gli incontri
50 anni dalla strage di Peteano a èStoria, i ricordi del magistrato Casson

Sala piena questa mattina in Trgovski dom, domani Felice Cassone al Kulturni dom.
Il suo anniversario cadrà ufficialmente il 31 maggio, ma già questo weekend èStoria ha voluto dedicare alcuni momenti a ricordo di Peteano. Il racconto della strage del 1972, costata la vita ai carabinieri Antonio Ferraro, Donato Poveromo e Franco Dongiovanni, ha infatti aperto questa mattina gli appuntamenti del festival al Trgvoski dom, con il panel moderato dal nostro giornale insieme all’esperto di terrorismo nero Ivan Buttignon. Gremita la sala per il primo appuntamento del mattino, alle 9, con in platea anche alcuni familiari delle persone coinvolte nella tragedia e che hanno preso la parola alla fine.
L’incontro ha così analizzato il contesto storico in cui la formazione neofascista di Ordine nuovo sferrò l’attacco allo Stato, ricordando figure chiave come Vincenzo Vinciguerra e Carlo Cicuttini, nonché i legami con il Movimento sociale italiano. Un quadro in cui si inserisce anche le accuse rivolte a persone risultate totalmente estranee ai fatti, ma la cui quotidianità è stata nettamente stravolta dal clamore mediatico e giudiziario. Importanti anche le testimonianze tra il pubblico, tra cui quella della figlia del brigadiere Giuseppe Zazzaro, rimasto ferito nell’esplosione insieme al tenente Angelo Tagliari.
Il tema è stato sviluppato anche in sala Dora Bassi dai giornalisti Ugo Dinello e Paolo Morando, moderati da Vincenzo Compagnone (direttore di Gorizia News&Views) che all’epoca die fatti era un giovane cronista del Messaggero Veneto. Domani, lui stesso dialogherà con il giudice veneziano Felice Casson e la senatrice triestina Tatjana Rojc, alle 18 in Kulturni dom. Insieme a colui che seguì le indagini per trovare il responsabile si ricorderà quella telefonata anonima ai carabinieri di Gorizia che segnalava la presenza a Peteano di una Fiat 500 abbandonata nel bosco. Il parabrezza segnato da alcuni fori di proiettile.
All’apertura del cofano, esplose una bomba. Il colonnello dei carabinieri Dino Mingarelli, allora comandante della Legione di Udine decise di occuparsi personalmente delle indagini, dirigendo l’inchiesta verso gli ambienti di Lotta continua di Trento. Si scoprirà che era un depistaggio: le indagini non trovano riscontri e la traccia è presto abbandonata. A circa dieci mesi dall’attentato, sfumata la pista rossa, le indagini si orientarono sulla malavita goriziana, incolpando sei giovani. Il movente supposto si sarebbe fondato su una vendetta della delinquenza locale contro l’Arma. I vari processi che si succedono vedono gli imputati riconosciuti innocenti.
Almeno fino a quando, nel 1990, il magistrato Felice Casson non ebbe raccolto la spontanea confessione di colpevolezza di un terrorista nero piuttosto fuori dalle righe. Quelle parole diede spazio a inquietanti ipotesi, luci e ombre si proiettarono su parecchi decenni di storia della Repubblica italiana, su un senso deviato di intendere e fare politica. Le indagini portarono allo scoperto l'esistenza di Gladio. L’incontro è promosso dal Kulturni dom di Gorizia, dall’associazione culturale Apertamente di Monfalcone, dall’Anpi e dalla cooperativa culturale Maja, con il patrocinio dell’Unione culturale economica slovena.
Ieri, inoltre, anche Mossa ha voluto ricordare quella data. Alle 18 è stato presentato il libro "Anni Bui - storie sconosciute di uomini in divisa ammazzati dal terrorismo dal 1956 al 1980" scritto dal giornalista e storico Salvatore Lordi, a cui ha partecipato anche la vedova Antonella Ferraro, da sempre residente in paese. La stessa mattina è stata celebrata la santa messa in suffragio dei caduti della strage, mentre martedì, alle 10.30 presso il cimitero comunale, sarà deposto un omaggio floreale sulla tomba del brigadiere Ferraro.
Nella foto: l'incontro in Trgovski dom (foto Michela Clinec), la Fiat 500 dopo l'esplosione e Felice Casson
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