l'intervista
Il prof social Vincenzo Schettini a Monfalcone, «vi racconto i geni della fisica»

Il professore famoso per i suoi video sui social sarà ospite domenica al Belforte, «ai miei eventi vengono persone dagli 8 agli 80 anni».
La fisica. Una delle materie più antipatiche e ostiche degli studenti liceali, capace di rincorrere ancora gli ex alunni nei loro incubi di adulti. Ma da tempo la fisica è diventata meno mostruosa grazie a Vincenzo Schettini, famoso professore “social” che attraverso i suoi canali Youtube, TikTok, Instagram, Spotify e Facebook, seguiti da milioni di persone, riesce a rendere più comprensibili e addirittura simpatici concetti come l'energia, la forza e l'elettromagnetismo. E proprio nell’ottica della diminuzione delle distanze con questa materia, domenica 29 ottobre dalle 16, il prof più seguito del web sarà a Monfalcone.
Sarà ospite del centro commerciale Gran Shopping Belforte per incontrare lettori, studenti e follower con una lezione sui generis ricca di esempi e suggestioni tratte – come spesso accade nelle sue lezioni – dalla vita quotidiana. L’evento, promosso da Okay Group (agenzia che segue il Fisico Influencer) e dalla direzione di Belforte Gran Shopping intende promuovere un modo innovativo per rendere la scienza più accessibile a tutti, facendo divulgazione scientifica in un luogo extra-scolastico, trasformando nel contempo i centri commerciali in luoghi di aggregazione e diffusione di cultura. Ma di cosa parlerà Schettini domenica?
«Parlerò di fisica e di fisici – spiega Schettini, che abbiamo raggiunto telefonicamente – perché nel mio ultimo libro “Ci vuole un fisico bestiale” si indaga anche la vita spericolata, per dirla con Vasco Rossi, di alcuni fisici. Spesso pensiamo alle esistenze di queste persone in bianco e nero, senza alti e bassi, prive di emozioni e invece sono state persone vulnerabili quanto noi ma hanno fatto delle cose meravigliose. Sarà un racconto di sette personalità che lascerà a bocca a aperta tutti perché solitamente ai miei incontri mi trovo davanti a un pubblico che va dagli 8 agli 80 anni».
Nella sua esperienza quali sono gli argomenti più ostici e perchè la fisica è una materia che tende a spaventare?
In generale spaventano i temi relativi alla termodinamica e all’elettromagnetismo, argomenti legati a fenomeni che non vedi, soprattutto quando si parla di cariche elettriche e della cinetica dei gas. Lo spavento che si prova davanti alla fisica è poi legato al fatto che è una materia finora spiegata in modo troppo teorico e forse senza emozione, aspetto che invece è parte fondamentale del racconto anche nella scienza.
Aprendo il canale youtube “La fisica che ci piace” nel 2015 è stato un anticipatore delle forme di didattica on line scatenatesi con la pandemia: le è stato riconosciuto questo ruolo da precursore ed è stato magari imitato?
Per quanto riguarda Youtube, che secondo me è la piattaforma perfetta per l’apprendimento per quanto riguarda la durata dei video, mi sono a mia volta ispirato, ovviamente con uno stile tutto mio, ad altri che avevano già iniziato l’apprendimento on line. Seguivo e seguo tutt’ora una teacher americana che si chiama Vanessa, il suo canale è “speakenglishwithvanessa”, e guardavo con ammirazione i video di Elia Bombardelli che ha iniziato molto prima di me ed è poi diventato un amico.
In particolare, lui ha sempre fatto video in cui era chiaro, essenziale e lineare senza mai metterci la faccia mentre Vanessa ha sempre proposto il suo sorriso. Mi sono ispirato a entrambi ma ho poi trovato un mio stile quindi non mi ritengo proprio un pioniere delle lezioni on line mentre per quanto riguarda l’imitazione la trovo una cosa molto bella: da quando ho iniziato io in realtà è cominciata una sorta di reazione a catena, molti hanno preso spunto dal mio modo di fare e hanno aperto dei loro canali e questo mi fa solo piacere.
A questo proposito, che rapporti ha con gli altri insegnanti “social”?
Come ho anticipato, conosco Elia, ho un bellissimo rapporto con Matteo Saudino per la filosofia (autore del canale barbasophia, ndr), ma ho conosciuto anche altri insegnanti social e fra noi abbiamo un ottimo rapporto perchè siamo persone con la mente aperta, cosa che non è sempre vera fra insegnanti in presenza. Parlando personalmente, sono in generale amato dai colleghi, non ho trovato troppa opposizione ma lavorare nel mondo dei social ti fa capire che la prima regola è condividere, aprire il cuore, tendere la mano agli altri – prima di tutto agli studenti ma poi anche ai colleghi – nel mondo reale invece questo atteggiamento collaborativo non è sempre presente.
Lei è musicista e insegnante (agli inizi del 2000 si è diplomato in
violino e didattica della musica per poi laurearsi in fisica): ci sono affinità fra i due lavori?
