Quando la stampa arrivò in riva all'Isonzo, Gorizia e le sue tipografie nella storia

Quando la stampa arrivò in riva all'Isonzo, Gorizia e le sue tipografie nella storia

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Quando la stampa arrivò in riva all'Isonzo, Gorizia e le sue tipografie nella storia

Di Vanni Feresin • Pubblicato il 01 Ago 2021
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La prima tipografia in città si ebbe con l'arrivo di Giuseppe Tommasini, nel Settecento. La storia della sua attività.

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Fino alla seconda metà del XVIII secolo, Gorizia non annoverava tipografie locali ma si affidava alle pubblicazioni prodotte a Udine, Venezia e Vienna. Con l’erezione dell’Arcidiocesi e l’elezione a primo Arcivescovo di Gorizia dell’illuminato e coltissimo Carlo Michele d’Attems, che intendeva costituire in città un seminario e desiderava fornire ai suoi studenti testi d’insegnamento e devozione, giunse il tipografo Giuseppe Tommasini. Per quindici anni (1754-1769), stampò libri scolastici e ascetici in una situazione di monopolio, ottenendo in breve tempo il titolo di Stampatore Arcivescovile.

Il grande storico cittadino Ranieri Mario Cossàr ricorda nella sua opera “Storia dell’Arte e dell’Artigianato in Gorizia” che nel 1769 un certo Francesco Mattia Winckowitz, proveniente da Trattner in Trieste, possedeva un torchio a Gorizia e pubblicò un libretto devozionale dedicato al Sacro Cuore di Gesù. Inoltre risulta, dalle ricerche effettuate dallo stesso Cossàr, che nel 1772 venne revocato il beneficio di “stampatore pubblico” a un tale Giovanni Cumar, precedentemente concessogli dal Consiglio Capitanale. La Tommasini può essere certamente considerata come l’antesignana delle tipografie goriziane.

Il suo fondatore, Giuseppe Tommasini, ingrandì e migliorò l’azienda costantemente ma la produzione rimaneva limitata a opere destinate alla liturgia o comunque di carattere ecclesiastico come la “Solemni Translatione Sacrarium Reliquiarum e Santuario Aquilejensi” del 1756 o le varie “Circolari Vescovili per la quaresima”. Giuseppe morì nel 1777 e lasciò la tipografia al figlio Giacomo il quale, non essendo ancora padrone del mestiere e minacciato dalla sempre crescente concorrenza del de Valeri, chiese l’ausilio del valente Giuseppe Coletti, originario di Roma, che aveva alle spalle una lunga esperienza di traduttore.

Lo faceva dal francese e dal tedesco con drammi giocosi e componimenti poetici (egli stesso componeva poesie), nonché era correttore di bozze proprio nella stessa tipografia. Giacomo ottenne nel 1778 e per i venti anni successivi il “privilegium imperiale impressorium”, così poteva firmarsi “Cesareo Regio Stampatore Tedesco della Provincia e delle Scuole e Stampatore Arcivescovile”. Coletti, che negli anni giovanili (intorno al 1760) divenne membro dell’Arcadia Romana con il nome di Coribante Tebanico, riuscì nel 1780 a portare stabilmente in Gorizia la Colonia degli Arcadi Romano-Sonziaci.

In questa confluirono nobili e studiosi cittadini come il conte Guidobaldo Cobenzl o il pittore Cacig. Coletti ne divenne Segretario Perpetuo e ottenne con grande facilità che alla tipografia Tommasini fosse concessa la stampa della massima parte delle pubblicazioni dell’Accademia che uscivano in notevole quantità (questa attività, durante i primi decenni del XIX secolo, fu rilevata dalla tipograia del de Valeri). La veste tipografica era elegante, ricca di incisioni ricercate e di lussuosi fregi in rame. Tommasini e Coletti aprirono nel 1782 anche la prima libreria cittadina ma in quello stesso anno le Principesche Contee di Gorizia e Gradisca vennero soppresse e unite al Governatorato Generale di Trieste.

Tommasini si trovò quindi in una situazione molte problematica poiché viveva in buona parte grazie alle forniture governative e rischiava pertanto di chiudere l’attività. Coletti, attraverso le sue conoscenze e amicizie, riuscì a far aggiudicare a Giuseppe Tommasini il privilegio delle stampe erariali per il Governatorato di Trieste, succedendo al Winckowitz, e nel contempo aprì una filiale della tipografia goriziana a Triste (1783), assumendone egli stesso la gestione pur rimanendo essa di proprietà di Tommasini. Giacomo intanto incominciò a stampare con caratteri tipografici orientali ed ebraici e, per non affrontare da solo le difficoltà, si unì in società con il tipografo gradiscano di origine ebrea Elia Morpurgo.

Questo era ben noto negli ambienti culturali goriziani per la sua vastissima conoscenza letteraria. Nel 1793 il contratto con il Governatorato di Trieste venne meno e quando si trattò di rinnovarlo la gara fu vinta dal suo grande avversario Valerio de Valeri che però, per mancanza di liquidità, non riuscì a stipulare fino al 1798, anno in cui Giacomo Tommasini si spegneva improvvisamente lasciando figli di minore età e l’azienda in una situazione critica.

Il Coletti intervenne sposando la vedova, non senza commenti maliziosi da parte della cittadinanza, assumendo la tutela degli orfani e la direzione della tipografia che prese il nome di “Ditta Fratelli Tommasini”. Il Coletti, che cercò tra l’altro di portare la tipografia a Capodistria, non riuscì più a imporsi sul mercato cittadino e la gloriosa azienda, dopo più di cinquant’anni di lavoro, chiuse in modo definitivo probabilmente nel 1803.

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