Norma e Milojka, un solo sorriso per ricordarle: memorie e contestazione a Gorizia

Norma e Milojka, un solo sorriso per ricordarle: memorie e contestazione a Gorizia

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Norma e Milojka, un solo sorriso per ricordarle: memorie e contestazione a Gorizia

Di Rossana D'Ambrosio • Pubblicato il 05 Ott 2024
Copertina per Norma e Milojka, un solo sorriso per ricordarle: memorie e contestazione a Gorizia

Svelato questo pomeriggio il pannello davanti al liceo classico, ampio fronte a sostegno dell'iniziativa. La contestazione di Casa Pound con striscione e fumogeni.

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Gorizia città aperta - come la Roma di Rossellini - nell’allusione a una libertà ritrovata, seppur nel sacrificio di opposte ideologie. Si è svolta nella serata di sabato, alla presenza delle autorità slovene e italiane, la celebrazione in memoria di Norma Cossetto e Milojka Štrukelj con la scopertura del pannello a loro dedicato, apposto presso la sede del liceo Dante Alighieri frequentato dalle due studentesse. Un gesto «fortemente simbolico», ha rimarcato il presidente della Regione Massimiliano Fedriga, coinciso con la sesta edizione di “Una rosa per Norma”, organizzata in oltre 400 città italiane dal Comitato 10 febbraio.

«La memoria di quanto accadde allora, grazie anche a iniziative come quella di oggi, non deve essere solo testimonianza di ciò che è stato ma, al contrario, deve tradursi in un’attività concreta, capace di produrre quegli anticorpi con cui bloccare sul nascere qualsiasi altra forma di lacerazione della libertà», riflette Fedriga nel discorso letto dal primo cittadino Rodolfo Ziberna. Il progetto – realizzato dall’Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia con il contributo della legge 72/2001 e il patrocinio del comune di Gorizia – ha voluto unire due identità in un unico sorriso.

L’uno di Norma, infoibata nel ’43 dai partigiani jugoslavi del maresciallo Tito; l’altro di Milojka, uccisa nel gennaio del ’44 dalle truppe tedesche al comando del tenente Teichmann. “Memorie di ragazze perbene”, strappate alla giovinezza dalla militanza nella resistenza e dall’impegno politico. Milojka raccontando in famiglia di andare a Lokve a sciare, mentre partecipava in segreto alle riunioni a Cerkno; Norma iscritta ai Gruppi universitari fascisti, violentata e gettata ancora viva nella foiba dagli stessi partigiani cui un anno più tardi si unirà Milojka. Giovinezze spezzate nel fiore degli anni, il cui ricordo viene spesso additato e sminuito come strumentalizzazione di partito, mentre conserva in nuce quel germoglio di pace in grado di attecchire e unire i popoli.

«Se è certo che non si possa cambiare il passato, è altrettanto vero che, attraverso la conoscenza, si può fornire il proprio contributo per la costruzione di un presente e di un futuro migliore», ribadisce ancora il governatore. Da un lato un’adolescente innamorata – Milojka - con le sue lettere per il soldato Marjan traboccanti d’amore; dall’altra la figura esile di una ragazza prossima alla laurea – Norma – imprigionata e brutalmente violentata. Da sempre la Storia chiede le sue vittime, ma l’escalation in Medio Oriente e il conflitto nel cuore dell’Europa premono per il dialogo e il gesto simbolico come unica strada percorribile.

Quello di oggi «s’inserisce lungo il solco tracciato nel 2020 in occasione di un’altra iconica circostanza: la stretta di mano a Basovizza tra il Capo dello Stato Sergio Mattarella e il presidente della Repubblica slovena Borut Pahor – sottolinea Fedriga – Un “inchino” alla memoria dei popoli del confine orientale, autentico coronamento del processo di superamento delle divisioni del passato». Una manifestazione che si è svolta con l’iniziale contestazione da parte di un gruppo di Casa Pound, che al grido di «Vergogna, avete ucciso due volte!» ha acceso i fumogeni del tricolore.

