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Comfort per i pazienti della Terapia del dolore, la donazione per aiutarli a Gorizia
La struttura offre sollievo ai pazienti con dolore cronico grazie a trattamenti infusivi. Recenti donazioni hanno permesso l’acquisto di una poltrona ergonomica per il comfort dei pazienti.
Il dolore cronico, quello che non è curabile con i tradizionali antidolorifici e spesso rende la vita un inferno, può realmente trovare giovamento presso la struttura di Terapia del dolore e cure palliative ambulatoriali dell'ospedale San Giovanni di Dio a Gorizia. Qui i trattamenti infusionali della durata di molte ore da oggi saranno facilitati grazie alla nuova poltrona ergonomica presente - del valore di 1100 euro - acquistata attraverso le donazioni in memoria di Mariarosa Papis e Giuliana Cum. Un elemento indispensabile per il quale Asugi ringrazia, che potrà contribuire al benessere dei pazienti supportando lo stesso staff.
«Abbiamo ricevuto questa donazione in denaro e siamo riusciti finalmente a trasformarla in qualcosa di concreto – racconta il dottor Corrado Thomann, responsabile di struttura - In questo momento era davvero necessaria una poltrona che ci consentisse di effettuare ozonoterapia e terapie infusive». Diverse le patologie trattate attraverso l’ossigeno-ozonoterapia, un trattamento ad azione antidolorifica e antinfiammatoria indicata per una vasta gamma di patologie, la più debilitante delle quali è rappresentata dalla fibromialgia.
«L’ozonoterapia sistemica viene sfruttata per tante malattie, come antidolorifico, antinfiammatorio, ma anche immunomodulante e immunoregolatore. Quindi viene applicata ai dolori sistemici, per la fibromialgia e tutte le patologie in cui la dolorabilità è multidistrettuale». Nel caso della fibromialgia – ancora non riconosciuta in Italia come invalidante, nonostante il primo marzo di quest’anno la Camera abbia approvato la mozione – nello Stivale le cure si limitano all’agopuntura e a farmaci miorilassanti, anche se il coinvolgimento del sistema immunitario sia al vaglio di nuove ricerche all’estero.
«L’ozonoterapia sistemica è una strada possibile, poi proponiamo l’agopuntura e la cannabis terapeutica, strategie che migliorano anche il riposo notturno. Non ci occupiamo di anticorpi, ma solo di terapia del dolore. Quando la componente autoimmune è preponderante la patologia diventa appannaggio del reumatologo». Una malattia per la quale «il pattern autoimmune è talvolta silente», con connotazione clinica ancora all’apparenza ibrida. Pochi, invece, i malati terminali che accedono alla struttura, che generalmente fruiscono delle Cure palliative territoriali seguiti direttamente al proprio domicilio.
«Il miglior trattamento per il malato terminale è quello a casa – rimarca – Mentre la nostra poltrona viene usata per l’ozonoterapia, che comunque può essere somministrata anche ai pazienti terminali affetti da fatigue. La terapia infusiva può essere usata anche per la somministrazione dei bifosfonati nell’algodistrofia, per evitare il riassorbimento dell’osso e offrire effetto antalgico. Sono terapie che durano qualche ora - anche quattro - con infusioni lente. Per questo è necessaria la poltrona, che comunque è versatile e può essere usata anche per l’agopuntura».
Sei invece i cicli di ozonoterapia dedicati alla fibromialgia. «Una terapia che porta via un mese e mezzo, che può essere ripetuta dopo sei-otto mesi. Nel paziente antalgico migliora il riposo notturno, e siccome la fibromialgia comporta un dolore muscolare, ha un effetto analgesico antinfiammatorio, nel tentativo di scardinare il dolore cronico». La terapia è sfruttata purtroppo ancora in seconda battuta, anche se Thomann auspica un impiego sempre maggiore. «Non siamo ricercatori né universitari – ribadisce – E per la fibromialgia mancano ancora dei parametri oggettivi».
Una sottile linea di speranza è stata in realtà tracciata dal ricercatore David Andersson e dalla sua équipe presso il King’s College di Londra, quando nel 2021 venne dimostrato il coinvolgimento del sistema immunitario iniettando gli anticorpi di pazienti fibromialgici nei topi. I piccoli roditori mostrarono una diminuzione della forza e della sensibilità tattile, oltre che maggior sensibilità alla stimolazione meccanica. Da Londra il dottor Andersson ammette come i paradigmi medici si muovano lentamente, «un problema globale che non è limitato ad alcuni Paesi» sottolinea, aggiungendo come grazie alla loro scoperta molti altri laboratori si siano attivati nella stessa direzione.
Malati immaginari per i quali il riconoscimento della propria sofferenza potrebbe essere un primo traguardo, ma che nel frattempo sono abbandonati alla solitudine e alla depressione. «Sono certo che un giorno il paradigma possa cambiare, passando dalla convinzione del coinvolgimento del cervello, o addirittura dubitando dei sintomi dei pazienti, al meccanismo autoimmune», auspica Andersson, che rivela come sulla scorta dei risultati ottenuti dalla sua équipe nel Regno Unito si sia appena conclusa una sperimentazione clinica basata sull’impiego di anticorpi monoclonali.
«I pazienti saranno contenti dei risultati raggiunti, e ulteriori studi in via di conclusione dovrebbero poter convincere i medici a modificare l’approccio alla fibromialgia», dichiara con convinzione. C’è ancora molto da scrivere, ma il ricercatore si augura che le nuove scoperte possano rappresentare «una pietra miliare» per il trattamento dei pazienti fibromialgici.
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