Quell'orsetto ritrovato solo a Gorizia, da due anni accolto al Bioparco di Roma

Quell'orsetto ritrovato solo a Gorizia, da due anni accolto al Bioparco di Roma

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Quell'orsetto ritrovato solo a Gorizia, da due anni accolto al Bioparco di Roma

Di Rossana D'Ambrosio • Pubblicato il 22 Lug 2024
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Era una sera di metà novembre del 2021 quando il cucciolo venne ritrovato in via Giustiniani, oggi attende il trasferimento in Germania.

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Due occhi spaventati sbucavano fra le ghiande del leccio. Era una sera di metà novembre del 2021, quando il cucciolo di orso venne catturato dagli operatori dei vigili del fuoco. Abbarbicato s’un alberello in via Giustiniani a Gorizia, venne catturato e – in relazione alle precarie condizioni di salute – trasportato al Centro fauna selvatica di Terranova e poi a quello di Pagnacco. Ad attenderlo, le cure di Stefano Pesaro, veterinario presso l’ateneo di Udine. «Sono stato il primo a visitarlo, poi abbiamo seguito l’iter diagnostico insieme ad altri colleghi per stabilire il da farsi» racconta. Oggi, l'animale è ospite del Bioparco di Roma.

All’epoca sottopeso – quattordici chili contro almeno una trentina che avrebbe dovuto pesarne – il cucciolo era stato sottoposto agli esami di routine. «Era interessato da una grave ipofunzionalità renale, mai riscontrata nell’orso. Un caso complesso, perché per l’approccio comportamentale e terapeutico eravamo partiti con l’idea di rilasciare immediatamente l’animale». L’ipotesi dei medici era che si trattasse di un’infezione, risolta la quale l’orsetto sarebbe stato reimmesso nel suo habitat. «Invece era un danno pregresso aggravato da quadro infettivo. Per me è stata una delle esperienze di vita professionale più difficili da gestire, perché ogni prelievo o valutazione diagnostica necessitava di anestesia».

A un passo dalla libertà e sul punto di essere condotto in Grecia nell’unico centro per plantigradi da reintegrare in natura – grazie alla mobilitazione dello stesso Pesaro, supportato associazioni, esperti e carabinieri della Cites - la diagnosi di leptospirosi da parte dell’IZVe (Istituto zooprofilattico delle Venezie) gli precluderà la partenza imponendo restrizioni sanitarie. «Avevamo i documenti e i fondi per trasferire l’animale nel centro, che allora ospitava altri orsi della stessa età e poteva garantire un periodo di socializzazione e il successivo rilascio, ma si bloccò tutto. Vennero ripetuti gli esami, che evidenziarono però una funzionalità peggiorata, e infine si decise di non rilasciarlo».

«Qualora il quadro renale fosse stato paragonabile a quello di una cane o di un gatto, all’orso non sarebbe rimasto che un anno di vita. Cosa che poi non è stata. La scelta è stata ben ponderata, perché in bibliografia, a livello mondiale, descrizioni di quel tipo di danno erano assenti». Il piccolo oggi ha un nome: si chiama Kuma, che nella lingua giapponese significa “orso”, e vive al Bioparco di Roma sotto l’ala protettiva del responsabile zoologico Yitzhak Yadid in attesa di essere trasferito in Germania. «È arrivato nel giugno del 2022 – ricorda Yadid – Era molto debole, ora sta bene e sta crescendo, ha circa tre anni e mezzo». I suoi quindici chili sono ormai un pallido ricordo, perché si tratta di animali che raggiungono i tre quintali.

È questa la motivazione che ha spinto il direttore a reperire una struttura con spazi più ampi; come quella tedesca, pronta ad accoglierlo il 7 agosto. «Ha un carattere timido, molto legato ai guardiani – prosegue il responsabile del Bioparco – Quando è arrivato da noi era molto impaurito, traumatizzato dalle vicissitudini. Pian piano ha iniziato ad avere un atteggiamento curioso, gioca, cerca la compagnia del guardiano».

«Non è stata una scelta banale, dal punto di vista etico, condannarlo allo zoo oppure a morte certa in natura – rimarca Pesaro – Se invece di capitare a Gorizia si fosse ritrovato nella Selva di Tarnova, sarebbe stato predato e la sua vita sarebbe finita lì. Ha avuto la fortuna di essere recuperato in Italia. Allora avevamo chiesto alla Slovenia se fosse stata avvistata una femmina nei paraggi, ma hanno un altro approccio». E se il confine non ha più un senso per Go!2025, per i plantigradi non lo ha mai avuto, come spiega il dirigente dell’Osservatorio biodiversità e risorse agroalimentari Fabrizio Fattor: «Gorizia è un’area confinaria sulla quale gli orsi provenienti dalla Slovenia sono in grado di spostarsi. In genere, la femmina con i cuccioli è stanziale».

