Tre registi accolti dentro via Rastello, così Gorizia influenza il loro cinema

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Tre registi accolti dentro via Rastello, così Gorizia influenza il loro cinema

Di Rossana D'Ambrosio • Pubblicato il 17 Lug 2024
Copertina per Tre registi accolti dentro via Rastello, così Gorizia influenza il loro cinema

I primi tre registi hanno raggiunto via Rastello ai primi di luglio, presentando questa mattina la loro attività in Borgo Cinema. I progetti in corso.

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Immaginate di camminare lungo una strada e imbattervi in registi, attori, troupe cinematografiche. A Gorizia è stata data forma a questo sogno, con la speranza che un giorno possa diventare una seconda Cinecittà. Stiamo parlando di “Via della Creatività”, presso la quale sono state attivate residenze in grado di accogliere artisti selezionati tramite bando, che confluiranno in città fra il luglio del 2024 e il marzo del 2026 dall’intera Europa. I primi tre candidati prescelti hanno raggiunto il capoluogo ai primi di luglio, presentando questa mattina la loro attività alla stampa presso Borgo Cinema di via Rastello 57/59.

«Sono artisti provenienti da tutt’Europa, in questo caso anche dal Sudafrica – precisa il presidente nazionale di Anac, Francesco Raniero Martinotti – Abbiamo ottenuto i finanziamenti necessari ad accoglierli, oggi vi racconteranno come stanno sviluppando i loro lavori di questo progetto». «Il nostro sogno è che Gorizia possa accogliere decine di artisti, per divenire capitale non solo della cultura, ma della creatività europea, per decenni a venire», rimarca insieme al responsabile dell’associazione Palazzo del Cinema Giuseppe Longo. Un cluster promosso dal Palazzo del Cinema-Hiša filma, cui si affianca Anac, Cross border film school, Kinoatelje ed èStoria, e che ha visto impegnati i primi tre candidati: Giuseppe Gaudino, Isabella Sandri e Fabian Medea.

Il progetto al quale sta lavorando Gaudino si traduce nel tentativo di raccoglier storie locali per sviluppare quello che diventerà il film “Il quadrato nero”, ispirato al merletto goriziano. «La difficoltà sta nel reperire persone disponibili a raccontare, finora ho trovato molta paura. Il progetto acquista senso solo se si raccolgono molte storie, ma finora sono poche, e si avverte ancora con forza il senso della guerra. Essendo la città un territorio di frontiera, il confine è stato utilizzato per motivi politici, influenzando l’atteggiamento delle persone. Non implementare questo tipo di artigianato comporta una dispersione di questo patrimonio. Invito quanti hanno frequentato le scuole fra il ’45 e il ’72 a farsi avanti e a portare la propria testimonianza, così che il territorio possa palesarsi».

Il secondo autore è Medea, impegnato alla sceneggiatura di un film sul vino, “The easy life”. «Sono qui da tre settimane, e posso dire che ogni parte della città ha influenzato la mia scrittura. Niente nella vita è semplice, e questo è il senso della storia». Protagonista è David, che all’inizio della storia si ritrova spiritualmente morto, incapace di interiorizzare e superare la morte della moglie. Un viaggio interiore che gli consentirà di ritrovare la gioia di vivere e la capacità d’innamorarsi ancora. «Gorizia mi ha influenzato, perché la donna di cui s’innamora è una sommelier italiana di origini friulane, che si trasferisce in Sudafrica. Un’accettazione del vivere nell’adesso, piuttosto che nel passato.

«Ho potuto lavorare in una città a dimensione d’uomo, in questo caso di donna – confessa invece Sandri, terza regista coinvolta – Occuparmi del montaggio del documentario “Nel cuore del teatro Valle” è stato congruo, l’ambientazione ha consentito di riannodare le fila interrotte anni fa», spiega alludendo all’occupazione del teatro Valle iniziata il 14 giugno del 2011. «Volevo raccontare alcuni ragazzi ripresi nel momento più libero e coraggioso. Una storia lunga ed emblematica della cultura in Italia». Il teatro – in cui Mozart rappresentò la prima del “Don Giovanni” e dove andò in scena per la prima volta “Sei personaggi in cerca d’autore” – si trovava sull’orlo della privatizzazione, quando un gruppo di attori decise di occuparlo.

Fra questi il pluripremiato Marcello Fonte - il noto canaro della Magliana del film “Dogman” (2018), di Matteo Garrone - che Sandri mostra nel suo documentario attraverso qualche stralcio in anteprima. «Erano gli anni della cultura intesa come bene comune – prosegue – e il teatro era l’emblema di ciò che andava salvato». Un caso al centro dell’interesse persino del regista britannico Peter Brook, il quale supportò come «garante» l’impresa, pur di salvare uno spazio così prezioso. I pochi giorni di occupazione divennero tre anni, durante i quali vennero prodotte la bellezza di 5mila ore di spettacolo.

«Hanno fatto cultura in modo partecipato – sottolinea Sandri – È stato un laboratorio fantastico di come dovrebbe essere la cultura: contagiosa, imitata. Non per strategie di poltrona, ma per artisti che volevano uno spazio loro». Una favola che si è conclusa con il diniego del prefetto di Roma e la restituzione del teatro a causa delle sue precarie condizioni, ma che ha consentito alla regista di riprendere il proprio lavoro dopo due anni di malattia. «Era quasi come una nave che affondava», racconta Marcello Fontana in una sequenza. Una nave che a Gorizia ha preso il largo verso l’orizzonte dei sogni, dove finalmente la cultura possa trovare un luogo e una posizione geografica. cold-smooth-tasty

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