la cerimonia
Quella nuova vita ricevuta 20 anni fa, il grazie di don Maurizio al santuario del Preval
Una solenne celebrazione di ringraziamento con la quale il sacerdote ha voluto ringraziare per la nuova vita ricevuta vent’anni fa con il trapianto del fegato.
«Grazie». Una parola semplice, di diretta derivazione dal latino “gratus”, riconoscente, e a oggi un po’ persa. Si ringrazia qualcuno, un amico, un’equipe sanitaria, un gruppo di lavoro. Si ringrazia il Signore: per una grazia, parola familiare alla prima, per qualcosa che non è avvenuto, magari, perché qualcuno a noi vicino è stato graziato. Don Maurizio l’ha fatto assieme a parenti, amici, conoscenti, fedeli, in un gremito santuario del Preval a Mossa che ha accolto oltre duecento persone provenienti da tutta la regione e non solo, anche dalla vicina Slovenia.
Una solenne celebrazione di ringraziamento con la quale il sacerdote ha voluto ringraziare per la nuova vita ricevuta vent’anni fa con il trapianto del fegato. Una celebrazione quadrilingue, celebrata in italiano con canti e letture in sloveno, in friulano e in latino: l’Eucarestia è stata accompagnata con maestria dai Sacri Cantores Theresiani che hanno eseguito la Messa Cerviana del Perosi e dai coristi del coro di Giasbana/Jazbine diretti dal maestro Valentino Klanišček. All’inizio un saluto di benvenuto di padre Vasile Soptea che ha portato l’augurio di don Moris Tonso, già impegnato ai campi estivi parrocchiali, e di tutta l’unità pastorale.
Nell’omelia don Maurizio, parlando del Vangelo del giorno, ha evidenziato i due personaggi che arrivati a un punto di non ritorno nella loro vita, si appellano a Gesù e lui pur trattandosi di pagani si coinvolge nella loro esistenza, costruisce una relazione. «Egli va a casa con Giairo, cerca il volto di quella donna, cammina con loro, parla con loro, sta con loro. Questa gente nella loro disperazione avverte di non essere più sola e proprio per questo la loro vita e il loro dolore è già cambiato, anche senza il miracolo successivo». Quindi con emozione il celebrante ha percorso brevemente la sua esperienza personale di vent’anni fa, la lettera giuntagli da don Stanisław Dziwisz che lo incoraggiava dicendogli che era nella preghiera del Papa.
Così ha continuato il sacerdote: «A volte basta poco, qualcuno dirà “sì ma da dove è venuta quella preghiera! Sì è vero e capisco ma visitando i malati io ho la percezione che la preghiera, tutte le preghiere, il farsi vicini all’altro, hanno una forza misteriosa che on riusciamo a percepire».
Prima dell’offertorio, la benedizione di una nuova campana per la liturgia donata dal festeggiato a ricordo di Karol Wojtyla, riportante stemma ed effige del Pontefice polacco, ha fatto anche risuonare di rintocchi la chiesa gremita.
Al termine tutti i presenti con una lunga fila si sono avvicinati all’altare per venerale la reliquia del sangue del Papa polacco nel festoso suono delle campane del Preval che hanno allietato per l’intero pomeriggio tutto il Collio circostante.
Foto Fabio Bergamasco/Adriano Fecchio
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