la storia
Fiumicello, quelle radici di don Bison e monsignor Perosi nella musica
Ferruccio Tassin ricorda i due sacerdoti, legati al territorio della Bassa Friulana.
Fra monsignor Bison, Fiumicello e Lorenzo Perosi, collegamenti e anniversari non sono per nulla artificiosi, ma non si deve tenersi stretti ai numeri degli anni. Tre elementi uniscono tempi e personaggi: i paesi, le persone e, soprattutto, la musica. Nato ad Albignasego (Padova) nel 1908, studi liceali al seminario di Padova, poi Giuseppe Bison si trasferisce a Gorizia agli studi teologici; è consacrato sacerdote nel 1935 dall’arcivescovo Carlo Margotti. Già da studente, è nota la sua passione per la musica sacra. Trascorre i primi anni in cura d’anime a San Lorenzo di Fiumicello.
Un triennio a San Martin del Carso e Poggio, poi i due incarichi della vita: Villesse (1941-1958), e San Valentino di Fiumicello (1958-1975), infine la quiescenza alla cappella Baciocchi di Villa Vicentina, fino alla morte 1991; il riposo eterno nel paese natio, accanto ai genitori. Quando prese possesso della chiesa di San Rocco a Villesse, un santo si spostava da Villesse a San Valentino: don Francesco Panzera. Non di rado, come ebbe a dire un sacerdote, sulla schiera dei leviti cade un silenzio impressionante.
Su don Bison, no, merito dei Fiumicellesi, dei Villessini e di quelli di Villa: 20 anni fa, a 10 anni dalla morte, a Villesse e Fiumicello fu presentato un libro per l’anniversario. Si trattava di un libro positivo con testimonianze a più voci. Era nato da polemiche su interpretazioni storiografiche diverse riguardo la sua opera di sacerdote, con peso in politica. Lo avevo conosciuto come “verus Israelita in quo dolus non est”, un’anima candida, un uomo di preghiera, sempre così descritto dai superiori, ma anche uomo di azione e di realizzazioni.
Vediamo il legame con Lorenzo Perosi, un grandissimo musicista (Tortona 1872-Roma 1956), pure lui sacerdote, un rinnovatore della musica sacra. Non mancano documenti su don Bison: lettere, memoriali, un polposo curriculum vitae, e poi la stampa, che lui curava con attenzione, grazie a qualche collaboratore sostanzioso. Ci sono raffiche di articoli sulla parrocchia vilessina di Giuseppe Bison. Siamo negli Anni Cinquanta. Sia nei documenti che nella stampa, oltre che la sua capacità per mettere in moto persone e associazioni, financo sportive, appare la sua passione per la musica e, in particolare, per il Perosi.
La passione per la musica era tale, che dichiarò il sogno di celebrate messa cantata tutti i giorni! Don Francesco Spessot, decano di Gradisca, nel 1952, tracciando un ritratto di don Bison, annota. “Si presta particolarmente per l’esecuzione in chiesa del canto liturgico”. Evidentemente, seguiva le direttive del breve apostolico (Pio X) “Inter pastoralis officii sollicitudines”, del 1903, fondamentale per la riforma della musica sacra, la cosiddetta “Riforma Ceciliana”, in cui ebbe mano decisiva un gesuita nato a Trieste, il padr Angelo De Santis.
Fu a lungo “l’angelo custode” del Perosi, il quale, oltre che aver avuto parte nella riforma, si mise subito in quella scia. Nel curriculum vitae di don Bison, fra i documenti per un concorso, dichiara. “…mi occupai sempre ed assai curai la schola cantorum portando ad eseguire le messe Pontificalis I e II, [e] l’Eucharistica”. E il coro a Fiumicello? Sempre nel curriculum citato (1952), segnala, don Bison, di aver fondato, a S. Lorenzo di Fiumicello, due cantorie, evidentemente una virile e una femminile. Poi, lui parroco di San Valentino, nasce il coro: prima di chiesa, poi a maggiore raggio d’azione e più vasto repertorio.
Le origini: 1950, prima volta con l’Eucharistica di Perosi, all’organo Gigi Rusin, alla direzione don Carmelo Weffort, e il fratello il prof. Battista Weffort. Poi direzione, per breve tempo, di Ferruccio Dreossi, quindi i m.i Secondo Del Bianco, Franco Ciut e, dal 1979, Italo Montiglio. Il nome del coro (padrino don Bison) “Lorenzo Perosi” viene da quello di chiesa; con tale nome, esordisce nella sala parrocchiale il 24 aprile 1970. Oltre a un repertorio profano, vengono eseguite alcune parti della Cerviana di Perosi (dal 2000, il coro virile si completerà in coro misto).
Il legame con Perosi è stretto fin dall’intitolazione; nel 1972, ne viene celebrato il centenario: messa diretta dal m.o Italo Del Bianco e discorso del padre Umbertino dei frati di Barbana. Il raggio d’azione si amplia come i cerchi nell’acqua. Sotto la sanguigna e colta direzione del m.o Montiglio, si va anche all’estero. Merita ricordare i momenti di solidarietà del coro, al tempo del terremoto a Buia e Moggio, poi su fino alla partecipazione, con altri cori, ad un evento internazionale d’altissimo livello: coi Presidenti della Repubblica italiana e di quella slovena nel 2010 a Trieste, sotto la direzione del maestro Riccardo Muti.
Qual è il legame con i 150 anni dalla nascita di don Lorenzo Perosi, tra don Bison e la nascita e la vita del coro “Lorenzo Perosi”? L’aver saputo creare un legame con la gente, in nome di quel grande musicista, che Arturo Toscanini consigliò “…non cambi una sola nota di tutto ciò che ha scritto, perché il profumo della sua musica sta tutto nella semplicità”. Nella Bassa Friulana, Perosi furoreggiò in tutte le cantorie, in qualcuna è ricordato ancora. La memoria si sta allontanando con il finire di numerosi cori in questo difficile ultimo periodo.
Di Perosi ora si stanno riscoprendo i tanti oratorii e la musica per strumenti. Questo personaggio studiò a Ratisbona, e studiò le voci di riforma che venivano dalla Francia, diventò maestro di cappella a Imola, poi a San Marco (Venezia), dove strinse amicizia col card. Giuseppe Sarto. Divenuto Papa Pio X, Giuseppe Sarto lo volle a capo della Cappella Sistina, anche là Perosi fu un riformatore, scrollando incrostazioni di mode superate. Il coro Lorenzo Perosi, ora diretto dal maestro Fulvia Miniussi, continua con questo glorioso nome, la sua vita e la sua missione.
Il coro che molto spesso (anche in maniera sistematica) ha fatto sentire la sua voce nella basilica di Aquileia, dunque non un coro locale, ma col respiro mediterraneo che Aquileia richiama e con le voci che vengono dall’Europa, un coro capace di ricordare un umile passato, perché capace di guardare ancora ad un futuro tutto da scrivere.
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