Matrimoni dietro le sbarre, viaggio in due storie d'amore tra Gorizia e Gradisca

Matrimoni dietro le sbarre, viaggio in due storie d'amore tra Gorizia e Gradisca

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Matrimoni dietro le sbarre, viaggio in due storie d'amore tra Gorizia e Gradisca

Di Daniele Tibaldi • Pubblicato il 10 Mag 2024
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Nelle scorse settimane ci sono state ben due unioni celebrate sul territorio, in un contesto piuttosto anomalo tra il carcere e il Cpr. Le storie.

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Se sono in molti a scherzare bonariamente sul matrimonio, visto come una sentenza di condanna all’ergastolo, certamente molti di meno sono quelli che hanno scelto di sposarsi proprio durante il soggiorno forzato in una struttura detentiva. «In effetti si tratta di un fenomeno piuttosto raro, sebbene consentito dalla legge», conferma l’avvocata Chiara Russo di Gorizia, che solo lo scorso aprile ha coronato il sogno dei suoi assistiti di unirsi in matrimonio ancorché ristretti.

Il primo matrimonio con rito civile è stato celebrato nella casa circondariale “Angelo Bigazzi” di Gorizia lo scorso 5 aprile, mentre il secondo, avvenuto il 19 aprile, ha riguardato un trattenuto al Centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr) di Gradisca d’Isonzo. E in entrambi i casi – ulteriore coincidenza – si è trattato di unioni tra cittadini marocchini, senza permesso di soggiorno, con cittadine italiane. La prima celebrazione ha infatti riguardato il marocchino A.E.J. e l’italiana S.L., entrambi residenti a Forte dei Marmi, mentre la seconda ha visto unirsi in matrimonio il marocchino I.L. con la ferrarese R.G..

Il primo matrimonio
A.E.J., in realtà, è stato anche lui ospite del Cpr isontino per un certo tempo, finché non è stata riscontrata una condanna definitiva a suo carico per un reato in materia di stupefacenti. Ragione, quest’ultima, del suo trasferimento alla casa circondariale di Gorizia, essendo il carcere più prossimo al luogo del ritrovamento.

A officiare l’unione, celebrata in uno degli uffici del Bigazzi, è stata l’assessore al Welfare Silvana Romano, affiancata dalla segretaria comunale Maria Grazia De Rosa. «Nonostante l’austerità dell’ambiente, l’atmosfera era molto serena grazie all’evidente emozione dei due sposi», racconta la legale. Oggi A.E.J. si trova nel carcere di Rovigo, dove dovrà scontare ancora qualche anno di pena; tuttavia, «confido – l’auspicio di Russo –, anche in ragione della sua buona condotta, nel fatto che il Tribunale di sorveglianza accolga l’istanza per l’adozione di misure alternative alla custodia cautelare».

La seconda unione
Le altre nozze, invece, hanno avuto luogo in un contesto certamente più tradizionale, essendosi celebrate nella cornice seicentesca di Palazzo Torriani, sede del Comune di Gradisca d’Isonzo. Per l’occasione erano giunti da Reggio Emilia anche i genitori di I.L., la sorella, il fratello e due cugini, tutti originari del Marocco e regolarmente residenti in Italia. Oltre a loro e al legale, hanno assistito alla cerimonia, officiata dall’assessore ai Servizi socioassistenziali Sergio Bianchin, un’infermiera e un mediatore culturale del Cpr, con la discreta presenza di due carabinieri, in borghese, per la sorveglianza durante l’uscita dal Centro.

Concluso il rito nuziale, l’aggiornamento dello stato civile dei due novelli sposi ha subito prodotto i suoi primi effetti. Per I.L., infatti, non è stato più necessario ritornare nella struttura in cui era trattenuto in attesa dell’espulsione, avendo ricevuto l’invito a presentarsi alla Questura di Ferrara per regolarizzare la propria posizione sul territorio nazionale. Così la coppia ha potuto rientrare insieme, dopo una breve sosta per la luna di miele a Venezia, in Emilia Romagna, dove, peraltro, I.L. risulta aver già trovato un impiego.

Il permesso di soggiorno
Si presume che, come nel caso di I.L., anche l’altro marocchino, A.E.J., una volta finito di scontare la pena, potrà restare in Italia. Stando al comma 2 dell’articolo 19 del Testo unico sull’immigrazione, infatti, non è consentita l’espulsione di «stranieri conviventi con parenti entro il secondo grado o con il coniuge, di nazionalità italiana». Quindi, «se avrà esito positivo il breve periodo di osservazione a cui saranno sottoposti per verificare la genuinità del matrimonio, per entrambi cesserà la minaccia incombente del rimpatrio forzato in Marocco», con il coronamento delle loro unioni.

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