Peteano 50 anni dopo, Arma e comunità ricordano i tre militari uccisi

Peteano 50 anni dopo, Arma e comunità ricordano i tre militari uccisi

la commemoriazione

Peteano 50 anni dopo, Arma e comunità ricordano i tre militari uccisi

Di Timothy Dissegna • Pubblicato il 31 Mag 2022
Copertina per Peteano 50 anni dopo, Arma e comunità ricordano i tre militari uccisi

La cerimonia davanti al monumento, presenti le famiglie dei militari uccisi.

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Poche parole, solo quelle per ricostruire quella drammatica sera. Quest’oggi, l’Arma dei carabinieri ha ricordato i tre militari morti nella strage di Peteano, a 50 anni esatti da quella notte del 1972. Un attentato che costò la vita al brigadiere Antonio Ferraro e ai carabinieri Donato Poveromo e Franco Dongiovanni, travolti dall’esplosione della Fiat 500 parcheggiata poco distante da dove oggi sorge il cippo commemorativo. Inedito l’orario scelto per il ricordo, alle 18, raccogliendo le autorità civili e militari.

Lungo la strada provinciale 8, si sono così incontrati esponenti dell’Arma - tra cui il comandante della legione carabinieri Friuli Venezia Giulia, generale di brigata Francesco Atzeni, e il comandante provinciale, colonnello Luciano Giuseppe Torchia - e i sindaci di Sagrado, Mossa, Gradisca e Savogna d’Isonzo. Presenti anche i cari dei defunti, come sempre fatto fin dai primi anni, con il rincontro tra la famiglia Ferraro e Poveromo. Prima della deposizione delle corone, è stata riletta la cronistoria di quella sera.

Le diverse comunità e il corpo dello Stato hanno quindi ricordato quell’attacco, rinnovando la deposizione delle corone d’alloro. Lette anche le motivazioni della concessione della medaglia d’argento al valor civile alla memoria. La giornata ha visto numerose istituzioni ed esponenti del mondo politico riservare un messaggio alla data, a partire dal presidente del Consiglio regionale Piero Mauro Zanin, presente questa mattina a Mossa per onorare la tomba di Ferraro: “Fa male vedere che i carnefici possono avere ancora voce” le sue parole.

“E fa ancora più male sapere che dietro quei carnefici c'erano uomini dello Stato, alcuni dei quali indossavano la stessa divisa” ha rimarcato. Il riferimento è ai numerosi depistaggi che caratterizzarono l'inchiesta sulla strage, fino ad arrivare all'attribuzione delle responsabilità al gruppo eversivo di estrema destra Ordine nuovo: sotto inchiesta finirono anche esponenti delle forze armate e dell'ordine, ed è stato - secondo la Presidenza - uno dei momenti più bui per la nostra democrazia. Dal Pd, la senatrice Tatjana Rojc ha ricordato “anche il tentato dirottamento di un aereo a Ronchi”.

Così come “il deposito di armi scoperto per caso da dei bambini nel comune di Duino Aurisina. Lo scontro politico, gli estremismi della destra più becera, il clima di paura hanno segnato anche queste terre”. Dallo stesso partito, Debora Serracchiani ha parlato di una “vera azione di guerriglia contro lo Stato rappresentato dai carabinieri. Un attacco ‘nero’ all’assetto istituzionale democratico nell’ambito di una strategia della tensione che ha goduto di coperture e depistaggi, complicità anche di politici di primo livello”.

Parole condivise dal capogruppo dem in consiglio regionale, Diego Moretti, evidenziando come resti “un dovere delle istituzioni ricordare quel periodo segnato da atti terroristici gravissimi. Contro il fascismo strisciante (che ideò, organizzò e materialmente eseguì la strage) e contro i depistaggi accertati che vi furono, la parte democratica del Paese e delle istituzioni deve vigilare e opporsi. Questo è il monito che deve restare a memoria dei carabinieri uccisi a Peteano e di tutti i servitori dello Statom che hanno dato la vita per contrastare le ideologie terroristiche e di violenza”.

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