L’essere musicista, l’aver studiato ed essermi sacrificato - perché il conservatorio è stato un percorso molto lungo, duro, formante ma davvero importante - mi ha aperto al mondo della creatività e della comunicazione e io mi sono portato queste due skills dentro la scuola, nel mio mestiere di insegnante. Sacrificarsi con le lezioni di violino e la direzione del coro (da anni dirige infatti l’affermato gruppo gospel
«Wanted Chorus», ndr) ha dato quindi uno smalto in più al mio essere docente.
In un’intervista ha dichiarato che il lavoro di insegnante l’ha scelto perchè avrebbe così potuto continuare a fare l’artista: in che senso?
Quello dell’insegnante è un bel mestiere perché puoi organizzare la tua vita: diciamo la verità, sono d’accordo con i colleghi secondo i quali finisci le lezioni la mattina a scuola ma poi il pomeriggio devi preparare i compiti in classe, le lezioni successive, scrivere i programmi... Tutto vero: però è anche vero che negli altri mestieri lavori dalla mattina alle 8 fino alle 17 e si torna a casa distrutti, molto spesso noi insegnanti abbiamo due o tre ore di servizio e finiamo a scuola a metà mattinata.
È un tipo di lavoro che lascia spazio ad altro e io ho avuto l’opportunità di esprimere me stesso perché volevo fare l’insegnante fin da piccolo: fingevo di mettere i voti sul registro di mia madre che era professoressa, evidentemente era nelle mie corde! Ma obiettivamente insegnare mi ha dato la possibilità di continuare a fare le prove, i concerti e anche se è vero che a scuola ci possono essere le riunioni pomeridiane, c’è anche una maggiore elasticità nel gestire la giornata.
A parte la materia e la curiosità, cosa cerca di trasmettere?
La voglia di cercare più informazioni possibili perché dalla bellezza di una materia che ti porta alla curiosità si arriva all’esigenza di aprire la tua mente e, in ultima istanza, si arriva alla possibilità di diventare una persona più completa. Io dalla fisica mi sono spostato alla musica, da questa alle lingue che amo molto, poi all’arte in generale, alla storia… cominci a esplorare altri campi e questo è un tipo di percorso a cui ti conduce un insegnante appassionato.
Oltre a un maggior numero di insegnanti come lei, di cosa avrebbe bisogno la scuola oggi?
Ha bisogno di essere semplificata perché nonostante l’entrata in maniera prepotente del digitale a scuola, che in verità sta generando solo tantissima confusione e frustrazione negli insegnanti, resta sempre questo grosso scoglio della burocrazia infinita, cioè l’insegnante medio compila un sacco di carte e nel mondo della dematerializzazione è un nonsense. Siamo nel 2024 e non si capisce perché siamo sommersi dai documenti e parliamo un linguaggio sempre più complicato a scuola: la “progettazione per competenze”, i “compiti di realtà”, gli invalsi, quarantaquattromilioni di progetti...perchè?
La scuola è didattica, libertà, la scuola è personalità di insegnanti che vogliono portare avanti il loro mestiere. Allora abbattiamole tutte queste schifezze inutili che non ci fanno altro che perdere tempo con i ragazzi e facciamo lavorare gli studenti sulle cose belle che l’insegnante vuole trasmettere, quindi consiglierei una scuola meno burocratica, meno incasinata e più libera ma che responsabilizzi l’insegnante dandogli in mano i ragazzi: la classe è tua, devi tu ispirarli e farli diventare persone meravigliose. Il resto sono chiacchiere.
Il feedback più curioso che ha ricevuto in questi anni?
Mi ha stupito leggere di genitori cinquantenni che grazie a me hanno ripreso a studiare, ma non nel senso che si sono messi leggere un libro: si sono proprio iscritti all’università ed è stata una cosa per me scioccante. Questa generazione di ex studenti che ritornano a essere alunni è la cosa più emozionante che io abbia ricevuto ultimamente e di cui sono stato più fiero.
Quali sono i suoi prossimi progetti?
Vanno in tre diverse direzioni. La prima è quella della fisica per i bambini, un progetto nato ormai da qualche mese e che si chiama “La fisica che ci piace kids”, portato avanti da quattro giovanissimi studenti universitari del corso di laurea in Fisica di Bari che ho scelto e stanno lavorando insieme a me per diventare anche loro dei divulgatori. Poi il teatro: parto con un tour prodotto dalla Vera, la società di Paolo Ruffini, con uno spettacolo scritto insieme a lui e a Graziano Cutrona intitolato “La fisica che ci piace. La lezione show”, girerò i teatri di tutta Italia e sarà un’esperienza istruttiva, emozionante e fantascientifica per tutti quanti verranno a vederlo.
Un ultimo progetto è quello delle piattaforme televisive: io sono nato e cresciuto con la tv e sono convinto che in televisione ci sarà uno spazio importante per me ma non ho fretta di fare questo passo perché voglio farla come dico io, altrimenti rischierei di realizzare un prodotto che già esiste. E ahimè: purtroppo i prodotti che già esistono sono vecchi ed è per questo che la rete ormai sta diventando la nuova televisione. Sono convinto che prima o poi approderò anche in tv, non so ancora in quale ambito ma certamente sarà una cosa meravigliosa anche quella.
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