Tra Papi e Imperatori, la storia di Palazzo Lantieri racconta l'epopea mitteleuropea di Gorizia

Tra Papi e Imperatori, la storia di Palazzo Lantieri racconta l'epopea mitteleuropea di Gorizia

Il racconto

Tra Papi e Imperatori, la storia di Palazzo Lantieri racconta l'epopea mitteleuropea di Gorizia

Di Timothy Dissegna • Pubblicato il 28 Nov 2020
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Viaggio all'interno della storica dimora cittadina, casa di grandi personaggi storici e custode di tesori eccezionali.

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Posto al margine di piazza Sant’Antonio, Palazzo Lantieri rappresenta una degli angoli più suggestivi di Gorizia. Costruito attorno al 1350 presso la porta orientale della città, il palazzo costituiva la foresteria dei conti della Contea, nella quale soggiornavano gli ospiti che partecipavano alle battute di caccia ed ai tornei cavallereschi. Oggi è diventata una location per soggiorni turistici e feste, ma ha mantenuto intatto il carisma che lo ha contraddistinto nei secoli, arricchito da personaggi illustri che hanno attraversato le sue stanze.

A guidarci nei suoi meandri è la contessa Carolina Lantieri, una delle ultime discendenti della storica famiglia, che conosce ogni centimetro della dimora come il palmo della sua mano. Il nostro viaggio inizia dall’antico varco di accesso a Gorizia, situato in quello che oggi è l’interno della corte: “Siamo nella parte più antica del palazzo, in origine era un fortino edificato per ospitare gli amici di caccia del Conte e serviva anche da porta della città, chiamata anche ‘porta Vienna’ od ‘Oriente’”. Era protetta da un ponte levatoio, le cui fessure si intravedono ancora oggi, mentre all’esterno si trova un cortile soleggiato.

Prima di arrivare in riva all’Isonzo, però, i Lantieri si erano già insediati nella valle del Vipaco. “La costruzione era la prima forma di difesa di Gorizia - prosegue Lantieri -, ma quando la situazione diventava poco sicura ci si rifugiava nel castello, grazie a un sottopassaggio”. La galleria oggi è chiusa e si trovava originariamente all’altezza di via Lantieri, ossia l’arteria che da piazza Sant’Antonio porta fino a borgo San Rocco. All’inizio del 1500, quindi, arrivò anche l’ampliamento del palazzo, espandendosi fino all’adiacente ex monastero dei francescani, voluto da Sant’Antonio di Padova. Oggi di quel passato rimane il loggiato esterno e la chiesetta.

A rendere ancora più suggestivo questo luogo sono anche gli ospiti che nei secoli lo hanno visitato. “Qui sono passati papi, imperatori, re e uomini di scienza - racconta ancora la padrona di casa - e ogni qualvolta che arrivava un personaggio illustre, la famiglia commissionava delle opere d’arte”. Tra questi, ancora adesso sono ammirabili gli affreschi custoditi in una sala, commissionati per l’arrivo dell’imperatore del Sacro romano impero germanico, Carlo V: un complesso artistico raffigurante l’assedio turco di Vienna e la loro successiva ritirata. “Per fortuna se ne andarono - spiega Lantieri -, perché le mura della città non avrebbero retto ancora a lungo”.

Nello stesso punto, si può ammirare un altro incredibile cimelio della storia della famiglia: uno dei primi disegni di una fortezza a stella, opera di uno dei capostipiti dei Lantieri e commissionato per l’allora re di Spagna, ben 30 anni prima di quello che raffigurerà Palmanova. Il progetto, in ogni caso, non venne accolto ed è rimasto nascosto per secoli negli archivi di Paratico, vicino Brescia, dove si trova un ramo della discendenza. Circa un anno fa, ecco la scoperta di quella eccezionale testimonianza. Nella stessa Paratico, inoltre, Dante Alighieri trovò rifugio proprio dai Lantieri, tanto che nello stesso affresco si ricorda ancora il suo passaggio.

Prima di entrare nel parco, l'attenzione viene rapita da un curioso insieme di mattonelle che compongono la parete del passaggio tra la corte e il giardino. Si tratta di centinaia di quadratini di ceramica, decorati con finezza di dettagli. "Sono opera di alchimisti - spiega la Contessa -, quando ero piccola mi divertivo a colorare i disegni". Negli ultimi anni alcuni di questi sono stati restaurati e molti sono simboli che ritornano ciclicamente nell'immaginario collettivo, anche in culture distanti migliaia di chilometri l'una dall'altra. Non sono nemmeno posizionati casualmente, disegnando una mappa invisibile nella stanza. Il tesoro forse più incredibile del Palazzo.


Nella foto: l'opera realizzata con il cedro del Libano presente nel giardino del Palazzo.


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