Nella nostra regione non erano ancora stati documentati casi di riproduzione, fino alla notizia dell’Alta Val Torre, dove nella prima decade di luglio le fototrappole di Monteaperta sembra abbiano immortalato un’orsa in escursione notturna con i piccoli. «Non abbiamo ricevuto conferma – specifica Fattor con cautela – Facciamo monitoraggio genetico dal 2000, e in regione non è mai stata campionata una femmina. Come ecologia, le femmine sono molto legate al sito in cui nascono, cioè in Slovenia. I maschi compiono invece movimenti dispersivi anche di centinaia di chilometri.

Per questo motivo in regione continuiamo a registrare alcuni passaggi - come M4 in Carnia, che ci si è fermato ormai da dieci anni – Quasi tutti provengono dalla Slovenia, ma sono sempre maschi. Il fatto di aver documentato una femmina è stato un caso eccezionale, e il dato riproduttivo lo sarebbe ancor di più. Vero è che nel caso ci sia una femmina con i piccoli di questa stagione e avendo un areale di pochi chilometri, prima o poi arriverà la conferma». Da “M4” - in grado di spostarsi fra Sauris e Sella Chianzutan, nella Val d’Arzino - fino al carnico “Macchia” e ai due grossi maschi ormai stanziali nel tarvisiano, questo mammifero maestoso e schivo sembra trovarsi a suo agio nella nostra regione.

La notizia della femmina non deve destare allarmismi, quanto maggior consapevolezza durante le escursioni in montagna, per una convivenza pacifica nel rispetto della natura in cui viviamo. Se nel Trentino lo scorso anno sono stati accertati un centinaio di adulti e ventidue cuccioli - concentrati in zone densamente antropizzate – in territorio sloveno il numero si aggira sulle mille unità, con eventi aggressivi ridotti ai minimi termini. «Mentre in Italia un’aggressione ha risalto mediatico, in Slovenia non accade, perché il Paese mantiene una gestione attiva con una animale che si ritrova lì da sempre».

Un piano di abbattimento di circa un centinaio d’individui all’anno, dove a pagarne le spese sono gli orsi considerati più problematici, come quelli confidenti che frequentano cassonetti e punti di foraggiamento, oppure quelli più aggressivi. «È importante mantenere la distanza ed evitare a monte qualsiasi fonte di cibo – ribadisce Yadid – Da noi a Roma abbiamo il problema dei cinghiali. Bisogna negare l’accesso ai cassonetti».

Era il 1996, quando alcuni orsi sloveni vennero spostati in Trentino, ma la gestione del progetto sta incontrando qualche difficoltà. «Dobbiamo imparare a convivere con l’orso – sottolinea Paolo Molinari, consigliere con delega Foreste, risorse naturalistiche, politiche per la montagna e comunitarie presso il comune di Tarvisio – Non è che gli orsi sono più aggressivi in Trentino, è il Trentino che ha un’overdose di turismo. La fauna non ha più un rifugio né temporale né territoriale». E in riferimento all’unico caso di aggressione mortale in cui perse la vita Andrea Papi, il runner che verso sera attraversava di corsa il bosco sopra Caldes, spiega come «il concetto di jogging» sia «una cosa astratta, per gli animali: lo interpretano come un attacco». Anche in quel caso si trattò di una femmina – JJ4 – con tre cuccioli, colta di sorpresa all’imbrunire.

Dunque, qual è la condotta da seguire, in caso di incontro fortuito? «L’orso non attacca, se non per estrema ratio. Prima di passare alle vie di fatto fa un finto attacco, cerca di capire se è sufficiente a spaventare». D’altra parte, la fuga può scatenare il suo istinto predatorio, quindi è corretto allontanarsi molto lentamente, e solo nei casi in cui è davvero vicino, gettarsi a terra «faccia in giù, meglio se abbiamo uno zaino sulla schiena a proteggerci». In merito all’orsetto di Gorizia ipotizza invece come la madre possa essere stata investita e mai più ritrovata, magari a causa dei frequenti incidenti stradali di cui gli orsi sono spesso vittime.

Molti gli animali giovani provenienti dal corridoio ecologico rappresentato da Bled – Jesenice – Val Romana, ma finora nessuna femmina era stata ancora segnalata. «La dinamica di espansione dalla Slovenia è lenta, anche se in realtà un decennio, in chiave ecologica, è un passo breve. Il caso di Monteaperta dimostra che qualcosa si sta muovendo nella direzione giusta, e questo ci fornirebbe il tempo necessario a fare maggiore informazione, a partire dalle scuole». cold-smooth-tasty

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