L'omaggio dell'Amidei a Pupi Avati, applausi per 60 anni di cinema

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L'omaggio dell'Amidei a Pupi Avati, applausi per 60 anni di cinema

Di Timothy Dissegna • Pubblicato il 25 Feb 2022
Copertina per L'omaggio dell'Amidei a Pupi Avati, applausi per 60 anni di cinema

Consegnato il premio al regista e sceneggiatore, «mi sono innamorato solo di Dante».

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Era il grande atteso all’ultimo Premio Amidei, salvo poi rinviare la propria presenza a Gorizia per cause di set. Questa sera, Pupi Avati ha finalmente ritirato il Premio Opera d’Autore “Sergio Amidei” che gli era stato assegnato per una carriera costellata di grandi successi e riconoscimenti. Al Kinemax, il cineasta è stato accolto per una serata dedicata al suo amore per la letteratura, sia per quanto riguarda le sceneggiature che i libri, come testimonia la sua ultima fatica da scrittore “L’altra fantasia”, edita da Solferino.

Dialogando con il giornalista Gianpaolo Polesini, il regista 83enne ha raccontato aneddoti e curiosità di una vita dominata dall’amore. Partendo da quella cena a casa di Ugo Tognazzi in cui conobbe per la prima e unica volta Sergio Amidei, seduto a capotavola insieme a personaggi del calibro di Marco Ferreri, Elio Petri e Mario Monicelli. “Parlò solo lui quella sera - ha raccontato -, era una persona che aveva vissuto tutto nella vita”. E pensare che quello del cinema non era stato il suo primo sogno, indirizzando i primi 30 anni verso la musica.

La grande passione, infatti, era quella del jazz. Un rimpianto che ha pesato tanto, quello di aver deciso di mollare le aspirazioni di girare il mondo tra un concerto e l’altro. Fu allora che Avati si approcciò alla letteratura da autodidatta, scoprendo Virgilio e l’Eneide ma, soprattutto, Dante e la sua poetica. “Mi sono innamorato di lui e non di altri” ha rimarcato. L’approccio non fu quello classico con la Commedia, bensì con la Vita nova, diario in prosa autobiografico che racconta anche quell’amore passato alla storia con Beatrice.

Un incontro, il loro, avuto a soli 9 anni, che condizionò eternamente l’esistenza del Sommo poeta. Rapporto che lo stesso ospite ha vissuto nel suo piccolo, “andando dietro” a una ragazza per due anni senza nemmeno sentire la sua voce, se non al telefono brevemente. Una Beatrice del cuore, che nell’ultima pellicola in attesa di uscire quest’anno assumerà un volto che - per ammissione dello stesso regista - non è quello classico a cui abitualmente si pensa. “L’ho scelta durante un colloquio in videoconferenza, mi hanno colpito i suoi occhi”.

L’idea di quel volume, diventato parallelamente una pellicola, era peraltro nata nel 2003. “Proposi il film alla Rai - ricorda l’autore - e subito mi scrissero una lettera contratto. Nei 19 anni successivi, ho ricordo ai diversi dirigenti che dovevamo fare quel film e, alla fine, ci siamo riusciti”. Il tutto sarà raccontato dagli occhi e dalla voce di Boccaccio, interpretato da Sergio Castellito, mentre Dante sarà impersonato da cinque attori diversi, a seconda delle diverse età. Quella centrale vedrà Alessandro Sperduti come volto.

C’è tanta musica nel lavoro di Avati, tanto che nel suo libro ogni capitolo termina con un brano suggerito. “Dante avrebbe ascoltato Charlie Mingus” il commento ironico e serio dello scrittore, che si è divertito a mischiare mondi ed epoche diverse, come una playlist impostata in shuffle che spazia senza badare a nomi e generi. Il tutto girando attorno al concetto di amore, estremo affetto che non smette mai di toccare le corde dell’anima, anche di chi ha visto tutto dalla vita ma che riesce a ritrovare nel pensiero di chi non c’è più l’ispirazione per paesaggi nuovi.

"A Pupi Avati - si legge nella motivazione del premio -, cineasta e scrittore che ha attraversato con i suoi lavori 60 anni di storia cinematografica italiana esprimendosi sempre con grande autonomia artistica e sviluppando un vero e proprio universo personale. Narratore della società italiana, fra tradizione e modernità, tra cultura rurale e urbana, ma anche sperimentatore di generi diversi e grande scopritore di attori. Autore generoso, mai esausto, di opere sempre nuove in termini narrativi e la cui longeva carriera non finirà di stupirci".

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