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La nascita del Sacro Cuore a Gorizia, quel dibattito sulle chiese in città
Le diverse opinioni raccontate dalla stampa dell'epoca, in una città in espansione.
2 dicembre 1911. Venne posta la prima pietra della Chiesa del Sacro Cuore in un fondo acquistato in via Cesare Lombroso, il grande evento fu presieduto dal Principe Arcivescovo Francesco Borgia Sedej. Sullo speciale La Chiesa del Sacro Cuore del 2 dicembre 1911 si leggeva: col deliberato, preso nella seduta del 3 novembre p. p., di fissare per il collocamento della prima pietra l’auspicata giornata di oggi, sessantesimo terzo anniversario dell’avvenimento in trono di S. M. il nostro augusto Sovrano Francesco Giuseppe I, la questione dell’erezione della chiesa del Sacro Cuore sul fondo situato fra le parallele Cesare Lombroso e Giacomo Leopardi è entrata, laddiomercè, in una fase nuova che vorrà essere di buon augurio per il non lontano compimento dell’opera.
Sì oggi sabato due dicembre 1911, vale a dire dopo più di un ventennio di consulti e di pratiche, di promesse e di ripulse, di nobili slanci e d’involontari indugi: oggi stesso per opera del Reverendissimo Presule della nostra Arcidiocesi sarà posta e benedetta la prima pietra di un tempio che, sacrato alò Divin Cuore di Gesù, doveva sorgere, conforme l’idea dei promotori e secondo la volontà di migliaia di concittadini e comprovinciali, sull’area del preesistito cimitero dove riposano le ceneri dè nostri vescovi e dei nostri antenati, e che sorgerà in quella vece in un rione il quale, meno discosto dal centro, va rapidamente aumentando di case e di abitanti e s’avvantaggerà di molto con la iniziata fabbrica di una casa di Dio.
Sulla stampa locale dell’epoca, a partire dal 1890, si inziò a parlare con grande frequenza del tempio che sarebbe sorto sull’area dell’antico cimitero (oggi Parco della Rimembranza) concessa alla Curia dal Comune nella seduta consigliare del 28 febbraio 1891. Inizialmente l’edificio sacro doveva essere completato e consacrato in occasione del grande giubileo imperiale (i cinquant’anni di Regno di Francesco I il 2 dicembre 1898), lo ricorda anche il giornale cattolico “L’Eco del Litorale” del 12 dicembre 1894: “il Comitato per l’erezione della Chiesa del SS. Cuore di Gesù in Gorizia esprime caldi voti, affinché il nuovo tempio venga benedetto il giorno 2 dicembre 1898 in cui si compiono i cinquant’anni di regno di Sua Maestà l’Augustissimo Imperatore Francesco Giuseppe Primo, perché in sì lieta ricorrenza s’innalzino dai fedeli tutti della nostra Provincia le più fervide preghiere al Cuore Divino per la conservazione e prosperità dell’amatissimo Sovrano, e la nuova chiesa si colleghi così alla celebrazione e alla memoria di questo bramato avvenimento”.
L’8 dicembre 1895 su un fascicolo dedicato alla chiesa del Sacro Cuore si legge “il progetto della nuova Chiesa, ultimo lavoro dell’architetto Emilio Pelican, morto nel febbraio del 1894, è stato favorevolmente giudicato dall’illustre architetto prof. Enrico Nordio, e venne pure lodato ed approvato dal Consiglio della nostra città. L’autore prescelse per la nuova Chiesa lo stile romanzo o romanico, stile, che per l’austera sobrietà della sua ornamentazione e per la vigoria della sua costruzione, è quello che maggiormente s’addice al carattere della Chiesa cristiana. La Chiesa progettata, il cui dispendio totale ascenderebbe a circa 130 mila fiorini avrà lunghezza di metri 65, la larghezza di metri 30 e l’altezza (alla navata di mezzo) di metri 25 [...] l’edifico ha estensione di metri quadri 15730”.