«La Memoria è un dovere morale, civile, politico – evidenzia il vicepresidente del consiglio e ministro degli affari esteri, l’onorevole Antonio Tajani – ma non significa in alcun modo riaprire antichi conflitti». Un ricordo che possa piuttosto essere monito e spinta a un’intesa duratura, che consenta di «avvertire ancora di più il grande valore della pace, della convivenza operosa e cordiale fra popoli diversi ma uniti da una comune identità europea».

«Un’iniziativa di riflessione e riconciliazione, questa dev’essere la parola chiave – ha ripetuto invece la presidente del comitato provinciale Anvgd Maria Grazia Ziberna – Chi abita queste terre ha ereditato un pesante passato. È tempo di superare le opposizioni ammettendo le colpe del fascismo e le violenze degli anni ’20 e ’30 subite da sloveni e croati e poi, a partire dal ’41, dopo l’occupazione della Jugoslavia da parte dei nazifascisti, sottolineando il valore della lotta dei partigiani che hanno combattuto per liberarsi dal nazifascismo», pur senza dimenticare «crimini commessi dai partigiani e dal maresciallo Tito».

E citando il presidente Mattarella ha ricordato come l’Unione europea sia nata «per contrapporre ai totalitarismi del Novecento una prospettiva di pace nella democrazia e nella libertà», costruendo «non più barriere e frontiere, ma strade e ponti». Sulla falsariga del “Se non ora, quando?” di Primo Levi, le due comunità hanno ritenuto improcrastinabile il gesto di riconciliazione per «ricordare, ammettendo le reciproche colpe – spiega Maria Grazia Ziberna – Rispettando, perdonando. Solo così potremo avere un futuro di pace, considerando Go!2025 come pietra miliare di questo processo di amicizia».

Anche secondo il sindaco si tratta di «un passo piccolo, ma importante per le comunità del confine orientale». Un processo di riavvicinamento per il quale «chi governa ha l’obbligo morale ed etico di accelerare questi processi», rimarca. Mentre il rappresentante della comunità slovena Walter Bandelj ha voluto rammentare l’importanza del «lavorare insieme per la pacificazione». Una coesione che, grazie al lavoro svolto con il comune di Gorizia, esporrà le due città ai riflettori del mondo. Dal canto suo il segretario di Skgz Livio Semolič osserva come «oggi non parliamo di storia, ma stiamo facendo la Storia».

«uL’essere usciti dalle molteplici tragedie che hanno colpito il nostro territorio, dalle divisioni e dalle polemiche di questi giorni, e aver organizzato quest’evento con il massimo rispetto della sensibilità di ciascuno, significa aver compreso davvero l’alto valore della pace e della convivenza». Ne è convinto anche il presidente di FederEsuli Renzo Codarin. «Ormai il nostro Paese ha compreso che siamo vittime di due totalitarismi – specifica – A causa dei quali l’umanità ha perso tanto. Siamo qui nel ricordo di due ragazze che, se non ci fosse stata la guerra avrebbero avuto figli e nipoti. Per anni siamo stati messi gli uni contro gli altri, istriani contro sloveni, entrambi vittime».

Un superamento dei rancori che allontana le guerre, dove rimane fondamentale «raccontare e confrontarsi sulla verità anche nelle scuole», conclude Codarin. Con lo svelamento della targa – in tre lingue, italiano, inglese e sloveno – benedetta da Don Fulvio Marcioni, il parroco ha ripetuto come «abbiamo la testa un po’ dura. “Trda glava”. Facciamo difficoltà a comprendere dove porti la guerra. Siamo ancora qui a ricomporre fratture di ottant’anni fa». Prevista per febbraio l’apposizione di una targa in piazza Fiume, per ricordare i cinquemila esuli provenienti da Istria, Fiume e Dalmazia che diedero origine al Villaggio dell’esule, attuale borgo di Campagnuzza.

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