La serva padrona debutta a Gorizia, tra torture e carezze dei protagonisti

La serva padrona debutta a Gorizia, tra torture e carezze dei protagonisti

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La serva padrona debutta a Gorizia, tra torture e carezze dei protagonisti

Di Rossana D'Ambrosio • Pubblicato il 28 Ott 2023
Copertina per La serva padrona debutta a Gorizia, tra torture e carezze dei protagonisti

Ieri sera la prima dell'opera buffa, davanti al pubblico del Kulturni center Lojze Bratuž. Debutto nel genere anche per la regista Tatjana Peršuh.

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Ventisei anni. Tanto poco visse, il giovane Pergolesi. Che nonostante la scomparsa prematura, conobbe fama mondiale soprattutto grazie all’intermezzo “La serva padrona”, rappresentato per la prima volta nel 1733 al teatro San Bartolomeo di Napoli. È andato in scena nella serata di venerdì presso la sala del Kulturni center Lojze Bratuž di Gorizia, l’opera buffa su libretto di Gennaro Antonio Federico. La regia di Tatjana Peršuh – che debutta per la prima volta nel melodramma - porta in scena un’opera buffa in chiave moderna, in cui si ripete l’eterno imbarazzo dell’amore non dichiarato.

“Perché siamo sempre i più grandi buffoni (il parallelo con l’opera buffa non è casuale) quando si tratta di relazioni amorose?” – si domanda retoricamente la regista. Anche se poi la Serpina che trama sul palco (Rebeka Pregelj – soprano) prima che innamorata appare scaltra e meschina, proiettata nella sua scalata sociale. A partire dai costumi di scena - un abito a righe da serva e i calzini spartani indossati nelle scarpe basse – a cui via via si aggiungerà la giacca dorata, la tuba e il bastone tolti al padrone.

Una metamorfosi che vede un iniziale Uberto (Lucas Somoza Osterc – baritono) dapprima titubante – “Sono imbrogliato. Non so se è amore o se è pietà” – per poi mostrarsi pienamente succube della donna. Nella scena iniziale assistiamo al risveglio del padrone, adagiato in una vecchia vasca di metallo, mentre il servo (Matic Stocca – attore) gli fa aria con una sorta di ventaglio. Non siamo nel Settecento, ma ipoteticamente negli anni Trenta del Novecento, e l’uomo che indossa il costume intero ha l’aria di un dandy alla Oscar Wilde testardamente rinchiuso nella propria solitudine.

La toeletta di fronte alla quale si specchia o sorseggia le sue aranciate non fa che moltiplicare le proprie incertezze. La stessa specchiera innanzi a cui siede di lì a poco dopo la frivola Serpina – che al contrario del padrone è pienamente sicura di sé. Entra in scena con noncuranza, mangiando una grossa tavoletta di cioccolata. Fin da subito si sdraia sul sofà accavallando le gambe o provandosi gli abiti del “padrone”, perfettamente a proprio agio. “Sempre in contrasto con te si sta”, la rimbecca invece Uberto. Una donna con le labbra dipinte e l’aria da padrona fin dal suo incedere in scena, che arriverà a rinchiudere in casa il “futuro marito” per non farselo sfuggire – “Io l’uscio a chiave chiuderò”.

Con un’impertinenza in grado di azzittirlo, calata in un’opera buffa in cui i ruoli sono già capovolti: “La padrona non vuol ch’io esca”, osserva compiaciuto Uberto. Due animi contrapposti: Serpina lotta per averlo tutto per sé, certa del proprio successo – “Io son bella, graziosa, spiritosa” - l’altro rimane per buona parte dello spettacolo in vestaglia e pantofole, incassando sgambetti o sberleffi. Non oppone resistenza, nemmeno quando maternamente verrà preso in braccio dalla serva procace.

La quale, spinta dal desiderio di “diventare signora” e farsi maritare, costringe Vespone a fingere di volerla sposare - facendolo travestire da Capitan Tempesta. Uberto, pur di non versare i 4mila scudi, preferirà prenderla in moglie, così che da ultimo assistiamo alla metamorfosi definitiva della serva, a tutti gli effetti padrona. L’amore verrà coronato nella vasca di metallo, con il finale divertente di Capitan Tempesta che apre pudicamente la giacca, a nascondere i due amanti dagli occhi del pubblico - voyeur. Opera brillante, nata per essere inserita all’interno dell’opera seria “Il prigionier superbo” dello stesso Pergolesi – ma scandalosamente attuale.

“È una storia millenaria, che non cambia – sostiene Peršuh -. La nostra produzione porta la questione ancora più in là e spinge all’estremo i giochi dei protagonisti. Si torturano ma allo stesso tempo si accarezzano, si pugnalano ma allo stesso tempo si abbracciano, si seducono e si allontanano, si amano e si odiano, Eros-Tanatos, una vera e propria Folie à deux”. Cuore dell’orchestra, il cembalo suonato magistralmente da Eva Dolinšek. A incantare come primi violini, Mojca Jerman, Mojca Batič, Mojca Križnič. Fra gli altri strumentisti, Clara Bensa e Blaž Terpin - secondi violini, Sara Štrancar – viola, Luca Bregant – violoncello, Jernej Budin – contrabbasso.

“Dovevamo andare in scena con la prima in aprile, ma per motivi diversi è stata posticipata – racconta Pregelj. Metà lavoro era già pronto, poi abbiamo ripreso dall’inizio. Abbiamo ripreso a lavorarci da settembre ad oggi”. Il soprano – che studia canto da quando aveva diciassette anni – sta per concludere l’Accademia di musica di Lubiana. “Ho in previsione di trovare un’Opera studio in cui approfondire i miei studi operistici. Vorrei concentrarmi soprattutto sul repertorio operistico e italiano”, auspica.

Matic Stocca si è invece avvicinato al teatro collaborando presso i teatri di Jesenice e Bohinjska Bistrica, registrando audiolibri e realizzando spettacoli di burattini come autore e attore. “Vengo da Lubiana, ho preso parte a questo progetto grazie alla regista Tatjana Peršuh”, racconta entusiasta. Non da ultimo, il poco più che trentenne Lucas Somoza Osterc, argentino di Buenos Aires, che per la prima volta debutta nel ruolo di Uberto. “Ho cominciato a studiare l’anno scorso, perché pensavamo che la prima sarebbe andata in scena a fine marzo. Da allora, ho proseguito a studiare.

Essendo argentino comprendo anche un po’ della lingua italiana. Spero di proseguire con la ‘Serva’ in Slovenia, per ora non ci sono altre opportunità, questa è la prima assoluta”. Giovani professionisti esordienti. Un lavoro di cui andrebbe certamente fiero lo stesso Pergolesi – scomparso giovane, ma lasciando una traccia indelebile nella storia della musica.

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