Il premio Nobel Filippo Giorgi a Gorizia, «così si sfida il cambiamento climatico»

Il premio Nobel Filippo Giorgi a Gorizia, «così si sfida il cambiamento climatico»

l'intervista

Il premio Nobel Filippo Giorgi a Gorizia, «così si sfida il cambiamento climatico»

Di Rossana D'Ambrosio • Pubblicato il 27 Mag 2024
Copertina per Il premio Nobel Filippo Giorgi a Gorizia, «così si sfida il cambiamento climatico»

Climatologo e membro del Comitato intergovernativo sui cambiamenti climatici, parlerà venerdì a Straccis delle sfide e dei rischi per il futuro. L'intervista.

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Paralizzato e costretto a comunicare con un sintetizzatore vocale, il cosmologo e fisico Stephen Hawking riteneva che «non dovrebbero esserci confini agli sforzi umani». Emulando il suo pensiero, non dovremmo arrenderci allo sforzo di lasciare ai nostri figli un mondo migliore. Cambiare le proprie abitudini per ridurre la propria impronta ecologica è ancora possibile, afferma il premio Nobel per la pace nel 2007 Filippo Giorgi, atteso a Gorizia venerdì 31 maggio alle ore 18 presso la sala parrocchiale di Straccis.

Climatologo e membro del Comitato intergovernativo sui cambiamenti climatici (assegnataria del riconoscimento del Comitato per il Nobel norvegese) – nonché attuale direttore della sezione di Scienze della Terra presso l’Abdus Salam International Centre for Theoretical Physics di Trieste - Giorgi sarà qui presente per affrontare il tema dei cambiamenti climatici. Un incontro organizzato dal Comitato Ambiente Gorizia e Legambiente Gorizia, in collaborazione con il comitato di quartiere, durante il quale interverranno la veterinaria Federica Petaro e l’epidemiologa Maria Teresa Padovan.

In vista dell’incontro abbiamo dialogato insieme al premio Nobel, valutando alcune delle strategie che possano migliorare la salute del pianeta e della stessa umanità.

Viviamo nell’era del superfluo. Dagli utensili dell’epoca preistorica – segno del progresso dell’intelligenza – siamo passati al consumismo sfrenato. Le automobili rappresentano spesso uno status symbol, più che un mezzo di spostamento; dove il suv viene preferito all’utilitaria anche solo per spostarsi in città, con un impatto maggiore sull’ambiente. È possibile un “ritorno al passato”, nel segno di un progresso che guardi realmente al futuro dell’umanità?

Non lo chiamerei un ritorno al passato, quanto un progresso verso il futuro, in cui si riducano gli sprechi e vi siano tecnologie più avanzate ed efficienti che non deteriorino l’ambiente in cui viviamo, che ci dà la vita. Occorre anche un progresso culturale in cui gli esseri umani si sentano parte integrante del pianeta e quindi ne salvaguardino la salute, che significa poi salvaguardare la salute della società. Ciò implica una società maggiormente giusta ed equa, e così facendo si aumenta la resilienza della società stessa.

Ritiene che gli allevamenti intensivi influenzino i cambiamenti climatici? Il Parlamento europeo ha approvato finanziamenti agli allevamenti, sorvolando sul problema etico dell’uccisione di animali e dell’impatto sull’ambiente. Mentre nel documentario “Food for profit” viene mostrato come nell’intera Europa non vengano rispettate le norme igieniche e gli animali siano sottoposti a terapia antibiotica preventiva fin dalla nascita, per poi essere uccisi brutalmente. Un utilizzo improprio, che comporta il passaggio degli antibiotici nella dieta umana e consente ai batteri di sviluppare il fenomeno dell’antibioticoresistenza. Quella che viene erroneamente chiamata “carne sintetica” è stata invece vietata. In questo scenario, i bioreattori per produrre cellule e tessuti da destinare all’alimentazione potrebbero risolvere la questione etica, e forse comportare un impatto ambientale inferiore?

