in laguna
Nuove meraviglie nei fondali di Grado, scoperta una nave affondata oltre un secolo fa

Dal mare riemergono anche diverse reperti di epoca romana. L'imbarcazione affondata dopo la disfatta di Caporetto.
È un vero e proprio tesoro antico quello emerso dalla laguna di Grado. Si tratta di sette resti di anfore biansate vinarie greco-italiche, databili al III secolo d.C., e altri 14 reperti ceramici romano-aquileiesi di epoca imperiale e altomedievali di produzione bizantina. A scoprirli sono stati i carabinieri del nucleo per la tutela del patrimonio culturale di Udine, che hanno organizzato nel territorio di competenza il monitoraggio di un vasto specchio d’acqua compreso tra l’isola e Punta Sdobba, a bordo della motovedetta della locale stazione carabinieri in collaborazione con il Centro subacquei di Genova.
I ritrovamenti sono stati fatti tra il Canale delle Mee, ossia la porta di ingresso al canale Natissa e quindi al porto fluviale di Aquileia e l’Isola di Pampagnola. È in prossimità di quello che era il ponte che anticamente univa Grado alla strada che portava alla città romana. Anche il sito noto come Grado 2 ha riservato sorprese, restituendo 5 elementi ceramici di anfore vinarie a testimonianza dei commerci che si svolgevano da una sponda all’altra dell’Adriatico tra i popoli che lo abitavano in epoca pre-romana. L’area prende il nome dall’imbarcazione naufragata nel III secolo a.C., prima ancora nella fondazione di Aquileia.
La struttura fu scoperta per caso nel 2000 a circa sette miglia di fronte a Grado e a 19 metri di profondità, su una rotta commerciale che collegava la regione al resto d'Italia e al mondo ellenistico. Tutti elementi che testimoniano i commerci che si svolgevano da una sponda all’altra dell’Adriatico tra i popoli che lo abitavano in epoca pre-romana. I reperti recuperati confermano l’assoluta rilevanza del sito, protetto da una rete metallica per prevenire possibili danneggiamenti e sottrazioni illecite del prezioso carico. È di epoca ben più recente, però, la vera scoperta fatta dai militari nelle profondità marine.
Si tratta dei resti di un’imbarcazione della Prima guerra mondiale, adagiata nel fondale posto in corrispondenza della confluenza del canale Isonzato nel fiume Isonzo, in località Punta Sdobba di Fossalon di Grado. Praticamente di fronte alla riserva naturale dell’Isola della Cona. Si tratta di un pontone della Regia Marina, un grosso e robusto galleggiante usato durante la Grande guerra per azioni di appoggio e di fiancheggiamento sul basso Isonzo e sul basso Piave, realizzato nei primi del Novecento presso l’Arsenale di Venezia. Questo tipo d’imbarcazione veniva anche utilizzato per il trasporto fluviale/lagunare di uomini e materiali.
Tra gli altri suoi compiti, anche quello di garantire il rifornimento di munizioni alle batterie di medio-grosso calibro che da Punta Sdobba cannoneggiavano le postazioni nemiche sul monte Hermada, principale baluardo della vicina linea difensiva austro-ungarica. Il pontone rinvenuto era stato autoaffondato per ostacolare l’eventuale transito di imbarcazioni militari austro-ungariche a seguito della rotta di Caporetto dell’ottobre-novembre 1917. Di norma, risultava armato di cannoni di piccolo e medio calibro ma, in questo caso, la loro assenza significa che vennero rimossi per evitare la caduta in mani nemiche.
I carabinieri hanno anche verificato le condizioni del Mas (motoscafo anti-sommergibile) dello stesse periodo, presente nei fondali delle acque antistanti la foce dell’Isonzo. I manufatti archeologici recuperati sono stati affidati alla Soprintendenza archeologia regionale per la pulizia, catalogazione e restauro. I relitti saranno sottoposti a ulteriori attività di studio e messa in sicurezza. L’Arma ricorda che l’attività di ricerca di reperti archeologici sommersi è riservata al ministero della cultura che può dare in concessione, a soggetti pubblici o privati, l’esecuzione di tali attività.
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