Nel 1896 l’Arcivescovo Luigi Mattia Zorn fondò il Comitato per l’erezione d’una Chiesa votiva del Ss. Cuore di Gesù al quale venne concesso, presso il Monte di Pietà e annessa Cassa di risparmio, un credito di trentasettemila fiorini verso garanzie presentate per egual somma da diversi Signori. La grande opera portava però con sé non poche polemiche, soprattutto tra i liberali e gli anticlericali, proprio per gli enormi sforzi economici; si legge su “Il Piccolo della sera” dell’11 gennaio 1896 “Gradisca 10. – Una proposta clericale. Si dice che nella prossima seduta comunale un consigliere del partito clericale sia intenzionato di proporre al Consiglio che il nostro Comune voglia elargire qualche somma al comitato per l’erezione della nuova chiesa a Gorizia. Se consideriamo il cattivo stato delle finanze del nostro Comune, si deve ritenere che il Consiglio non accoglierà tale proposta. Se si trattasse di un’opera di carità, ogni sacrifizio sarebbe lodato, ma noi conosciamo troppo bene le mire del noto slavofilo comitato”.
Le polemiche continuano feroci negli anni seguenti; Vienna stabilì la costruzione di nove chiese e il Comitato pensò di usufruire di quel contributo per il Sacro Cuore, così sulla stampa locale imperversò una grande battaglia dialettica. Il “Corriere di Gorizia” del 24 aprile 1897 scrive: “i lettori mi perdoneranno se non mi conformo all’esempio e non torno a sciorinare le ragioni perché i cittadini non si capacitarono che quella chiesa fosse un bisogno, i motivi miei tanto detti e ridetti sarebbero rancidi come i piagnistei della Eco [l’Eco del Litorale nda.]. Solo dirò che essa nel pubblicare quella notizia si dà da sola la zappa sui piedi perché dice: per ogni chiesa è preventivato l’importo di quattrocentomila fiorini. Si badi che il corsivo è della Eco.
Ora io domando: ha il comitato i denari per la costruzione o si vuole forse dal nostro povero Comune? Se il Comitato li aveva il Consiglio comunale non sarebbe stato in obbligo a concedere l’area promessa? E non gliela avrebbe forse data? Del resto si vede che le chiese possono farsi per scopi elettorali, come ora a Vienna. L’iniziale idea di consacrare la chiesa per i cinquant’anni di Regno sfumò in breve e lo stesso “Corriere di Gorizia” si accanisce “quella chiesa in spe, che per il 1898 intanto sarebbe stata nulla più che uno sconcio deposito di calcinacci, quella bruttura artistica ed edilizia che con venti o trentamila fiorini sarebbe poi risultata, bel monumento! E se si aveva i danari, perché non farla altrove quella Basilica, quel tempio grandioso che avevate architettato sulla carta?”.
La stampa di quel periodo è ricchissima di notizie e polemiche, di dibattito tra partiti, laici e cattolici. Su “La Sera” del 3 aprile 1896, supplemento del “Mattino di Trieste”, ci si chiede “in una città di 24.000 anime esistono diggià 13 templi, mentre non esiste un vero manicomio, non esiste un acquedotto, non esiste un ospitale di beneficenza, ma esistono urgentissimi bisogni ai quali le finanze del Comune non arrivano a sopperire, la massima parte della popolazione e dei consiglieri comunali erano d’avviso che si respingesse la domanda che involveva la donazione di un’area di terreno valutata da 20 – 30 mila fiorini.
Ma si paventavano le ire dei clericali e pur volendo dare uno schiaffo alle convinzioni dei liberali, si decise di dir quasi di sì in una forma che suonasse di no, deliberando di constatare che il comitato della Chiesa non aveva adempiuto gli obblighi assunti, e facendogli la proposta di pur tuttavia regalargli il terreno richiesto, purché entro il 1897 la fabbrica venisse incominciata e quindi ininterrottamente portata a termine, ed il comitato annuì acchè il patronato della Chiesa venga assunto dal municipio”.
Ma la situazione sembra non trovare soluzione. Anche monsignor Luigi Faidutti, consigliere comunale, entrò nella questione della chiesa del Sacro Cuore e il 30 novembre 1902 apparve sul “Popolo” un lungo memoriale inerente tutte le vicissitudini fino a quel punto accadute, e Faidutti, in modo positivo e convincente, diede una sua interpretazione: “ma se sempre nuovi motivi ci spronano a volere la nuova Chiesa, nuovi ostacoli le si andavano suscitando fino a oggi, che questi ostacoli si vorrebbero moltiplicare – per motivi futili, da chi – o non vuole chiese o se ne occupa solo per trastullo o per dare sfogo a mal represso risentimento. E sia pure! Ma la questione della Chiesa del Sacro Cuore vive ancora, e molti, i più, la desiderano ardentemente. Sorgerà? Ne abbiamo tutta la fiducia”.
Nella foto: la chiesa del Sacro Cuore nel 1940 (Fondazione Carigo/Collezione Mischou)
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