Gli allevamenti intensivi contribuiscono in maniera significativa al riscaldamento globale e ai cambiamenti climatici che ne derivano, in quanto sono fonti di emissioni di metano, un gas serra molto potente. In più, gli animali sono trattati in maniera completamente non etica in questi contesti. Bisognerebbe ridurre l’uso di carne, specialmente derivante da allevamenti intensivi, cosa che farebbe bene non solo alla salute umana ma anche al pianeta. Ma la cosa più importante è quella di ridurre gli sprechi alimentari che oggi costituiscono circa il 30% del cibo prodotto. Io personalmente non penso che la cosiddetta carne sintetica possa essere la soluzione al problema del cibo, basterebbe una distribuzione più equa e un uso più efficiente del cibo stesso.

Deforestazione, impoverimento e consumo di suolo depauperano la biodiversità, compreso quella microbica - favorendo lo sviluppo di patogeni – L’agricoltura sostenibile può rappresentare la strada più idonea a limitare i danni in atto?

L’agricoltura sostenibile rappresenta sicuramente un elemento importante per ridurre la perdita di biodiversità e l’impatto sull’ambiente. Ma questa dovrebbe essere condotta nel contesto di una distribuzione più efficiente ed equa del cibo, quindi una riduzione degli sprechi alimentari e una dieta fondata di meno sulla carne sono alla base di una agricoltura sostenibile.

Le nostre risorse non sono illimitate. Con l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia il problema del metano è diventato tangibile, e si sta pensando di ricorrere alle energie rinnovabili. Era necessaria una guerra, per aprirci gli occhi? Che impatto hanno, le armi di distruzione di massa, sul pianeta Terra?

Certo, le risorse del pianeta non sono illimitate e oggi stiamo usando più bio-risorse di quelle che il pianeta genera ogni anno; quindi, siamo costretti a intaccare i depositi di bio-risorse, come ad esempio le grandi foreste pluviali o la ricchezza del mare. Questo significa che stiamo lasciando in eredità alle prossime generazioni, i nostri figli e nipoti, un pianeta più povero di quello che abbiamo ereditato dalle generazioni precedenti. Riguardo alle armi di distruzione di massa, possono avere un grande impatto sul pianeta. Oggi si ricomincia a parlare di armi nucleari, una totale follia. Durante la guerra fredda si era ipotizzato lo scenario del cosiddetto “Inverno Nucleare”, in cui la fuliggine emessa dagli incendi su larga scala - innescati dalle detonazioni nucleari - avrebbe avvolto la terra in una immensa nube di particolato. Il che avrebbe impedito alla luce del sole di raggiungere la superficie, gettando quindi il mondo in un perenne inverno. Questo scenario, che sembrava impensabile dopo la caduta del muro di Berlino, sta purtroppo diventando nuovamente attuale.

I cambiamenti climatici comportano una riduzione della disponibilità di acqua, che sul territorio nazionale viene persa per più del 40% a causa di reti idriche vetuste. Oltre alle energie rinnovabili sarebbe utile implementare sistemi per evitare gli sprechi?

L’acqua dolce sarà il bene più prezioso del 21mo secolo: già oggi non è sufficiente per tutti. In futuro diventerà sempre più scarsa a causa della fusione dei ghiacciai, che sono i nostri depositi principali di acqua dolce, e della maggiore frequenza di fenomeni di siccità e alluvioni. Bisognerà implementare politiche di raccolta di acqua quando questa è disponibile, per poterla usare nei periodi - destinati ad essere sempre più frequenti - in cui sarà scarsa. Esistono diverse tecnologie che possono aiutare in questo contesto. Per esempio, in Portogallo sono state sviluppate tecnologie in cui si posizionano sopra i bacini idrici dei pannelli solari galleggianti, il che diminuisce l’evaporazione, e di conseguenza la perdita di acqua, generando energia elettrica. In generale, bisognerebbe ridurre l’eccessiva perdita di acqua nella distribuzione, che come nota anche lei, raggiunge anche il 40%. Una riduzione significativa da attuare attraverso l’ammodernamento degli impianti idrici e degli acquedotti.

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