la lettera
«Non contrapporre la maternità all’interruzione di gravidanza»
Ci scrive un gruppo di volontarie del Centro antiviolenza Sos Rosa di Gorizia, all'indomani dei dati sull'aborto in Italia: i medici-obiettori sono l'82%.
C’è un bel libro del premio Nobel per la letteratura Annie Ernaux che si intitola L’evento, di cui è uscita nel 2021 la riduzione cinematografica per la regia di Audrey Diwan. Il libro (e il film) parla della sua esperienza di donna che si ritrova ad abortire quando l’aborto era ancora una pratica illegale. Annie parte da sé, una pratica riconosciuta e fondante del femminismo italiano, che è il tentativo di pensare le cose non in base a una rappresentazione (che rischia di diventare un’etichetta) ma in base a un rapporto vissuto personalmente e reso esplicito.
L’aborto è stata un’esperienza che ha segnato profondamente la sua esistenza, ma tematizzando l’aborto in letteratura Ernaux ha parlato a nome di tutte le donne, in particolare di quelle che in passato non hanno avuto voce, affinché non venissero dimenticate. “Avevo il desiderio di rompere il silenzio, anche per mettere in discussione l’aborto come l’emblema della vergogna femminile”. Infatti, quando si parla di aborto c’è un’unica narrazione predominante, c’è una retorica precisa che è quella del dolore, del senso di colpa, del trauma, come se fosse considerato alla stregua di un omicidio. “Se stai male, è perché ti vergogni di quello che hai fatto e devi stare zitta”.
Con questo non vogliamo negare che ci sia in alcune donne una grande sofferenza, ma è soprattutto lo stigma, la condanna sociale che genera sofferenza, come se l’aborto non fosse un diritto sancito dalla legge. Fare figli non è più un destino ma una scelta fatta in piena consapevolezza, in quanto la maternità è legata alla libertà e al desiderio. Per questo non ha senso contrapporre la maternità all’interruzione di gravidanza, come se l’aborto negasse il voler essere madre in assoluto, o difendere ciecamente l’embrione senza parlare del dopo: cosa succederà a quel bambino e a quella madre dopo il parto?
Il tema dell’interruzione di gravidanza ci interroga sulle condizioni in cui la vita è vivibile, non una vita in astratto, ma la vita a partire dalle sue condizioni sociali, economiche, storiche. Il corpo delle donne è stato il campo di battaglia prioritario contro il patriarcato, il quale cerca di rivendicarlo come proprietà collettiva da normare e sorvegliare in ogni aspetto: estetico, etico, riproduttivo. La battaglia per l’aborto diventa, quindi, significativa anche come spazio politico che parte dalla liberazione del corpo per liberare tutto il resto.
Concludiamo queste brevi note con le parole di Annie Ernaux: “Per dare un senso a un evento così violento, vietato, considerato alla stregua di un crimine bisogna tornare su di sé, ed è quanto mi ha permesso la scrittura. Ed è stato allora che ho tracciato un legame tra quell’aborto e il desiderio di maternità che ho provato in seguito, la possibilità di far comunicare la ragazza che desiderava laurearsi e la giovane donna che pensava di diventare anche madre”.
Un gruppo di volontarie del CentroAntiviolenza SOS Rosa di Gorizia
Nella foto: corteo a favore del diritto di abortire a Verona (foto Mirko Barbieri/BPE)
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