LA DISCIPLINA ORIENTALE
Partito a Straccis il corso di Tai Chi: ecco l’antica pratica cinese

Le lezioni si svolgono ogni mercoledì dalle 19 alle 20.30 alla palestra Pecorini. È un’antica arte marziale che oggi contribuisce alla realizzazione della persona.
La leggenda vuole che Zhāng Sānfēng - monaco taoista cinese esperto di arti marziali - un giorno si ritrovasse alle pendici del Monte Wudang, osservando un rapace combattere contro un serpente. Fu grande la sua meraviglia, nel notare la capacità del rettile di vincere senza opporre forza, ma con la sola morbidezza sinuosa dei movimenti. In guerra piuttosto che con durezza si può replicare con la flessibilità, quella che idealmente potrebbe rappresentare una chiave di risoluzione ai conflitti in atto. Ed è questa serie di principi che stanno alla base del taijiquan – o Thai Chi – Uno stile interno alle arti marziali cinesi, che a Gorizia viene praticato nel quartiere di Straccis. «Il Thai Chi è un’arte marziale – spiega l’istruttrice Clelia Cardullo – ma anche una filosofia orientale. Un’arte interna basata sul taoismo dello yin e dello yang, che non è una religione, ma una filosofia». Un corso che ha preso il via il 2 ottobre, che si tiene ogni mercoledì sera alla palestra Pecorini di Straccis. «Le lezioni si svolgono dalle 19 alle 20.30 – specifica – In genere le tengo io, ma una o due volte al mese viene il maestro Mario Antoldi».
Quasi 25 anni dedicati da Clelia a questa disciplina, prima sotto la guida dell’istruttrice Eva Sirok del Crt, quindi con Franco Mescola, per poi approfondire con Antoldi, attuale presidente dell’associazione Tecniche arti orientali di Udine. «È una pratica della cultura cinese – interviene Antoldi – Un esercizio fisico che ha come scopo la realizzazione della persona. Anticamente era utilizzata come arte marziale, che attualmente non tutti praticano, in quanto la sua priorità non è la difesa personale. Anche se i movimenti nascono da una difesa della vita e della persona». Un’attività che può essere effettuata all’aperto, a contatto con la Natura, regolando in maniera appropriata la respirazione, così da coniugare l’esercizio fisico e muscolare con il respiro e la concentrazione. «Cerchiamo di portare al rilassamento dopo una giornata di fatica, per prendere consapevolezza corporea e, scavando dentro, ritrovare una dimensione energetica. Facciamo il respiro – quello che i cinesi chiamano “il soffio”, che pervade l’intero essere umano». Una modalità per ricaricarsi ed entrare in contatto con il ciclo vitale, prendendo consapevolezza delle stagioni e del proprio essere parte del creato. «La maggior parte delle persone non percepisce le stagioni, si tende a osservare il tutto come se fosse appiattito e uguale», nota. Mentre per i cinesi riveste somma importanza il Tao, che esprime quel flusso di energia che muove l’Universo e consente di percepire il suo continuo fluire.
«Attraverso questa pratica non hai la presunzione di gestire la vita, ma la osservi, facendone parte, come un albero che d’inverno perde le foglie e in primavera germoglia e poi dà i frutti, nel suo ciclo continuo». Una cultura millenaria, il cui esperire può essere paragonabile a un iceberg. «Quello che uno vede, l’esercizio fisico o alcune posture seguite, rappresentano solo la parte che emerge. La parte più importante è in realtà quella che non emerge: la cultura, il rispetto, la consapevolezza di prendere parte a questo ciclo vitale». Il concetto di yin e yang riposa nella dualità fra notte e giorno, che in realtà non è una contrapposizione, quanto complementarità. «È piuttosto un complemento – precisa – Non c’è l’una senza l’altro. La terra e il cielo fanno parte di uno stesso Cosmo, non prevale il cielo, né la terra. In mezzo si pone l’essere umano. Un esercizio in cui si ricerca equilibrio. C’è chi ha la testa fra le nuvole, chi i piedi ben piantati per terra, due estremi. Un praticante thai chi cerca di armonizzarsi fra entrambe, perché a volte si fa bene avere la testa fra le nuvole, ma restando con i piedi per terra. È questa continua ricerca di armonia, a caratterizzare il thai chi». Che a livello fisico si traduce in dualismo fra destra e sinistra, alto e basso, staticità e movimento, rigidità e morbidezza.
«Questo è lo yin e lo yang – ribadisce – Senza uno non c’è l’altro, non esiste l’assoluto». Una pratica permeata dal pensiero filosofico taoista, che vede l’essere umano parte del creato, ma che si basa anche sul buddismo e sul confucianesimo. «Queste tre dottrine – confucianesimo, taoismo e buddismo - influenzano la pratica. Il substrato sia sociale sia religioso ha in qualche maniera contaminato la pratica marziale, che non è solo un combattere, ma diviene un percorso spirituale di rilevazione dell’essere, un cammino per tornare alla natura originaria dell’essere umano. Ma è un percorso che avviene lentamente. Nella pratica del thai chi prima sistemi il corpo, pian piano accedi a qualcosa di più profondo. Un percorso che per taluni dura tutta la vita». Un’esperienza sportiva considerata dilettantistica e non agonistica, vera e propria arte sviluppatasi in campionati, dove le movenze codificate consentono di mettersi alla prova attraverso le gare. «Il fine ultimo, però non è primeggiare s’un’altra persona – evidenzia – Se a un violento rispondo con la violenza, vince il più forte. Se a un violento rispondo con la morbidità e lo accolgo, non si genera altra violenza». Esercizi che consentono di alleviare tensioni fisiche ed emotive, aprendosi all’altro.
«Accettiamo l’altro in apertura del cuore, come mio fratello. È un lavoro sincero su se stessi e sulla propria visione del mondo. Un metodo di auto elevazione della persona attraverso esercizio fisico mirato e consapevolezza corporea». Disciplina attraverso la quale si scende alla riscoperta di se stessi, per infondere benessere e sensazione di pienezza. «Anche altri metodi hanno questa peculiarità, se fatti sinceramente con il cuore. Il thai chi è un esercizio di liberazione, un ritorno alla semplicità. Poi c’è anche l’acquisizione di abilità, come l’equilibrio, la flessibilità della schiena, un cambio di tonicità muscolare – anche se non è una pratica aerobica – Un esercizio che fa bene fino a tarda età, che consente di rientrare nel ciclo naturale, usando consapevolmente la propria forza». «È una meditazione in movimento – conclude Cardullo – basata sul tao, da cui nasce tutto. E questo lo ritroviamo sia nell’universo sia nel nostro corpo, come fosse un microcosmo. Tradurlo in parole è riduttivo, in Francia e in Cina lo propongono anche in ambito ospedaliero, per il benessere psicofisico». Il consiglio è provare ad avvicinarsi a questa disciplina, per ritrovare l’equilibrio interiore e quell’energia che sta in fondo a ciascuno.
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