Processo del piccolo Stefano a Gorizia, la sentenza attesa entro aprile

Processo del piccolo Stefano a Gorizia, la sentenza attesa entro aprile

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Processo del piccolo Stefano a Gorizia, la sentenza attesa entro aprile

Di Daniele Tibaldi • Pubblicato il 08 Mar 2024
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Questa mattina l'udienza in Tribunale, l’attenzione è stata posta sullo stato del pozzo nel momento dell’incidente. I dettagli emersi.

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Continua il processo al Tribunale di Gorizia relativo alla tragedia del pozzo del parco Coronini, che il 22 luglio 2020 costò la vita del tredicenne Stefano Borghes.

Si tratta del secondo filone della vicenda giudiziaria che vede ancora imputati, con l’accusa di omicidio colposo, il sindaco di Gorizia Rodolfo Ziberna – in qualità di presidente di diritto della Fondazione Palazzo Coronini Cronberg (difeso dall’avvocato Antonio Montanari) – insieme ai cinque componenti del Curatorio della Fondazione: l’ex direttore della Biblioteca statale isontina Marco Menato (Paolo Menato e Christian Serpelloni), l’allora assessore regionale alla Cultura Tiziana Gibelli (Franco Dal Mas e Pierfrancesco Scatà), la direttrice del Servizio Ricerca, musei e archivi storici dell’Erpac Raffaella Sgubin (Francesco Donolato), il commercialista Maurizio Boaro (Enrica Lucchin) e il componente cooptato supplente Bruno Pascoli (Franco e Dario Obizzi).

Risale allo scorso dicembre, invece, la condanna della Corte d’appello di Trieste per omicidio colposo aggravato a un anno e 8 mesi di reclusione a carico di Federico Costadura, responsabile del servizio prevenzione e protezione della Fondazione, e l’assoluzione del consulente Matteo Turcutto. Questi ultimi due, all’inizio, avevano optato per il rito abbreviato, mentre l’allora direttore della Fondazione, Enrico Graziano, aveva concordato con il pm Ilaria Iozzi una pena di un 1 anno, 11 mesi e 10 giorni.

L’udienza
Nel corso dell’udienza di oggi, svoltasi davanti alla giudice Cristina Arban, l’attenzione è stata posta sullo stato del pozzo nel momento dell’incidente. Al banco dei testimoni, infatti, è stato chiamato l’ingegnere Marco Pezzati: il consulente tecnico del pubblico ministero Ilaria Iozzi, autore di una dettagliata relazione sui vari elementi del luogo dell’incidente.

Dalla relazione è emersa in modo evidente la precarietà della copertura del pozzo. Il coperchio, di forma circolare con un diametro di 138 centimetri, era «una sottile lamiera zincata – questa la descrizione fatta dal consulente – composta da quattro pezzi di metallo uniti a freddo, senza saldatura, e sottile 7-8 decimi di millimetro, quanto un paio di fogli di carta. Sulla zona perimetrale, si trova un profilato metallico di tipo tubolare a sezione circolare rinforzato posteriormente da quattro profilati con sezione a L, di cui tre paralleli tra loro e circa equidistanti, e il quarto, al centro, in posizione ortogonale rispetto ai precedenti».

I tre ganci
Il tutto era appoggiato alla vera – la balaustra chiusa a protezione del foro del pozzo – con tre ganci arrugginiti a forma di ‘S’, equidistanti fra loro e larghi 4 centimetri. Il problema emerso è che tutti, secondo il consulente, erano in grado di ruotare di 360 gradi attorno alla singola vite che li fissava al coperchio. Infatti, nella ricostruzione della dinamica dell’incidente, sarebbe stata proprio la rotazione di uno di questi a portare al cedimento del coperchio con un effetto “botola” e alla fatale caduta di 32 metri. Rispondendo proprio a una domanda del giudice, Pezzati dichiara: «Tenuto conto dell’esiguità del peso del ragazzino, circa 40 chili, se il coperchio fosse stato fissato alla muratura con altri perni, forse questi avrebbero potuto garantire una resistenza maggiore».

Le prossime udienze
Le due udienze successive, fissate per il 22 e 28 marzo, vedranno comparire in aula altri sette testimoni: i due animatori del centro estivo “Estate tutti insieme” Andrea Gaudenzi e Gabriele Brumat, Enrico Graziano (l’allora direttore della Fondazione), i due addetti alla sicurezza Federico Costadura e Matteo Turcutto, una dipendente della Fondazione e un residente della zona dell’incidente. Si potrebbe arrivare alla discussione già il 28: l’obiettivo, auspicato oggi da Arban, è di chiudere il processo di primo grado entro il mese di aprile.

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