Il 25 aprile a Gorizia, Anpi in cimitero e istituzioni in piazza Vittoria

Il 25 aprile a Gorizia, Anpi in cimitero e istituzioni in piazza Vittoria

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Il 25 aprile a Gorizia, Anpi in cimitero e istituzioni in piazza Vittoria

Di Rossana D'Ambrosio • Pubblicato il 25 Apr 2023
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Le tappe dell'Anpi in città e nei rioni, la presidente Di Gianantonio: «Ricordare a pezzi significa toglierci dalla memoria d'Italia».

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La festa della Liberazione a Gorizia ha visto presente l'Anpi davanti ai principali monumenti ai caduti del territorio comunale, come ogni anno. Una processione iniziata davanti al carcere di via Barzellini alle 8.15, proseguendo quindi sul castello e nei diversi rioni, terminando al cimitero centrale. Parallelamente, alle 9, le autorità civili e militari - inclusa la bandiera dell'Anpi - hanno assistito all'alzabandiera davanti alla Prefettura in piazza Vittoria. A guidare il ricordo organizzato dall'associazione dei partigiani c'era Anna Di Gianantonio, presidente della sezione cittadina, assenti il sindaco e le altre rappresentanze comunali.

Il cielo è denso di nubi, quasi a simboleggiare la ferita storica ancora aperta negli animi dei goriziani e della minoranza slovena. Di Gianatonio è autrice di innumerevoli testi sulla Resistenza, fra cui “1945 Ich bin schwanger,” “È bello vivere liberi. Ondina Peteani”, e ancora “Ondina. La lotta partigiana, la deportazione ad Auschwitz, l’impegno sociale: una vita per la libertà”. Chi è Ondina, oggi? È il simbolo della libertà di un popolo che deve sempre pagare a caro prezzo la democrazia? "È simbolo sicuramente di un popolo che ha pagato un caro prezzo - racconta -, ricordiamo che Ondina è stata deportata quando aveva diciassette anni".

Venne prelevata "dopo essere stata un’antifascista negli anni Trenta, una partigiana che ha partecipato alla battaglia di Gorizia e poi è andata in montagna. Quindi sicuramente è simbolo della Liberazione e anche delle donne impegnate nella lotta partigiana". I nostri nonni hanno attraversato la guerra, lasciandoci in eredità quell’enorme patrimonio che è la consapevolezza storica. Pavese, Malaparte, Calvino, per citarne alcuni, ci hanno tramandato la propria preziosa testimonianza in forma di racconti e romanzi. “Uomini e no” di Elio Vittorini ricorda con spietata obiettività il senso della lotta partigiana, anche se oggi la memoria della resistenza un po’ si è persa e resta confinata sui banchi di scuola.

"Magari fosse confinata nei banchi di scuola - ancora la storica -. Purtroppo, la storia e la memoria della resistenza è stata attaccata sin dal Secondo dopoguerra, inventando anche tutta una serie di letture storiche, per esempio quella di Via Rasella e delle Fosse Ardeatine, che è stata ampiamente chiarita dagli studi storici. Non ci fu nessun appello ai partigiani a costituirsi, questo lo disse addirittura il maresciallo Albert Kesserling quando fu processato. È una memoria che si vuole occultare. Per una questione molto semplice, perché equiparando carnefici e vittime si vuole dimostrare che alla fine siamo tutti uguali, che nulla conta, che nulla può cambiare, e siamo confinati in un eterno presente senza prospettive che ci facciano immaginare un futuro diverso".

In Italia la data simbolica della Liberazione è il 25 aprile. Le nostre amministrazioni comunali, anche su iniziativa del sindaco Dipiazza, hanno scelto come data di liberazione di Trieste e Gorizia il 12 giugno. L’unicità storica di Trieste e Gorizia deve prevalere sull’idea di unità territoriale. Ma non si rischia poi un allontanarsi dal senso di appartenenza a un popolo unico e sovrano? Non rischiamo di crearci un alibi per nuovi dissidi, laddove dovremmo invece correre insieme a Nova Gorica verso il 2025? "Sono assolutamente d’accordo. Studiare o ricordare la storia a pezzi non ha alcun senso".

