la lettera
Un Primo maggio tra disoccupazione e precarietà del lavoro. Tutti dobbiamo ripartire
Pubblichiamo la lettera di Luigino Francovig, ex delegato Fiom, sul significato del sindacato oggigiorno.
1° maggio festa del lavoro, il dato prevalente è che in Italia questo manca. Una scarsità che porta sempre più persone a essere impaurite della prospettiva di perderlo o di non trovarlo, di essere precario a vita, o di lavorare in nero. Comunque ricattabile. Dignità, diritti, salute finiscono in secondo piano. E una deriva che preoccupa con il perdurare della crisi economica pesante, con una disoccupazione con picchi ingovernabili, in diversi segmenti di popolazione giovani, donne, cinquantenni e in aree come il sud del Paese. Le conseguenze del virus sul comparto produttivo ha fatto saltare tutto il sistema, aggravando la situazione. Un disastro.
Adesso che il nemico non è più l'emigrante, sul versante produttivo vediamo i gravi ritardi sugli investimenti sull'innovazione, sulla ricerca, sulla formazione. Oltre 100mila sono i giovani laureati che ogni anno vanno all'estero per costruire il loro futuro. Questo problema, invece di affrontarlo, diventa ostilità verso chi viene nel nostro paese per gli stessi obbiettivi. Una somma di ritardi e diseguaglianze diventate ingovernabili, che hanno portato a guerre tra ultimi e penultimi. La ripresa dell'attività produttiva, ripensata, coinvolga tutti i feriti caduti sul campo. Nessuno deve rimanere indietro, da solo, inoltre, la ripresa abbia come filo conduttore la riduzione delle diseguaglianze.
Siamo un'area strategica (industrie, infrastrutture) in regione, con diverse aziende sul mercato mondiale. Ripensare il lavoro, la salute, l'ambiente per progettare e costruire un futuro di opportunità e sicurezza. 1° maggio sventolando la bandiera della Costituzione, art. 1° lavoro; art. 2 e 4 diritti; art. 3 dignità; a cui vanno aggiunti gli art. 32 e 41 sulla salute e sicurezza. In questi giorni, l'Inail ha pubblicato i dati sugli infortuni e sulle malattie professionali nel 2019: gli infortuni sono stati 640.723 con una parte importante con conseguenze di menomazione definitive. Infortuni mortali sono stati 1.089. La più colpita è la fascia di età che va dai 45 ai 60 anni. Riguardo le denunce di malattie professionali sono state 49.378.
Se le malattie sono la conseguenza dell'esposizione sul lavoro, queste si vengono a conoscere solo dopo, quando sei in pensione. Molte volte sono di difficile dimostrazione del collegamento tra il lavoro e la malattia, la storia dell'amianto è emblematica. In questi dati non sono calcolati i lavoratori dello Stato, quelli in nero, cioè non in regola e i lavoratori delle partite Iva. Si può calcolare un altro 30%. Gli infortuni e le malattie conseguenza all’esposizione sui posti di lavoro (vengono chiamate malattie professionali ma non hanno niente di professionale) non sono infettive, sono concentrate in una classe ben definita. Non sono sufficienti i corsi sulla sicurezza per i lavoratori, quando non vengono rispettate le leggi e, dove è possibile, gli accordi con il sindacato.
Inoltre, mancano gli ispettori del lavoro per i controlli. Questa tematica non può rimanere di competenza solo del sindacato, deve diventare una questione sociale. I lavoratori sono persone sempre. 1° maggio festa del lavoro tutto l'anno, non a queste condizioni. Per i lavoratori, 1° maggio dell'unità. Di fronte a queste problematiche non è possibile da soli, in modo individuale difendersi, rivendicare i propri diritti, la propria dignità, il riconoscimento professionale. È indispensabile uno strumento come il sindacato, da loro liberamente scelto, che li rappresenti sul lavoro e poi in pensione, che sostenga le legittime esigenze dei propri iscritti, con una visione generale. Proviamo solo a pensare se in tutti questi anni non ci fosse stato il sindacato, con i sui pregi e difetti come tutti noi.
Luigino Francovig
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