la cerimonia
Il ricordo di foibe ed esuli a Gorizia, «fino poco fa era storia sconosciuta»
Presentato a teatro il documentario sul Villaggio dell'esule, oggi Ziberna invitato a Roma da Mattarella.
È stato il Teatro Verdi a ospitare la Giornata del ricordo a Gorizia, organizzata da Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, Lega nazionale e amministrazione comunale. Un pomeriggio dedicato a chi lasciò le proprie case in quella terra che era diventata Repubblica socialista di Jugoslavia, nonché a chi venne ucciso nelle foibe dai partigiani titini. È stata anche l’occasione per rivivere gli effetti di quella storia sulla città, con la nascita del Villaggio dell’emerita laddove oggi sorge il rione di Campagnuzza.
Assente il sindaco Rodolfo Ziberna, impegnato a Roma: “Mi è giunto un espresso invito personale da parte del presidente della Repubblica Sergio Mattarella - ha scritto lui stesso nel suo discorso, letto sul palco dalla vice Chiara Gatta - a partecipare alla solenne cerimonia da lui promossa stamani al Quirinale per celebrare il Giorno del Ricordo. Ovviamente Gorizia non poteva declinare l’invito per il quale sono grato al Presidente, che in molte circostanze ha dimostrato la sua vicinanza ed affetto verso la nostra comunità”.
Il primo cittadino ha quindi rammentato le proprie origini istriane, “rammentando che circa il 20% della popolazione è di prima, seconda o terza generazione esule. Da inguaribile ottimista quale sono ritengo che ogni anno, pur a piccoli passi, si va verso quella più ampia conoscenza di queste pagine di storia, esodo e foibe, che sino a solo pochi anni fa erano fatti sconosciuti ai più”. Le riflessioni sulla giornata, dopo la sua istituzione per legge nel 2004, nacquero da Ciampi in poi, e Ziberna ha ricordato anche la data del 12 giugno.
“Dobbiamo grande ed eterna gratitudine - ancora il sindaco - a tutte quelle donne e uomini che hanno sacrificato la loro vita, o che hanno rischiato di farlo, pur di liberare le nostre terre dal giogo della dittatura nazifascista. Nutro grande rispetto per tutti coloro che, loro malgrado, sono stati costretti ad imbracciare un’arma per difendere la propria nazione e bandiera, qualunque esse siano state. Ma che sia ben chiaro che i partigiani comunisti titini non lottarono per liberare la Venezia Giulia dal giogo della dittatura, bensì per assoggettarla”.
Uno spettro, quello del “totalitarismo comunista, che tante vittime ha mietuto non solo nella popolazione italiana ma anche in quella slovena. Noi siamo vicini a tutte le famiglie, di qualunque nazionalità esse siano, che piangono ancora i loro morti”. Da qui l’auspicio “che con il passare del tempo anche quel fanatismo che condanna il Comune di Gorizia quando rende omaggio ai dipendenti comunali sottratti alle loro famiglie solo per il fatto di essere italiani, verrà progressivamente meno”. Chiaro riferimento alle polemiche sulla cerimonia con la X Mas.
Ha quindi ricordato i rapporti con i vicini sloveni: “Con gli ultimi tre sindaci di Nova Gorica che ho conosciuto e con cui ho lavorato fianco a fianco nella straordinaria impresa di candidare a Capitale europea della cultura del 2025, i rapporti sono di condivisione ed amicizia, nel rispetto delle reciproche diversità e del vissuto di ciascuno. Dobbiamo essere consapevoli del ruolo che ci viene attribuito, cioè quello di essere testimonianza in Europa e nel mondo della necessità e della possibilità di trasformare un confine che divide in un confine che unisce”.
A nome della Regione, c’era l’assessore al patrimonio Sebastiano Callari, ponendo l’accento su come il “ricordo delle vittime delle foibe deve partire da noi che oggi rappresentiamo la bandiera italiana. Non potrà mai esserci un vero perdono fino a quando non saremo tutti uniti nel dire che quella pagina di storia è stata causata da chi non ha riconosciuto che le persone infoibate, comunque la pensassero, erano italiane”. Ha poi ricordato il recente omaggio a Liliana Segre da parte del presidente del Senato Ignazio La Russa, “un momento di riappacificazione nazionale”.
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