Le comunità di Kosovo e Serbia a Gorizia, «serve dialogo»

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Le comunità di Kosovo e Serbia a Gorizia, «serve dialogo»

Di Timothy Dissegna • Pubblicato il 04 Ago 2022
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Il racconto delle comunità balcaniche, l'invito al dialogo del presidente Thaqi.

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L’acuirsi delle tensioni tra Kosovo e Serbia degli ultimi giorni ha portato nuovamente l’attenzione internazionale sui Balcani. Una crisi riemersa dopo che Pristina ha deciso di discutere una legge che impone ai serbi che entrano nel Paese di dotarsi di targhe e documenti di identità provvisori kossovari. La nuova normativa doveva entrare in vigore a inizio agosto, ma le proteste scoppiate tra la comunità serba ha fatto desistere il governo, arrivando a un livello tale di tensione che la stessa Nato è intervenuta.

L’organizzazione, che è presente in zona con la missione Kfor anche con truppe italiane, ha annunciato in una nota di essere attenta all’evolversi della situazione. A oltre mille chilometri di distanza, le comunità kossovare e serbe di Gorizia guardano quanto sta accadendo, cercando di avere informazioni in diretta dai propri cari rimasti in patria. “I rapporti tra di noi non sono cambiati - spiega Mefail Thaqi, presidente dell’associazione Ika che riunisce i propri connazionali in riva all’Isonzo - e continuiamo a dialogare”.

Il riferimento è a come le due nazionalità stanno vivendo l’escalation, nel profondo Nordest. Lo stesso Thaqi ha avuto modo di incontrare qualche settimana fa la presidente Vjosa Osmani-Sadriu, insieme al resto della diaspora goriziana e di Nova Gorica, in occasione della sua visita al castello di Kromberk con l’omologo sloveno Borut Pahor. Un breve saluto, il loro, mentre il dialogo rimane costante con l’ambasciatore a Lubiana. “Dobbiamo continuare a dialogare” l’invito del presidente. Per ora, la situazione nei Balcani rimane incandescente.

Tra le due città di confine, ci sono circa 3mila persone arrivate dalla piccola repubblica, dichiaratasi indipendente nel 2008. Nutrita anche la comunità serba, che oltreconfine ha anche la propria chiesa ortodossa. “Viviamo molto dolorosamente la situazione generale con il Kosovo e Metohija (la metà occidentale del Paese, ricca di monasteri serbi, ndr)” spiega Miroslav Ćirković, pope della locale chiesa, che punta il dito verso “la grande ingiustizia nei confronti del nostro popolo, bombardata per 78 giorni nel 1999 dall'alleanza Nato”.

L’ecclesiastico punta il dito verso il fatto che “nel XXI secolo serbi e altri non albanesi vivano in una sorta di ghetto circondato da fili senza diritti umani fondamentali, senza diritto a vita. Nell'Unione europea, gli animali domestici godono di più diritti dei serbi in Kosovo. La maggior parte dei paesi rappresenta l'inviolabilità del territorio di un paese, ma non la Serbia, ci dicono che è un’eccezione”. Parole che tengono acceso lo scontro anche a migliaia di chilometri di distanza, mentre appare sempre più lontana la fine delle ostilità.

Nella foto, il valico di frontiera tra Serbia e Kosovo; a destra Mefail Thaqi (in alto) e Miroslav Ćirković (in basso).

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