in municipio
Pietre e frontiere, la storia dei confini nell'atrio del Comune di Gorizia

La mostra creata dal Gruppo Ermada e curata da Lorenzo Salimbeni, aperta in municipio fino al 16 marzo.
I confini mutano nel tempo, non sono eterni: un fatto tragicamente evidente ancora oggi, considerando quanto sta avvenendo tra l'Ucraina e la Russia. E Gorizia è certamente un luogo simbolico, essendo attraversata, dal secondo dopoguerra in poi, da un confine di Stato. Proprio in ragione della storia di questa città è stata allestita, nell'atrio di Palazzo Attems-Santa Croce, la mostra "Storie di pietre e di confini in tempo di pace", realizzata dall'associazione Gruppo Ermada di Duino Aurisina.
L'esposizione – presentata questa mattina nella sede municipale – è il frutto di un progetto avviato già nel 2020 e finanziato dalla Regione Friuli Venezia Giulia con il partenariato di dieci istituzioni e associazioni, tra cui anche il Comune di Gorizia. Un sostegno, quello comunale, ribadito dall'assessore alla cultura Fabrizio Oreti, che ha sottolineato con orgoglio come "il nostro territorio, in cent'anni, da teatro di guerra sia diventato laboratorio di pace". "Per questo - ha quindi aggiunto sempre Oreti - "l'importanza di raccontare ai cittadini dove eravamo, chi eravamo e dove stiamo andando".
A illustrare i pannelli c'era il presidente di Gruppo Ermada Massimo Romita, che ha anche spiegato l'importanza della pietra – richiamata nel titolo dell'iniziativa – in quanto "elemento carsico per eccellenza, che racconta la storia sia sui campi di battaglia, sia attraverso le costruzioni e gli edifici". Un legame, quello con il Carso e il territorio, ripreso anche dal vicepresidente del sodalizio Matteo Crisman, nonché presidente della Consulta giovani di Duino Aurisina, che ha voluto ricordare l'importanza del punto di vista delle nuove generazioni, che hanno vissuto quest'anno "la caduta dell'ultimo confine importante nell'area: quello tra la Slovenia e la Croazia".
Sotto il profilo scientifico, la mostra è stata curata da Lorenzo Salimbeni, storico e giornalista triestino, che ha impostato un itinerario cronologico che parte dalle origini del "limes" in epoca romana – con riferimenti persino alla fondazione di Roma da parte di Romolo e Remo – per arrivare alla stretta di mano del 2020 tra i presidenti d'Italia e Slovenia Sergio Mattarella e Borut Pahor. Nel mezzo, l'excursus tratta in maniera generica i vari passaggi che hanno comportato l'evoluzione del confine nel Friuli Venezia Giulia, inteso come separazione di lingue, culture lingue e domini.
Vengono quindi richiamati il Sacro romano impero, il Patriarcato di Aquileia, la Serenissima, il porto franco di Trieste, le guerre napoleoniche e lo sviluppo degli Stati nazionali, con ampio spazio dedicato al Risorgimento italiano, all'Irredentismo e alle due guerre mondiali, senza trascurare la tragedia del confine orientale italiano.
Infine, Nova Gorica e Gorizia "Capitale europea della Cultura 2025", viste come "simbolo della nuova fase nei rapporti tra l'Italia e l'Adriatico orientale". Un'attenzione, quella al caso goriziano, sottolineata anche attraverso la collaborazione con il Coro di Sant'Ignazio. Realtà corale ben radicata nel panorama culturale locale e oggi presieduta da Alma Kufahl. "La collaborazione ha consentito di esportare, con esibizioni concertistiche in tutto il territorio regionale, il nostro ricco repertorio di canti popolari, sacri e profani", ha dichiarato Kufahl, "contraddistinto da canti nelle quattro lingue storiche del Goriziano: italiano, sloveno, friulano e tedesco".
La mostra sarà visitabile fino al 16 marzo ed è stata divisa in due periodi temporali per i limiti imposti dagli spazi a disposizione. Attualmente sono infatti consultabili solo i primi sedici pannelli, relativi quindi al periodo fino al Risorgimento, i quali saranno poi sostituiti la prossima settimana da quelli mancanti, che coprono l'arco storico successivo.
Foto Daniele Tibaldi
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