la lettera
«Patto nazionale per un Islam italiano e necessario dialogo interreligioso»
Alla vigilia della manifestazione di domani contro ogni divisione sociale e religiosa, il dem Fabio Del Bello parla di una «via importante da seguire».
Alla vigilia della manifestazione contro ogni divisione sociale e religiosa di domani a Monfalcone, ci scrive il responsabile delle politiche migratorie del Pd cittadino, Fabio Del Bello. Nella sua tesi, l’autore propone una via che definisce “importante da seguire”. In sostanza, la premessa parte dal fatto che le migrazioni non sono frutto di una scelta né di destra né di sinistra. Poi, riferendosi a Monfalcone e sviluppando la sua analisi, Del Bello richiama “tra le righe” le responsabilità centrali del foverno e dell’azienda Fincantieri, quindi la politica nazionale e l’economia. Infine, l’autore richiama la pace sociale e l’inclusione.
Oggi l’Islam ha una immagine sporcata dal cosiddetto “terrorismo islamico” responsabile nell’ultimo ventennio di azioni di grande brutalità con attacchi che hanno ucciso migliaia di persone: “è la cosa peggiore accaduta all’Islam – commenta Tahar Ben Jelloun – dall’arrivo di Maometto”. Infatti a partire dalla “rivoluzione iraniana”, dai contenuti teocratici e reazionari, è partita la politicizzazione dell’Islam da parte di dittature politiche e questa ideologia ha surrogato nei paesi del terzo mondo il socialismo autoritario di importazione sovietica crollato nei primi anni novanta. Logicamente la stragrande maggioranza delle popolazioni islamiche è pacifica e un tanto è sicuramente riferibile agli stessi bengalesi che da venti anni convivono con i “nativi” monfalconesi. Nella surra 6, versetto 151 si dice “non uccidere il tuo simile, che Allah ha dichiarato sacro”, il Profeta a sua volta ha condannato l’estremismo: “i due estremi del giusto mezzo delle cose sono egualmente deprecabili”.
Ci aiuta molto la lezione di Franco Cardini, studioso toscano di caratura internazionale recentemente ospite dell’amministrazione comunale di Monfalcone che ha scritto tra le sue tante opere: “Noi e l’Islam. Un incontro possibile?”, “Europa ed Islam. Storia di un malinteso”, “L’Islam è una minaccia. Falso!” Così nel febbraio 2017 l’allora ministro dell’Interno il democratico Marco Minniti, al Viminale, presentava il “Patto nazionale per un Islam italiano”, espressione di una comunità aperta, integrata ed aderente ai valori ed ai principi dell’ordinamento statale” redatto con la collaborazione del Consiglio per i rapporti con l’Islam italiano e recepito dal Ministero dell’Interno.
Il documento era stato sottoscritto dalle principali associazioni e organizzazioni islamiche in Italia, rappresentative di circa il 70% dei Musulmani che attualmente vivono in Italia. Tra i punti salienti del patto c’è la formazione di imam e guide religiose che prelude ad un album degli imam. Inoltre le associazioni islamiche si impegnavano a “rendere pubblici i nomi e recapiti di imam, guide religiose e personalità in grado di svolgere efficacemente un ruolo di mediazione tra la loro comunità e la realtà sociale e civile circostante”; ad “adoperarsi concretamente affinché il sermone del venerdì sia svolto o tradotto in italiano”, ad “assicurare in massima trasparenza nella gestione e documentazione dei finanziamenti”.
Il Patto conteneva dieci impegni da parte delle associazioni islamiche chiamate a far parte del Tavolo di confronto presso il ministero dell’Interno ed altrettanti da parte del ministero. Si sottolineava, rilevava il ministro, “che la libertà di culto è una delle libertà inalienabili e che lo Stato non dà regole alle religioni, ma può fare intese. È l’incontro di libere volontà, non la supremazia di una volontà”. Il titolare del Viminale definiva poi un “grave errore l’equazione tra immigrazione e terrorismo”, ma citando alcuni crimini commessi dal radicalismo islamico, rilevava che “livelli di integrazione non adeguati formano un brodo di cultura per i terroristi”.
“Il patto – sottolineava Minniti – si muove nell’alveo della nostra Costituzione, che sono i nostri valori”: infatti la prima parte si richiamano i valori della Costituzione italiana “che sono gli stessi dei firmatari”. Il segretario generale del centro islamico culturale d’Italia (cioè la grande moschea di Roma), Abdellah Redouane, tra i firmatari, espresse apprezzamento per lo spirito che ha portato alla firma: “il centro continuerà a dare il suo contributo – disse – nel favorire una crescita responsabile dell’islam in Italia”.
È chiaro che nei rapporti tra Islam e Repubblica italiana si deve ripartire da quel giacimento culturale depositato nel 2017 essendo la presenza islamica un dato di fatto proveniente in gran parte dai flussi migratori regolari. Da parte dei cristiani - e degli ebrei - per un proficuo dialogo interreligioso “bisogna andare alla base dei conflitti, comprenderne le radici, svelenirle e questo richiede militanza, creatività, lotta, impegno” (Antonio Spadaro). Per questo, le iniziative di pace devono essere sempre collegate ai due grandi temi sociali: la pace sociale e l’inclusione degli scartati risolvendo le cause strutturali che generano esclusione e violenza. L’immaginazione profetica dice dei popoli: “Forgeranno le loro spade nei vomeri, le loro lance in falci; un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo, non si eserciteranno più nell’arte della guerra (Isaia 2,1-5).
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