LA RICORRENZA
Il campanile di San Lorenzo compie cento anni, Ronchi pronta alla festa
Domani ci saranno il grande concerto di campane e la presentazione del libro dedicato a cura di Italo Santeusanio, Ivan Bianchi e David Cusimano.
Da settembre 1924, la data è imprecisata, non raccontata da alcun documento fotografico né diaristico né tantomeno giornalistico, il campanile della Chiesa Arcipretale di San Lorenzo Martire in Ronchi dei Legionari torna a suonare. Ricostruito dopo i fatti bellici, si staglia nuovamente nell’orizzonte del panorama bisiaco. È uno dei vari che, tra il 1923 e il 1926, saranno ricostruiti in zona. Una lunga serie e, giusto per citarne alcuni, vanno ricordati Sagrado, completato proprio nel 1924, Fogliano, l’anno successivo, e San Pier d’Isonzo, nel 1926, a dieci anni dalla sua distruzione.
A Ronchi la storia del campanile distrutto si intreccia inevitabilmente con quella della popolazione costretta a fuggire, a ripararsi nelle terre più interne dell’Impero, a Wagna, a Pottendorf. Quel racconto che un sacerdote legato alla sua terra come don Renzo Boscarol, già parroco a San Lorenzo, avrebbe voluto fosse stampato fisicamente sul soffitto della chiesa parrocchiale, unendo il campanile stesso al grandioso portale del “Flüchtlingslager Wagna”, il campo profughi che ha portato, negli anni, la città di Ronchi dei Legionari a gemellarsi con la stessa Wagna. In quell’affresco, per ora non ancora realizzato, il campanile di Ronchi è punto di partenza e di arrivo, un simbolo vivo nel racconto storico ronchese.
Nell’ambito dei festeggiamenti per il centenario del campanile, proprio in questi giorni, nella chiesa arcipretale di san Lorenzo, sono stati apposti alcuni pannelli in tre lingue per raccontare la storia attraverso le fotografie del Fondo Ermacora, donato dalla stessa famiglia al Consorzio Culturale del Monfalconese che lo custodisce. Un lavoro di ricerca e analisi curato da David Cusimano che ne ha raccontato le fasi nel volume “Il campanile di Ronchi”, edito dall’associazione Campanari del Goriziano.
Sabato 7 settembre, il sodalizio sarà in festa assieme alla Parrocchia arcipretale dei santi Lorenzo e Domenica con un programma che prevede lo scampanio dalle 15.30 alle 17.30, la presentazione del volume alle 17.30 con la premiazione dei giovani campanari – tra cui figura, dopo qualche anno, anche un ronchese, il giovanissimo Gabriele Ustulin della parrocchia di via San Lorenzo – e, alle 18.30, la Messa solenne in più lingue presieduta da monsignor Ignazio Sudoso. Per l'occasione verrà distribuita una cartolina celebrativa creata dal fotografo ronchese Federico Leban.
Tornando al volume, si tratta «di un’opera composita e composta a più mani», come spiega Ivan Bianchi, giornalista e organista della parrocchia, che ha curato il coordinamento editoriale e alcuni contributi interni al volume. «La parte più corposa è affidata al professor Italo Santeusanio, pietra miliare della storia ronchese. La giusta figura per poter raccontare la storia del campanile all’interno di quella più grande della parrocchia stessa. Il lavoro è stato impegnativo perché le fonti documentali, giornalistiche e memorialistiche sono pressocché inesistenti. Santeusanio si è recato personalmente in almeno otto archivi per poter fornire il racconto che è contenuto nel volume».
Il libro segue anche la parabola del Novecento delle campane del campanile. «Se della torre precedente sappiamo poco o nulla, ancora di meno possiamo dire di sapere sul concerto di campane che si trovava sulla torre settecentesca. Anche le fonti per quanto riguarda la rifusione del 1947 sono spesso in contraddizione tra di loro e la ricerca fotografica, invece di chiarire alcuni punti più foschi, ne ha aumentato la nebbia, per così dire», prosegue Bianchi. Il volume racconta, come detto, anche tutta la documentazione fotografica contenuta nel Fondo Ermacora, appartenuta a Giuseppe Ermacora, ora conservato al Consorzio Culturale del Monfalconese.
Fotografie non solo della ricostruzione del campanile ma anche della vita comunitaria di Ronchi. «Cusimano ha voluto raccontarci come la torre campanaria di San Lorenzo sia stata per decenni, e continua ad esserlo, un punto importante nella vita quotidiana di Ronchi dei Legionari, osservando con una presenza che lo stesso Cusimano definisce “affatto silenziosa”, e gli dobbiamo dar pienamente ragione, lo scorrere del tempo. Scandendolo in prima persona. Vediamo, così, come la comunità viva, si modifichi, si crei e distrugga urbanisticamente».
Infine, due contributi dello stesso Bianchi. Il primo è un’intervista al campanaro Fabrizio Nardi di Staranzano, «che ci ha raccontato la tradizione del suono delle campane nella chiesa filiale dei Santi Pietro e Paolo a Staranzano. Egli è stato in contatto con lo storico sagrestano staranzanese Remigio Visintin che gli ha insegnato il modo di suonare e numerose tradizioni, ricordandogli come “Staranzano sona come Ronchi”, intendendo proprio San Lorenzo. Ecco che il recupero scritto di quella tradizione ci potrà aiutare, in parrocchia, a recuperare lentamente, ove possibile, sempre attenti al mondo che cambia, il nostro suono tradizionale». Chiude il saggio la catalogazione dell’attuale concerto, formato da tre campane: la media e la grande fuse da Lucio Broili nel 1947 e la campana piccola dalla fonderia De Poli di Vittorio Veneto nel 1963.
Nell’introduzione, il parroco, monsignor Ignazio, ha voluto rimarcare come «riflettere sulla storia del campanile e quindi delle sue campane significa incontrarsi con uno dei linguaggi, quello del suono delle campane, con cui le nostre Comunità religiose e civili si relazionano con i propri membri. Le campane sono il linguaggio della nostra cultura, degli affetti, della memoria e delle emozioni. Il loro suono continua, nonostante tutto, a segnare e accompagnare la vita delle persone nella loro esistenza e ne sottolineano i momenti felici, tristi, gioiosi. Il loro suono ci ricorda che il tempo non è solo lo scorrere di minuti, non è semplice cronologia, ma è abitato dalla presenza di Dio, dal mattino quando apriamo gli occhi alla sera quando li chiudiamo, come in tutte le altre circostanze della nostra vita. Il rintocco delle campane non è solo suono ma è un appello ai significati profondi che guidano e ispirano la nostra esistenza».
In copertina e in gallery alcune foto del Fondo Giuseppe Ermacora, ora conservato al Consorzio Culturale del Monfalconese
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