Un santuario del Goriziano in terra udinese: il caso di Curviere

Un santuario del Goriziano in terra udinese: il caso di Curviere

Il racconto

Un santuario del Goriziano in terra udinese: il caso di Curviere

Di Ferruccio Tassin • Pubblicato il 06 Ago 2023
Copertina per Un santuario del Goriziano in terra udinese: il caso di Curviere

Ferruccio Tassin ripercorre storia e devozione popolare della chiesa di Castions delle Mura, tra pellegrinaggi ed ex voto.

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Nel tempo, la Chiesa si è preoccupata che la pietà popolare non sopravanzasse le verità fondamentali del cristianesimo. Nonostante ciò, si ebbero frequenti deviazioni, dal sapore fortemente superstizioso, segnalate fin nel ‘700 dall’abate Ludovico Antonio Muratori, nel suo libro “Della regolata devozione dei cristiani”. Scriveva: “si deve tener per fermo che le grazie e i miracoli non si fanno dai santi, che a questo non arriva la loro autorità e potenza: li fa il solo onnipotente e benigno Iddio, supplicato da noi, o pregato dai santi”. Tra essi, per il Muratori, tiene il posto privilegiato la Madonna “Regina dei santi”.

Ancora lui: “Parimenti ci incontriamo in chi asserisce niuna grazia, niun bene venire a noi da Dio se non per mano di Maria: Il che va sanamente inteso, cioè, che noi abbiamo ricevuto per mezzo di questa immacolata Vergine il Signor Gesù Cristo, per li cui infiniti meriti discendono sopra di noi tutti i doni ed ogni celeste benedizione. Altrimenti sarebbe errore il credere che Dio e il suo benedetto Figliuolo non ci concedessero, ne potessero concedere grazie senza la mediazione e intercessione di Maria”.

Che quello di “Curviere” sia un santuario, è constatato da tre elementi: la continuità dei pellegrinaggi dal primo ’500 ad oggi; l’ argumentum ex silentio che è la lapide centrale sulla facciata e ricorda che da tempo immemore la B. V. di Cortevecchia era celebre per i molti miracoli. Da notare, che non esisterebbe la lapide se non ci fosse della verità o solida tradizione in quelle parole perchè i vescovi o i visitatori apostolici facevano togliere ciò che non andava... Il terzo elemento è la continuità degli ex voto - per arrivare fin nell’anno scorso - dei lasciti, e dalle processioni votive. Si esclama ancora, quando si è schivato un gran pericolo: “Tu podaressis fâ un cuadri a…!” e ci accostiamo, di solito, il santuario di Barbana - i più sono mariani - ma molto citati sono Sant’Antonio da Padova e San Gennaro.

Attenti alle devozioni molto particolari! “Io soi devot/e a le Madone, di Monsante, di Barbane (VI-VIII sec.), di Grazie, da Planelis, di Strade”! Il quadro, l’ex voto: è a risposta concreta a una promessa par la grazia ricevuta. Qui è la Madonna Assunta, le Madone di Curviere, le Madone dal barassâr: c’è la sua brava leggenda di fondazione. Prima la Madonna compare tra i rovi. Era quella della chiesa di San Giogio. Pare sia comparsa tre volte, poi le edificano una ancona, poi una chiesa, poi un’altra ma questa è della seconda metà del Settecento. “E quella Madonna antica? venduta!” .

Dalla sommaria descrizione, l’immagine lignea deve essere stata davvero molto antica. “E qui mi costruirete una chiesa” era la frase ricorrente della Madonna nelle apparizioni (Rosanna Zof; 1838). A Screncis – Prepotto - la Madonna “si accontenta”, chiede a Giuseppe Nassig un affresco… Una chiesa non era fattibile: qui, ai tempi, c’era qualche manciata di persone. E i pellegrinaggi votivi? Il 12 luglio i Castionesi si portavano in pellegrinaggio per Sant’ Ermacora alla basilica di Aquileia, dove si celebrava una messa solenne, tradizione che era mantenuta ancora nel Novecento. Gli ex voto nel santuario di Curviere, recentemente restaurati - erano stati tolti negli Anni Ottanta, per i lavori nella chiesa - sono da riportare, in maniera esteticamente valida, e storicamente significativa, in chiesa.

