l'intervista
Il peso dei padri, Mazzarelli debutta a Gradisca: «Vi racconto il mio Orazio»
Giovedì il debutto in prima nazionale al Nuovo Teatro Comunale, il racconto del regista: «La mia generazione ha la tendenza a mettersi al centro».
Il teatro racconta storie che possono ripetersi. Nihil novi sub sole, dicevano gli antichi: e allo stesso modo il disfacimento del mondo di Amleto, cantato da Shakespeare quattrocento anni fa, dimostra di poter ancora spiegare il mondo contemporaneo. “Orazio-Incautamente ispirato dall’Amleto di W.Shakespeare” racconta proprio questo. Al debutto in prima nazionale giovedì 15 febbraio alle 21 sul palcoscenico del Nuovo Teatro Comunale di Gradisca d’Isonzo il testo proporrà infatti una riflessione sui danni provocati dai padri nella vita dei figli, seguendo una vena che resta in bilico fra tragedia e commedia.
Prodotto dal Teatro Stabile di Bolzano, Artisti Associati-Centro di produzione teatrale e Compagnia Orsini, lo spettacolo vedrà in scena Antonio Bandiera, Beatrice Vento, Francesco Jacopo Provenzano accanto a Paolo Mazzarelli in triplice veste di protagonista, regista e autore del testo. Un testo nel quale si raccontano le vite di tre ventenni - Orazio, Anna, Mahdi – pesantemente condizionate dalle scelte, sbagliate, sconsiderate, ma spesso pure inevitabili, compiute dai loro padri.
Un dramma generazionale, dunque, che riflette sul reiterarsi nei secolo di un errore di fondo: l’idea di avere la possibilità di agire in modo onnipotente, senza curarsi delle conseguenze delle proprie azioni, tanto a livello globale quanto a livello familiare. Su questo pensiero di fondo, l’escamotage – già shakespeariano – dell’interscambiabilità di teatro e vita, in una confusione di ruoli fra i due ambiti che impedisce di comprendere dove finisca il palcoscenico e inizi il mondo reale. «Nello spettacolo si narrano le vicende di tre giovani, tutti legati al mondo del teatro e in particolare Orazio che vive effettivamente in un teatro abbandonato» racconta Paolo Mazzarelli, in una pausa rosicchiata alle ore di prova degli ultimi giorni.
«Poi ci sono i padri, fra cui rientro anche io che interpreto il padre della ragazza: ho cercato di mettermi negli occhi di chi oggi ha venticinque anni e si trova a contatto con le macerie lasciate dai genitori. Queste macerie riguardano nello specifico il teatro ma solo perchè è il mondo che conosco meglio dato che in realtà tale situazione è comune a tutti gli ambiti: le stesse dinamiche che troviamo sul palcoscenico potrebbero trovarsi alle poste, in palestra... Cambia il contenitore ma la sostanza resta la stessa».
Come mai ha deciso di rendere protagonista Orazio, il fedele compagno di Amleto? E vi sono richiami alla tragedia originale?
Tutto è partito dallo studio ossessivo del testo di Shakespeare che però non ho la capacità né la competenza di portare in scena. Nutro un grande amore verso la figura di Orazio che sta in seconda linea, in disparte ed è peraltro l’unico che sopravvive all’eredità paterna ricevuta da Amleto, causa della catastrofe. Orazio è colui al quale, alla fine, il protagonista affida il compito di raccontare la storia: è spalla e antieroe rispetto all’eroe Amleto che però, nel voler tener fede alla promessa di vendetta fatta allo spirito del padre, finisce con il propagare la catena di morte e disastri. A un certo punto si apre una “bolla” di circa venti minuti nella quale si precipita nella tragedia shakespeariana, esattamente nel momento della comparsa dello spirito del defunto re.
In una sua dichiarazione relativa allo spettacolo lei lo definisce commedia: come si passa alla commedia partendo da un testo che è per antonomasia l’essenza della tragedia?
Sia le cose che ho scritto da solo sia quelle composte con Lino Musella all’interno della compagnia (la compagnia MusellaMazzanelli fondata nel 2009 e con la quale ha ottenuto molteplici premi come autore, regista e interprete, ndr) hanno sempre seguito una linea tragicomica che mi pare rispecchiare maggiormente il presente. L’80% della commedia è originale, l’ho scritta personalmente e al suo interno si inserisce poi la “bolla” di cui parlavo prima, quindi è nel linguaggio umoristico che si innesta la tragedia.
Nel testo viene dato spazio ai tre ragazzi protagonisti ma anche ai loro padri: quali sono i rapporti fra di loro?
Ho cinquant’anni e nelle figure dei padri ritrovo la mia generazione: io non ne ho, ma ho pensato come sarei se avessi dei figli e onestamente sarei preoccupato per ciò che gli lasciamo. Ho voluto essere critico e penso che chi ha vent’anni debba immaginare un altro mondo: si parla di riscatto, un riscatto che viene cercato attraverso il teatro. Il personaggio che interpreto racchiude tutti i mali del mondo, è un trombone vanesio, poco attento alla figlia, l’emblema di coloro che vogliono prendersi tutti gli spazi finendo per rovinare tutto. Anche qui, come in “Amleto”, è presente il tema della vendetta richiesta dal padre che rischia di rovinare tutto senza però che chi viene chiamato a compiere questa vendetta abbia effettivamente una colpa.
Chi è oggi Amleto e chi Orazio?
La mia fascinazione verso quel testo nasce dal fatto che tutti i ragazzi possono identificarsi con entrambi: sono due venticinquenni ma Amleto ha delle responsabilità in quanto principe mentre Orazio è un libero pensatore. Tutti e due studiano in un mondo pieno di brutture e falsità esattamente come quello di adesso e ciò vale sia per chi appartiene a famiglie più altolocate sia a chi viene da ambienti più umili.
Gli attori come stanno rispondendo?
Difficile dirlo perché, a parte una mezza prova aperta, il debutto sarà appena giovedì. I ragazzi stanno rispondendo con entusiasmo, generosità, mi stanno seguendo e il bello è che è molto raro trovare uno spettacolo i cui protagonisti abbiano meno di trent’anni: certo, a cominciare da “Romeo e Giulietta” ci sono testi con personaggi giovani ma è piuttosto frequente il caso in cui per questi ruoli vengano chiamati attori con maggiore esperienza. La mia generazione ha la tendenza a mettersi al centro: a me dicono “giovane”, ma questi lo sono veramente.
Quindi la situazione del teatro contemporaneo rispecchia il tema trattato nello spettacolo, il fatto che gli adulti tendono a prendersi tutti gli spazi con le conseguenze – a volte deleterie – che questo comporta? C’è della sfiducia verso i giovani?
Il problema italiano è che ci si considera giovani fino a cinquant’anni. La situazione nel mondo del teatro è questa un po’ per sfiducia, un po’ perché i giovani sono acerbi e un po’ perché c’è effettivamente la tendenza a prendersi tutto lo spazio quando si è più maturi.
Quali aspettative ha nei confronti del debutto?
Cerco sempre di non aspettarmi niente, spero di cuore che sia un meccanismo che possa divertire ed emozionare.
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