Sergio Romano e le guerre di domani a èStoria, «democrazie tradite»

Sergio Romano e le guerre di domani a èStoria, «democrazie tradite»

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Sergio Romano e le guerre di domani a èStoria, «democrazie tradite»

Di Lisa Duso • Pubblicato il 29 Mag 2023
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Al Teatro Verdi, l'ex ambasciatore ha esaminato i conflitti presenti oggi nel mondo e la crisi delle democrazie «collegata alla Grande guerra».

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Sergio Romano, all’ormai veneranda età di 92 anni, è stata una “colonna delle nostre istituzioni”, ricoprendo il ruolo di ambasciatore nelle sedi più importanti, dalla Nato a Mosca, oltre ad essere un fine politologo e scrittore di diversi saggi, tra i quali la sua ultima pubblicazione “La democrazia militarizzata”, testo che ha fornito lo spunto per il dialogo tenuto sul palco del Teatro Verdi di Gorizia per il festival di èStoria con il giornalista Matteo Sacchi.

In esso spiega come “le democrazie del ‘900 siano andate incontro ad una crisi strettamente collegata alla Prima guerra mondiale, e gli effetti che le guerre hanno sulla democrazia diventano oggi fondamentali da comprendere”. Guardare il passato, e indagare su come e perché la guerra del '15-18 abbia minato le democrazie e in particolare quella italiana - “che divenne un modello negativo di stato che involve verso la dittatura, che verrà poi copiato da Hitler” - può essere un utile strumento d’aiuto per meglio comprendere gli attuali conflitti che “pongono sotto tensione il sistema democratico”.

Anche se la guerra ebbe una fine ufficiale con l’armistizio di Compiègne del 1918, le sue conseguenze si protrassero per lungo tempo, portando le società verso una sempre maggiore militarizzazione e verso dunque quelli che saranno i prodromi della seconda guerra mondiale. “Abbiamo salutato la fine della seconda guerra mondiale come la fine delle guerre tra europei: si pensava all’entrata in un tempo totalmente nuovo nel quale le battaglie del passato potessero essere relegate ai libri di storia” ha spiegato l’ex ambasciatore, cercando di fornire un contesto storico che ponga le basi per comprendere gli odierni disordini.

A rendere evidente che la pace non era altro che una dolce illusione è stata una guerra che non fu combattuta tramite mezzi convenzionali ma con strumenti moderni, una guerra “senza colpo ferire ma con la possibilità di colpire l’avversario con una campagna ostile”: la "guerra fredda" della contrapposizione tra blocchi. Ma, anche in seguito alla caduta dell’Urss, se i rapporti tra Mosca e Washington sembravano essere migliorati, “continuava però ad esistere nell’animo dei due paesi il sentimento che l’altro prima o dopo gli sarebbe stato nuovamente ostile”.

Si era sempre però pensato che, anche nel caso in cui avesse dovuto riaccendersi il conflitto fra le due parti, questo non avrebbe mai dovuto essere di tipo tradizionale, con combattimenti campali per conquistare “un pezzo di terra”. Non lo si pensava, ma è ciò che sta avvenendo oggi in Ucraina, “una guerra tra potenze che avevano tutte le buone ragioni per convivere”. “Anche se non formalmente, è una guerra fra Russia e Stati Uniti che si comportano come se considerassimo questa nuova Russia come un nemico da evitare sin da subito per prevenire che divenga ancora più grande e pericolosa, ed è per questo che le dimensioni del fenomeno sono enormemente aumentate”.

Così come le conseguenze della Prima guerra mondiale hanno mostrato come la democrazia sia andata in crisi seppur vincitrice, così anche oggi come allora “le democrazie hanno tradito sé stesse”: ci siamo così ritrovati a dover affrontare una realtà nella quale i paesi democratici sono di nuovo “alla presa con le armi e con sé stessi”. A questi attori se ne aggiunge un terzo, ossia la “nuova potenza straordinariamente intelligente ed invidiabile” che sta emergendo come potenza globale nel continente asiatico: la Repubblica Popolare Cinese.

Per il 2049 quest’ultima, in onore del centenario dalla sua fondazione, mira alla completa riunificazione del suo territorio, di cui parte fondamentale ritiene l’isola di Taiwan. “La guerra di Taiwan è molto più spiegabile è comprensibile di quanto sia la guerra in Ucraina - ha illustrato Romano - la Cina vuole riunificarsi e così facendo attua qualcosa che i nazionalisti europei hanno più volte fatto per il loro paese in altre circostanze: se però i cittadini di Taiwan preferiscono essere cittadini di Taiwan non si può però non accusare la Cina di aver provocato un conflitto che sarebbe stato molto meglio evitare”.

Ed è quindi Pechino che potrebbe, in contrasto con il mondo atlantico di cui gli Stati Uniti “godono di un’autorevolezza non sempre meritata”, “diventare la guerra di domani o dopodomani”.

Foto Daniele Tibaldi

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