La testimonianza
Nahida, giovane bengalese in strada a Monfalcone: «Vogliamo integrazione»
La giovane ha 27 anni e chiede ascolto, rispetto reciproco per vivere in maniera pacifica e l'impegno per favorire i corsi di italiano. Le sue proposte.
Il 23 dicembre è passato. Il corteo dell’antivigilia di Natale, organizzato dalle comunità musulmane di Monfalcone, ha espresso le sue voci - ormai ben note – contro ogni tipo di divisione sociale e religiosa. Altrettanto più volte ha fatto il sindaco Anna Maria Cisint, che ha ribadito lo stesso giorno la sua posizione richiamando queste persone al rispetto delle leggi italiane. Il confronto tra le parti ad un tavolo è necessario anche se l’invito al dialogo tra islamici e sindaco sembra sia in costante salita.
In merito alla questione, tra i commenti del post manifestazione, negli ultimi giorni è stata addirittura scomodata la “furbata delle convergenze parallele” di democristiana memoria. Come negare che l’accostamento dei due termini è di fatto un ossimoro? Euclide docet: due rette parallele non possono mai convergere. Ma a Monfalcone esistono due partiti che convergono su alcuni punti, pur mantenendo una sostanziale distanza nella linea politica? Dirlo è quasi impossibile, ma sembra di no, essendo arrivati ad una estrema polarizzazione delle posizioni tra città e comunità musulmana.
Chi parla di crociata non aiuta a stemperare il clima, tantomeno chi ci definisce “il laboratorio d’Italia” . Monfalcone non è certo la prima a sperimentare e vivere questa fase. Adesioni, dubbi, silenzi ed assenze sono legittime – non tocca a noi giudicare - ma due aspetti sono certi e vanno assicurati. Il primo è la garanzia della legalità accompagnata ad un abbassamento generale dei toni. Il secondo aspetto – richiamato in particolare dal mondo del centrosinistra cittadino – è il patto di comunità volto alla programmazione di politiche di integrazione concrete.
Nel 2024 ormai alle porte, sarà possibile una mediazione capace di portare a risultati? Per andare in questa direzione, abbiamo ritenuto di offrirvi una ulteriore testimonianza, un’altra storia che fa eco alla manifestazione di sabato scorso. Uno spunto interessante ed utile che potrebbe contribuire ad avviare, assieme ad altre opinioni, un dialogo approfondito e rinnovato. Mentre il corteo percorreva le strade cittadine, la nostra Agata Cragnolin ha intervistato una giovane donna bengalese. Si chiama Nahida e ha 27 anni.
Che cosa chiedete oggi manifestando qui oggi?
“Chiediamo di essere rispettati e la collaborazione. Se qualcuno ritiene che noi non siamo disposti a integrarci nella società italiana e monfalconese, noi chiediamo che ci vengano forniti gli strumenti per emanciparci. Se si ritiene che non siamo persone emancipate, come donne o come bengalesi e musulmani, se qualcuno ritiene che non siamo in grado di rispettare le leggi dello Stato italiano, società, modi, costumi, allora chiediamo che ci sia uno sforzo anche da parte degli italiani per offrirci i loro ideali”.
Di cosa sentite di aver bisogno?
“Chi arriva in un Paese che non conosce ha bisogno anche di conoscere, e per poter conoscere il luogo in cui viene accolto deve esserci qualcuno del posto che gli dia informazioni o strumenti, no? Quindi quello che noi vogliamo oggi, e chiediamo, è che i nostri diritti, certi diritti, non vengano calpestati. Noi non vogliamo essere emarginati dal corpo sociale italiano, perché noi facciamo parte dello Stato italiano e ci teniamo a questo posto. Quindi vogliamo vivere in modo pacifico, rispettando e di conseguenza essendo rispettati. Questo è quello che io posso dire da parte mia".
Le sembra che ci siano persone della comunità islamica o altre comunità straniere che hanno difficoltà ad imparare l’italiano o non hanno i mezzi per farlo? Imparare la lingua è il primo passo per andare verso l’integrazione…
“Intanto, per me non dovrebbero essere presenti due termini insieme: cioè la religione e la cultura, perché non tutti i musulmani hanno la stessa cultura, ci sono delle varianti, quindi io preferirei rispondere riferendomi alla comunità bengalese presente a Monfalcone. Come in tutti i contesti e in tutti i Paesi ci sono persone che non hanno voglia per vari motivi, che io non conosco, però la maggior parte della gente si sta impegnando e vuole integrarsi”.
“Bisogna anche vedere cosa c’è dietro – continua Naida - lo sforzo che uno deve fare è molto grande. Soprattutto per persone che vengono da un paese come il Bangladesh, dove manca l’alfabetizzazione, è molto bassa in percentuale. Per gli adulti che vengono qua e non conoscono l’alfabeto, e quindi devono mettersi a imparare una lingua, non è facile. Se sono bambini piccoli, o ragazzini, va bene perché vengono mandati a scuola. Ma se hai figli devi correre da una scuola all’altra o a lavoro, quello che si può fare si cerca di farlo, no?”
“Per esempio, come dicevo, l’amministrazione ha la responsabilità dei cittadini del Comune in cui risiedono e dovrebbe offrire i servizi e delle soluzioni. Al Cpia non ci sono abbastanza posti e la comunità qua è grande, siamo in tanti, quindi bisogna anche cercare di venirci incontro per poter facilitare questo inserimento e favorire l’integrazione. Non basta solo dire ‘Eh, non si integrano’, ma bisogna anche analizzare i fatti per poter offrire ciò di cui abbiamo bisogno perché siamo cittadini anche noi, non solo gli italiani, e stiamo contribuendo a Monfalcone anche a livello economico, sociale e politico”.
Ha collaborato Agata Cragnolin
Rimani sempre aggiornato sulle ultime notizie dal Territorio, iscriviti al nostro canale Telegram, seguici su Facebook o su Instagram! Per segnalazioni (anche Whatsapp e Telegram) la redazione de Il Goriziano è contattabile al +39 328 663 0311.