"Quello che accadde nel 1945 dal primo maggio al dodici giugno è una cosa che tutti hanno sempre condannato, nessuno rivendica le deportazioni di quel periodo. Però la storia inizia molto prima. Inizia dal ventennio fascista, che fu un periodo che pagarono soprattutto gli sloveni. Addirittura, gli storici hanno trovato una nuova categoria per descrivere il fascismo al confine orientale, chiamandolo 'fascismo di frontiera'. Per la sua impronta razzista che ebbe in questo territorio. Quindi va ricordato tutto, farlo a pezzi e solo quaranta giorni significa toglierci dalla memoria intera del Paese".

“Dormi sepolto in un campo di grano/Non è la rosa non è il tulipano/Che ti fan veglia dall’ombra dei fossi/ Ma sono mille papaveri rossi”. Cosa ci dice, De André, con “La guerra di Piero”? Dobbiamo creare un linguaggio comune a tutti i popoli, a partire dalla nostra coscienza e sensibilità? "Certamente. La cosa più preoccupante di questo periodo è proprio la guerra, e il fatto che gran parte della popolazione italiana la guerra non la vuole. Se non altro perché ricorda, perché i nonni gli han detto cos’è stata quel terribile massacro della Seconda guerra mondiale. Quelle milioni di vittime. Quindi la pace è la questione più importante, e la volontà di creare la pace".

"Con accordi, con diplomazia. Ma non fomentando la guerra con ulteriori armi" rimarca. Durante la celebrazione, la presidente dell’Anpi ha poi voluto commentare le affermazioni tenute dall’amministrazione comunale ripetute durante la mattina: “Il 25 aprile è festa per il resto d’Italia, per noi lo è il 12 giugno”: “Una dichiarazione inaccettabile, perché confinano il nostro Paese come aveva fatto il Terzo Reich in un luogo separato. Faccio un appello perché si racconti la Storia com’è stata, e non per creare un’ulteriore rottura. E questo va fatto rispettando la storia di tutti, italiani e sloveni”.

A prendere poi la parola sono stati il presidente dell'Unione cultura ed economia slovena (Skgz) Marino Marsič: “Non possiamo permettere che la storia venga rivista. Coloro che negano i valori della lotta antifascista sono fascisti”. Un ultimo intervento è stato fatto dal segretario dell'Unione delle organizzazioni slovene (Sso) Filip Hlede, che ha ricordato come Lojze Bratuž e sua moglie abbiano trascorso una vita intera “senza portare odio o rancore verso nessuno. I fiori hanno solo un valore simbolico. È importante che nella vita quotidiana facciamo come i Bratuz, senza nutrire odio verso quanti hanno un’ideologia diversa dalla nostra, e sempre alla ricerca di una pacifica convivenza”.

In piazza Vittoria, a nome della Regione c'era l'assessore al patrimonio Sebastiano Callari, il quale ha evidenziato come "quando si solleva lo sguardo verso una bandiera che sventola mentre risuona l'inno, il canto degli Italiani, si capisce come il 25 aprile non può essere una festa di parte e si può vivere l'emozione e l'orgoglio di essere parte di una nazione identitaria, ricca di storia e cultura". Dal canto suo, il prefetto Raffaele Riccardi ha rilevato come "la presenza di tante istituzioni mostra come anche a Gorizia la giornata è sentita. In ogni città, la data è declinata in modo diverso: a Gorizia è stata il 12 giugno, a Bologna il 23 aprile".

Ha collaborato Timothy Dissegna, nella foto: la deposizione della corona d'alloro a Piedimonte (foto Sergio Marini, Rossana D'Ambrosio, Timothy Dissegna)

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