Quella storia di una linea bianca a Gorizia, esce il nuovo di libro di Alessandro Cattunar

Quella storia di una linea bianca a Gorizia, esce il nuovo di libro di Alessandro Cattunar

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Quella storia di una linea bianca a Gorizia, esce il nuovo di libro di Alessandro Cattunar

Di Redazione • Pubblicato il 17 Set 2024
Copertina per Quella storia di una linea bianca a Gorizia, esce il nuovo di libro di Alessandro Cattunar

La prima presentazione è attesa giovedì 26 settembre a Gorizia, all'interno della rassegna Il libro delle 18.03 all'Auditorium Formedil. La storia.

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Esce in libreria mercoledì 25 settembre "Storia di una linea bianca" di Alessandro Cattunar (nella foto), con le illustrazioni di Elena Guglielmotti. Il libro, edito da Bottega Errante, racconta attraverso memorie e immagini la storia di quella linea tracciata a Gorizia nel settembre 1947. Un tratto bianco che ha diviso in due la città, la storia di una terra segnata dalla convivenza tra popoli e culture diverse. Una riflessione su quanto sia difficile scegliere da che parte stare, rinunciando a una parte di sé. La prima presentazione è attesa giovedì 26 settembre a Gorizia, all'interno della rassegna Il libro delle 18.03 all'Auditorium Formedil.

In quell'occasione, l'autore dialogherà con Elena Guglielmotti e Igor Devetak, direttore del Primorski dnevnik. "Storia di una linea bianca" comincia da un giorno particolare: il 16 settembre del 1947. In quel giorno i militari Alleati stanno tracciando la linea di confine che separerà l’Italia e la Jugoslavia, una linea bianca che divide il territorio di Gorizia in modo piuttosto arbitrario. In un cortile a poca distanza dal centro della città, in via del Rafut, una mucca viene fotografata mentre tiene due zampe da una parte e due zampe dall’altra della linea appena tracciata. Alla sua destra vediamo la stalla, a sinistra il fieno.

Cattunar racconta che guardando questa fotografia ha immaginato «che quella mucca stesse protestando - spiega lo scrittore - . Che stesse a cavallo del confine apposta, come per dire che lei non era disponibile a fare una scelta, non era disposta a rinunciare a una parte fondamentale di quello che era sempre stato il suo mondo, la sua casa. Recuperando poi un filmato Luce, mi sono reso conto che effettivamente si vede uno dei padroni della mucca provare a trascinarla verso la stalla, e l’animale oppone resistenza. Non vuole spostarsi».

«Mi è subito sembrata la metafora perfetta di ciò che hanno vissuto - prosegue -  in quei giorni, tante famiglie goriziane, che si sono trovate a fare i conti con una linea di confine che andava a tagliare, a dividere, il loro mondo, obbligando le persone a scegliere da che parte stare, e a cosa rinunciare. Alla casa, al lavoro, a una parte della famiglia, a vedere realizzarsi i propri ideali politici. Quella linea rappresenterà la parte finale della cortina di ferro, e capire perché passa proprio lì, proprio sotto quella mucca, è la domanda a cui il libro cerca di dare una risposta».

«All’interno del volume - rimarca - è confluita una notevole mole di materiali, in particolare centinaia di testimonianze orali che ho realizzato nell’arco di più di quindici anni a goriziani di diversa origine, lingua e orientamento politico. Un corpus di videointerviste raccolte anche in collaborazione con studiosi sloveni, come Kaja Širok, già direttrice del Museo nazionale di storia contemporanea di Lubiana, che mi hanno permesso innanzitutto di mappare e analizzare le topografie della memoria dei goriziani. E poi raccoglie quasi cento fotografie conservate in archivi e istituzioni sia italiani che sloveni».

«"Storia di una linea bianca" - ancora Cattunar - ricostruisce sicuramente la storia del territorio che oggi comprende Gorizia e Nova Gorica e che è attraversato dal confine, ma il suo obiettivo principale è provare a restituire al lettore diversi punti di vista, diverse interpretazioni che i protagonisti danno dei fatti avvenuti. Capire un territorio di frontiera che diventa area di confine implica un confronto costante tra macrostoria e microstorie, fare i conti con la pluralità degli sguardi, accettare il fatto che ci siano memorie diverse e spesso contrastanti. Senza cedere all’illusione del paradigma della memoria condivisa. In questi anni ho anche provato a capire che relazione c’è tra luoghi, memorie e identità».

«Grazie al sostegno dell’associazione Quarantasettezeroquattro e alla collaborazione di tante colleghe e colleghi, ho cercato di raccontare la storia nei luoghi stessi in cui si è manifestata, e di far emergere la stratificazione di storie e significati che edifici, piazze, strade, luoghi pubblici racchiudono in sé, costruendo percorsi storico-turistici a cielo aperto, app per smartphone, musei multimediali, ma anche podcast e performance storico-teatrali. Insomma, "Storia di una linea bianca", che è composto da parole, foto, illustrazioni e contenuti multimediali è il punto d’arrivo di un più ampio progetto di public history».

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