F di Fatebenefratelli
Un ospedale per Gorizia, il conte Del Mestri e quella lettera all'Arciduca Leopoldo I
Le radici del nome dell'ospedale di Gorizia affondano nel Seicento, epoca in cui nacque il Pio Ospitale. Una storia che passa per l'Arciduca.
Una parte fondamentale del patrimonio documentario dell’ordine di San Giovanni di Dio, inerente la fondazione del cosiddetto “Pio Ospitale di Gorizia” che sorgeva nel quartiere di Piazzutta accanto alla chiesa, si trova sia nell’Archivio storico provinciale di Gorizia [Sedute Deputazione Stati Provinciali volume 19 ss.] sia nell’Archivio della provincia di S. Ambrogio di Lombardia dell’Ordine di S. Giovanni di Dio detto Fatebenefratelli [Sezione Fondazioni in Provincia – Cessate – Conventi e Spedali Staccati dalla Provincia e tuttora esistenti – Cartella XVIII, Fascicolo 7: Conv. Spedale di Gorizia Milano].
Il 31 maggio 1655, Gianvito conte Del Mestri vendette a Martino Aloysio [Luis] goriziano, un terreno loco dicto su la Leuada andando a Merna sulla pubblica via, confinante con i beni di Francesco Moscon, avuto dall’Inclita Convocazione alla fine di dicembre 1649, piantato con piante 50 e un altro pezzo confinante cum Adm. R.do D. Pleb. Goritiae con atto del notaio Giobatta Faidutti della Cancelleria di Gorizia, con oneri verso la chiesa di San Pietro di un contributo di frumento e di olio, riservandosi però i diritti livellari di 185 ducati, in ragione del sei per cento.
Come ricorda monsignor Enrico Marco nella sua opera monografica “I Fatebenefratelli in Gorizia 1656 – 1956" [pp. 51 ss.]: Tutte queste pratiche di carattere amministrativo avevano una meta. Ne tralasciamo altre minori o complicate e inutili al nostro lavoro. Basti ricordare che tutte queste azioni che diremo finanziarie erano la premessa necessaria per realizzare quanto si profilava nella mente religiosa del Del Mestri. La meta finale era la realizzazione di un ospedale a Gorizia che fosse economicamente autonomo.
Gianvito Del Mestri aveva provveduto alle necessità funzionali della struttura e nel 1655 scrisse all’imperatore: Benché l’huomo in tutti li tempi nel corso della sua Vita sia obligato à far frequente riflessione anco sopra i beneficij et Benedithioni nelle cose temporalj che di quando in quando riceve bontà sovrana, all’hora però mi pare deve farlo senza indugio veruno, è mostrarsi grato allj beneficij suddetti con utile suo prossimo, quando già gravato di anni in breve dovrà rendere il Tributo inevitabile della vita nelle mani del Suo Creatore.
Io Clementissimo Sig.re mi truovo in età declinante che ben dir posso, Dies mei brevi sunt, et se bene con l’aiuto della gratia Divina nel corso degli anni passati ho procurato di far le dovute riflessioni sopra li beneficij ricevuti dalla benigna mano di Sua Divina Maestà con qualche riconoscimento verso li miei prossimi bisognosi con tutto ciò non mi pare d’havere soddisfatto appieno di quanto dovevo et potevo sì per l’augmento della Gloria di Dio come anco per l’utile et refrigerio del anima mia, et de i miei.
Hora per soddisfare appieno, in quesi ultimi giorni, à quel tanto che mi pare molto utile et in questo paese necessario per i poveri bisognosi ad effetto suddetto sono risoluto di fondare un’Hospitale per i poveri Ammalati sotto la cura de’ Religiosi del B. Giovanni di Dio, col’ provvedere à questi del luogo della habitazione, et mezzi convenienti per la loro sustentazione, supplicò perciò V. M. humilmente, vogli comandare al Capitano di Goritia di coadiuvare à questa mia pia volontà et intentione, acciò possa mettere in esecutione questo mio proponimento ovunque parerà a me opportuno et espediente, si per i poveri ammalati come anco per i Religiosi, alli quali sarà lecito far le solite cerche non per loro già che Io sarò quello che provvederò à loro ma bensì per li poveri Ammalati come si usa per tutto e à V. M. humilmente et profondamente m’inchino.
