se ne esce».

L’imprecisato concetto di integrazione, l’indignazione contro le convenienze economiche di parte, la difesa dell’identità culturale, l’esprimersi contro la sopraffazione verso le donne, contro il lavoro sottopagato, il dire no al “vale tutto”, inclusione e tolleranza: sono nuove idee possibili e nuovi temi da portare in Europa?
«Non si può decidere di vivere in qualsiasi luogo del mondo senza pensare di aver accettato interiormente che quel luogo dove ti stabilirai ha una storia e dove le persone hanno un'identità. Allora è necessario il rispetto. Se si vuole diventare parte di quel tessuto, si devono assorbire quelle regole pur mantenendo le tue, la tua identità e la tua tradizione, ma tu non puoi sostituire quella civiltà. Fare il contrario non è integrazione, quella è sottomissione di qualcuno. Per me è inaccettabile e per me sta succedendo, non solo a Monfalcone.  L'indignazione contro la convenienza economica di parte la sto portando avanti da quando sono maggiorenne e il tema dell'indignazione verso i poteri forti io ce l'ho nel dna. La difesa dell'identità del culturale anche, come la difesa del più debole, dei bambini e degli anziani».

«Quindi l'esprimersi contro la sopraffazione verso le donne, lo sto dimostrando con i fatti. Mi stupisco, la vera femminista di oggi, qua, sono io, senza dimostrare un approccio ideologico ai problemi. L’indignazione contro la sopraffazione sulle donne è qualcosa che esprimo ogni giorno. Il problema non sono solo i corsi di italiano a loro rivolti. Questa è un’insensatezza. Ho scoperto di contratti di matrimonio che dichiarano possibile la poligamia. L’Islam rappresenta un’emergenza e va portata in Europa. Lo dimostrano i continui attentati che purtroppo ci sono. Il fatto che io sia sotto scorta per le gravissime minacce ricevute, dimostra che c'è un problema concreto».

Cosa vuol dire «portare Monfalcone in Europa»? Dovendo, eventualmente, passare il testimone, quale città lascia al suo successore? Quali impegni? Anche se lei ha assicurato che resterà…
«Portare Monfalcone in Europa significa dar più valore all'Italia. Io della mia città, in Europa porto la grande esperienza acquisita da amministratore, poi il grande tema del lavoro correlato all'utilizzo dell'immigrazione come un'operazione di distruzione dei diritti dei lavoratori. È infatti notizia di oggi che ancora adesso il lavoro viene utilizzato in maniera illegale per entrare in Italia. Io lo dico almeno da due anni. L'altro, è il tema dei valori giudaico cristiani. Io sono orgogliosamente italiana. E quando dico questo, penso anche al nonno che è morto per la libertà di questo Paese e che oggi “si rigira nella tomba”. Dopodiché dico che un'Europa che non si accorge che le piccole imprese sono in ginocchio nell'agricoltura e nell'artigianato perché valuta la Mitteleuropa come la più strategica dove le realtà di riferimento non sono le aziende con meno di 50 dipendenti, chiaro che non tiene in debita considerazione la nostra realtà».

«Adesso c’è quindi la possibilità di avere i numeri per modificare gli atti in Commissione, per virare. È l’ultima possibilità. Penso che queste elezioni siano appunto il referendum, la presa di posizione forte che bisogna avere e dice che è arrivato l'ultimo possibile momento. Il campanellino è suonato. C’è anche un altro aspetto fondamentale a cui io tengo molto. È quello valoriale perché io penso che ci dia la dimensione dell'essere umano, del valore delle persone. Noi non siamo solamente economia, siamo anche valori, e per me questi contano. E oggi questa Europa non ci dà la dimensione dei valori perché spersonalizza l'essere umano. Lo vuole rendere senza una faccia».

A chi le contesta l’eventuale “compresenza” tra Parlamento europeo e la sua città, cosa risponde? Se pol far?
La legge dice che io posso rimanere a fare il vicesindaco, l'assessore e il consigliere delegato. Ho fatto un sacrificio gigantesco in questi anni perché ho dedicato tutte le energie a questa città. Devo dire che ho dato molto, ma ricevuto tantissimo. Per cui, non ho nessuna intenzione di mollare la presa. Rimarrò nell'amministrazione a fare tutto quello che devo finire di fare. Rassicuro i miei concittadini: ci sarò».

La presenza “non italiana” resterà in città e comunque fa ormai parte di questa realtà. Quali sono secondo lei prospettive future di una Monfalcone dal cuore “più europeo di prima”?
«Il tema problematico non è lo straniero, ma l’Islam. Per me la domanda è un’altra: quella realtà si adatta? Nessuno di noi avrà mai niente da recriminare o da dire nei confronti di chi arriva in Italia contento e rispettando questo Paese, rispettando le leggi italiane e incominciando ad amare anche questo Paese. L’Islam purtroppo non è moderato, è incompatibile con il nostro sistema giuridico e con il nostro modello culturale».

Quali pensa siano i passi che potrebbero portare ad una vera inclusione delle donne straniere nel monfalconese? In molti, sentendola parlare, hanno spesso l'impressione che lei dia la partita per persa in partenza. È così?
«L’unica speranza sono le ragazzine piccole che devono poter ribellarsi alle condizioni di privazione e schiavitù. Solo questo può dare la speranza dato che le donne adulte fanno parte di un altro “sistema”. Però il tema è che io faccio la battaglia per l'Italia. Più che altro mi dispiace per loro, ma se posso le salvo tutte, ma il mio primo pensiero è il Paese in cui sono nata. E come tutto il resto dell'Europa, lo dimostrano il Belgio e il Regno Unito dov’è stata avviata una deriva pericolosissima».

Immagini di trovarsi davanti alle donne italiane del passato. Davanti alle nostre nonne o bisnonne che, per la maggior parte, vivevano una situazione sociale complessa. Schiacciate fra consuetudini religiose antifemministe, obblighi familiari, mariti che non potevano o volevano comprenderle e senza una vera indipendenza economica. Come pensa reagirebbero, dal punto di vista psicologico, nel vedersi proporre, o nel vedersi obbligate a seguire, un modello di comportamento molto distante dal loro?
«Il patriarcato che oggi vive la realtà musulmana è un’altra cosa. Secondo me non si può fare un parallelismo con la condizione della famiglia e della donna di più di 50 anni fa in Italia. Noi poi siamo uno Stato laico. È la teocrazia il problema. È una cultura che per loro diventa anche Stato, quindi legge. Questa impostazione non rappresenta un’evoluzione. Giuridicamente si direbbe che teocrazia islamica e laicità si confondono. Non c’è compatibilità».

Abbiamo terminato: allora… “Tutto si lega?”
«Si! Tutto si Lega. Io sto in un movimento che crede in questo con energia. Non mi fermo mai, faccio le battaglie, le spiego, magari ci rimetto in salute, però ognuno ha il suo modo di agire… io ci metto tanto la faccia come ce la mettono altri. Penso a Silvia Sardone, a Isabella Tovaglieri e Susanna Ceccardi. Siamo molto allineate su questo filone perché ognuno ha la grande esperienza che porta avanti mettendo al centro le persone che per me contano. Credo che questo sia importante per chi sceglie di fare politica».

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