Per tre di questi non c’era problema, erano già a posto. Si trattava di ue lapidi e un quadro. Sono degli Strassoldo (di Grafembergo), con tanto di stemma. Questo era il santuario degli Strassoldo e gli stemmi si trovano fin sugli stalli del coro. Poderosi furono gli interventi finanziari di Giuseppe Antonio. Una lapide è di Giacomo di Strassoldo (1662-1720), zio di Giuseppe Antonio. Egli morì a Gorizia dopo aver ricoperto in vita importanti incarichi militari e civili. Per devozione verso la Madonna di Cortevecchia, desiderò essere tumulato proprio nel santuario. Fu “superstes ob singularem erga Deiparam devotionem”, insomma, la schivò per un pelo …

Un’altra lapide vede protagonista il conte Carlo morto nel 1685, prozio di Giuseppe Antonio e committente del dipinto di Giovanni Giuseppe Cosattini raffigurante San Carlo Borromeo con la Madonna col Bambino e san Marco Evangelista. L’iscrizione ricorda imprese del conte sotto la bandiera dell’imperatore austriaco Ferdinando III, in Pannonia, e per l’esercito veneziano, in Grecia. Ricordate, a tal proposito, la regione dell’Acarnania, il golfo di Arta, l’isola di Santa Maura (Leucade) e le città di Vonitsa e Preusa, conquistate ai Turchi e sottomesse dopo lungo assedio (1684).

Nel 1672, Ferdinando III aveva fatto fare il dipinto da un artista non da poco: Luigi Cosattini, canonico di Aquileia, ritrattista di corte a Vienna. L’iscrizione, sopra lo stemma comitale, indica il motivo che portò Carlo a fare questo dono per la chiesa di Cortevecchia. La buona riuscita della battaglia contro gli Ungheresi nel 1672, combattuta da lui, colonnello dell’esercito imperiale di Leopoldo I°.

Dal punto di vista materiale, questi tre elementi - due lapidi e una pala- erano costituiti da San Carlo Borromeo (1538-1584) sono i primi ex voto, di alta qualità, data la committenza. I primi ex voto popolari sono del ‘700. Piccolo ma, grande per il cuore, è quello di Susanna Gamba (1732). Protagonista è una madre, che si rivolge alla Madonna col Bambino apparsa miracolosamente tra le nubi, chiedendo la grazia per il figlio che giace a letto.

L’immagine della donna è descritta con precisione e denota una condizione benestante: il volto è roseo e in salute; le vesti, come la capigliatura, sono curate; infine, indossa quali ornamenti accessori una collana di perle, orecchini e un anello. Conferma lo status, la culla, di pregevole fattura, in cui è adagiato il fanciullo. Particolare per noi molto prezioso, è una chiesetta presente sullo sfondo. Senza dubbio, vuole riferirsi all’edificio che al tempo doveva conservare l’immagine sacra cui la donna del voto si affida, la Beata Vergine di Cortevecchia. Altro ex voto - pateticamente parlante- è quello di una processione paesana che arriva al santuario.

Il voto 1773, che sia di Felettis? mostra un pellegrinaggio con partecipazione molto variegata per composizione sociale, e Felettis a Curviare ci viene ancora … I pellegrinaggi del 1520 cominciarono a Trivignano (poi Clauiano, Jalmicco, Mellarolo Merlana, Chiopris, Viscone, Medeuzza, Nogaredo al Torre) e ancora, nel mese di luglio, vedeva invece il compimento dei voti di alcune comunità verso la chiesa di Cortevecchia; la quarta domenica a Felettis; la domenica dopo la festa di Sant’Anna (il 26 luglio), Ontagnano e il 25 luglio Sevegliano; documentato il pellegrinaggio della pieve di Aiello quando c’era il passaggio del confine.

I quadri di questi voti non ci sono, marimane la tradizione: tra pesti negli uomini e negli animali, passaggi di eserciti con lasciti in malattie, non mancavano; restava la speranza nel voto per grazia ricevuta, e nel pellegrinaggio, c’è l’immagine del cammino umano, della vita: dalla terra al cielo.

Foto: Carlo di Strassoldo: ex voto per le guerre d’Ungheria.

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