La risposta imperiale non si fece attendere e il 26 agosto 1655 l’Arciduca Leopoldo I affermò […] per tant’havendo Sua S. C. M.tà nell’erretione di simil Hospitale alla total dimanda gratiosam.te consentito et avvisato Noi altri per ulteriore dispositione a V. S. si come anche gratiosam.te impostoci dargli ordine in ogni occorrenza bisognio in conformità della sua dimanda. Così ammettiamo a V. S. atiò in conformità della gratiosa resolutione è consenso della prelibata M.tà debba con la mano della Superiorità assistere al già detto Sig.r del Mestri atiò possa conseguire a sua eletione un luogo qualificato, sì come anche prestargela in tutto quello puotesse essere d’utile all’edificat.e et erretione di detto Hospitale, è così valga à simil gratiosa resolutione il desiderato fine inpore et in ciò si essequisca la gratiosamente, è consenso della prelibata Sac. Ces. M.tà.
L’8 gennaio 1656, anno decisivo per la costruzione del “Pio Ospitale” Giovanni Vito del Mestri acquistava La cantina à piè piano della Casa hora posseduta per luca Brainich d. Ziot situata in Gor.a vicino al Zengraff; la caseta sopra la strada attachata all’Aria [aia nda] pur fabrica da esso Ziot; tutto il muro che sera della Braida appresso la Strada che conduce al Ponte et pezzo di Braida ivi contigua compreso il Collicello dietro l’Aria, confinante con la stradella in essa Braida che resta a d. sig. Kelbel, et eseguita sino al fine di esso Collicello, et indi per traverso à reta linea sino al Nogaro grande sotto la riva a tramontana insù sino al campo del Sig. Conte Colloredo […] con tutti i diritti derivanti dall’acquisto, per interposizione di Giovanni Giuseppe Antonelli per 937 ducati e per altri 903 ducati di diritto di recupero di altre case e beni aderenti comperati dal Kelbel per Ziot da Lorenzo Maiti, ciò per diritto di vicinanza (iure vicinitatis) e un’altra cessione per 60 ongari d’oro.
In totale una spesa di 1097 che uniti ai primi 937 portava la cifra finale a quasi duemila ducati. Tutto ciò a beneficio della fondazione del “Pio Ospitale” voluto dal mecenate conte del Mestri. Dopo aver assicurato il mantenimento della struttura il conte si occupò dell’esaurimento delle pratiche ecclesiastiche che non tardarono a giungere; anche dal punto di vista sanitario e igienico vennero garantite dal medico-fisico di Gorizia Fausto Gubelli. La proposta di del Mestri venne approvata in via definitiva "in publico congresso dall’Ill.ma Nobiltà et Sp. Cittadinanza” come voto generale ed anzi “Li fu offerta una Casetta appo la Porta della Città”.
La nunziatura concluse il procedimento con il decreto del Nunzio Scipione dei conti Ilcii, del 17 giugno 1656: […] Per parte dell’Ill.mo Signor Gianvito del Mestri lib. Bar. Fu a Noi esposto che egli da fervore di devozione acceso e dolente per la necessità dei prossimi, intenda costruire Chiesa e Ospedale sotto la cura dei Religiosi Fratelli del B. Giovanni di Dio nella Città di Gorizia, Diocesi d’Aquileia, dalle fondamenta a qual fine voglia prestare ogni cosa che gli statuti e decreti dei SS. Canoni e dei Sommi Pontefici esigono, per la qual cosa il memorato Ill.mo Signor Gianvito Del Mestri presso Noi devote preci insistette perché, data l’assenza e l’impedimento dell’Ordinario, Ci degniamo di chiedere di porre la prima pietra per la costruzione del nuovo Tempio e come anche di tenere la funzione pontificale ad uno dei Vescovi viciniori […], il vescovo consacrante fu Francesco Massimiliano Vaccano vescovo di Pedena che ricevette licenza e facoltà.
Quindi il 18 novembre 1656 iniziò, non senza difficoltà, l’attività di assistenza del nuovo “Pio Ospitale”; il primo religioso di San Giovanni di Dio giunto a Gorizia fu Angeli Orsini, poi Lodovico Sassi, che sarà ricordato come il secondo fondatore. Lo stesso giorno Orsini e Gibelli si recarono a ringraziare sia la cancelleria arcidiaconale nella persona dell’arcidiacono Giacomo Crisai [che negli anni aveva mosso obiezioni amministrative ed economiche sulla effettiva utilità di un “Pio Ospitale”] sia il conte Lantieri, rappresentante della Cesarea Regia Maestà, per la concessione data al conte del Mestri.
Nella foto: la chiesa di Piazzutta a Gorizia accanto alla quale sorgeva il Pio Ospitale. La struttura originaria non esiste più.
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