l'esposizione
L'orrore della mafia a Gorizia, mille morti nelle foto di Lannino e Naccari
La mostra è una denuncia: di ciò che è realmente questo fenomeno, al di là dell’edulcorata visione televisiva e cinematografica spesso proposta.
Non una semplice mostra. “Macelleria mafia”, inaugurata ieri nella galleria al primo piano del Kulturni dom di Gorizia, è una denuncia: di ciò che è realmente questo fenomeno, al di là dell’edulcorata visione televisiva e cinematografica spesso proposta. Ma è anche uno spunto di riflessione e un invito all’impegno civile, affidato alle crude immagini di Franco Lannino e Michele Naccari, collaboratori de L’Ora di Palermo e poi di testate come Repubblica e Ansa con la loro agenzia di fotogiornalismo Studio Camera Ed è pure la realizzazione di un sogno: quello di creare una rete tessuta da associazioni che considerano la libertà un bene imprescindibile a inalienabile.
Kulturni dom, associazione culturale Apertamente, Agenzia di fotogiornalismo Studio camera di Palermo, Teatro Miela di Trieste, Bonawentura sc, Ordine dei Giornalisti Fvg, Assostampa Fvg, Circolo della stampa di Trieste, Libreria Minerva, Associazione Culturale Leali delle Notizie di Ronchi dei Legionari e associazione Libera di Gorizia sono le realtà che si sono unite per veicolare l’esposizione sul territorio regionale, da Trieste (dove è stata ospitata al Teatro Miela fra marzo e aprile) a Gorizia, dove resterà fino al 19 maggio, per concludere quindi il proprio viaggio a Ronchi dei Legionari, dove verrà inaugurata il 24 maggio a latere del Festival del Giornalismo.
Aperta con un giorno di anticipo rispetto alla Giornata internazionale della libertà di stampa, “Macelleria mafia” si inserisce perfettamente negli eventi che vogliono ricordare chi ha messo a repentaglio e perso la propria vita in nome della libertà di parola ed espressione. Un’espressione che, nella fattispecie, prende le sembianze delle vittime innocenti: magistrati, poliziotti, imprenditori che si sono opposti al sistema del racket. Ma anche i giornalisti e i fotografi, spesso inviati sui fronti più caldi con il “semplice” compito di raccontare ciò che è appena accaduto.
«Conosco Lannino e Laccari da quarant’anni: al tempo ero un cronista de L’Ora, poi sono tornato in Sicilia come redattore di Repubblica. Erano fotografi di battaglia: avevano l’obbligo di fotografare i morti prima che la polizia ne coprisse i volti», ricorda Enzo D’Antona, ex direttore del Piccolo e attualmente presidente del Teatro Miela di Trieste. Un compito duro il loro, che ha portato a scatti difficili da digerire nonostante il tempo abbia aggiunto all’aspetto cronachistico un nuovo elemento.
Sempre D’Antona: «Con il passare degli anni queste immagini sono diventate un fatto artistico, mentre prima erano solo cronaca nera. Studio Camera ha il più grande archivio al mondo di foto di mafia, ma Lannino e Naccari hanno scelto per la mostra le quaranta più brutte perché hanno voluto dare un segnale contro la violenza di questo fenomeno. È comunque una mostra che rende giustizia a questi due fotografi: pensiamo che in tre anni, nella seconda guerra di mafia fra il 1981 e il 1984, ci sono stati mille morti, praticamente uno al giorno: e loro li hanno fotografati tutti».
Dell’importanza civile della mostra ha parlato anche Igor Komel, direttore del Kulturni Dom: «Questa è una mostra crudele che però volevamo a Gorizia perché non dobbiamo chiudere gli occhi: è una realtà contro cui combattere e per dire basta alla mafia siamo riusciti a unire tante associazioni». «Il percorso di questa esposizione è iniziato a Palermo – ha detto Paolo Poli, presidente di Apertamente – e riteniamo questo evento un dovere perché troppo spesso la mafia viene sottoposta a un revisionismo di stampo romantico».
Potrà sembrare un paradosso, ma le immagini meno impattanti sono quelle relative ai fatti più noti, le stragi di Capaci e via d’Amelio, dove protagoniste sono un’autostrada e una città ferite, dilaniate. La testa di un cavallo lasciata sul sedile di un auto, pentiti incaprettati e bruciati, asettiche bare di legno pronte ad accogliere il corpo straziato che giace al loro fianco sono le testimonianze più autentiche della violenza e della sopraffazione della mafia, testimonianze di fronte alle quali non manca mai una folla forse assuefatta, certo terrorizzata. La mostra, a ingresso libero, potrà essere visitata fino a giovedì 16 maggio
dal lunedì al venerdì dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 15.30 alle 18.
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