l'incontro
La battaglia contro l’endometriosi, 260mila donne ammalate in Fvg
Ieri la serata dedicata alla salute delle donne, la richiesta alla Regione di rendere gratuito il farmaco ma nulla è stato ancora fatto.
Uno schiaffo che porti “fortuna per tutta la vita”. Così viene accolta la tredicenne Anne, quando esordisce con la frase “Mamma! Mi sono venute le mie cose!” nel film “Gazzosa alla menta” di Diane Kurys. Anne è impaziente di diventare “una donna”. Ma tutte le donne del mondo, dal primo menarca alla conclusiva menopausa, possono soffrire di endometriosi. Si è svolto ieri sera presso la sala Dora Bassi a Gorizia, l’incontro “La salute della Donna: le patologie in-visibili”.
Voluto da GoriziAttiva e in collaborazione con l’Associazione endometriosi Fvg, si è incentrato su una delle malattie più subdole che possono verificarsi in età fertile. “È una tematica prettamente femminile – ha sottolineato il presidente Pierpaolo Martina. Questa sera diamo voce a un’associazione che si batte per il riconoscimento di questa tematica, c’è dietro una storia d’incomprensioni, per chi ne soffre. Come associazione cerchiamo di renderci utili, per dare occasione anche alle amministrazioni locali di comprendere".
Perché il principio nostro è non lasciare indietro nessuno. E una comunità che si renda attenta alle necessità di tutti diventa una comunità veramente accogliente”. Dopo aver ricordato la conclusione dell’evento sull’amianto nella giornata di sabato – con la visita al museo della cantieristica e la Fincantieri – la vicepresidente Lucia Samero ha introdotto la serata dedicata alla donna. A intervenire anche il consigliere Antonio Calligaris, che portando i saluti del presidente del consiglio regionale Mauro Bordin, ha ammesso di conoscere bene la tematica.
“Nell’assestamento di bilancio di luglio abbiamo lavorato a un emendamento per sostenere le associazioni. La vostra attività è un valore aggiunto per la sanità pubblica”. Anche l’assessore Sara Filisetti ha elogiato “l’attività capillare sul territorio”, augurandosi che venga proposta poi nelle scuole, dove spesso “le ragazze rinunciano”, senza conoscere la natura del dolore. Cinzia Bottò dell’Aisf ha invece evidenziato la comorbidità con la fibromialgia.
Ma che cos’è l’endometriosi? È la presenza di tessuto in sedi esterne all’utero, che può interessare una donna su dieci, con danni permanenti e pesanti ripercussioni psicologiche. Una patologia invalidante inserita nei Lea nel 2017, tuttavia con scarso supporto alle pazienti, abbandonate al dolore cronico e cure non sovvenzionate dal sistema sanitario. “In regione ci sono 259.056 donne ammalate, in Italia 3 milioni”, ricorda la presidente Sonia Manente. “Sostenibilità e benessere sono uno degli obiettivi dell’agenda 2030, ma la salute non è ancora centrale, ci sono tuttora diagnosi tardive” ha ribadito.
Di qui l’importanza delle associazioni, e delle “tante persone che devono attivarsi”. Un’associazione che per dieci anni ha portato informazione nelle scuole, coinvolgendo 75mila studenti. “I Lea dovrebbero essere migliorati, il codice 063 concede benefici discutibili, inutili per il lavoro”, aggiunge. “Abbiamo scritto a Fedriga, chiedendo qualche farmaco gratuito”, ma la richiesta è rimasta inascoltata e le donne non hanno alcun riconoscimento a supporto professionale. Diversi i sintomi, correlati alla stadiazione come spiegato dalla dottoressa Lara Sancin.
L’infertilità può essere una spia, ma non solo: si può andare incontro ad anemie per emorragie importanti, oppure a sindromi intestinali e urinarie. Conseguenza dolorosa – sporadica – è lo pneumotorace catameniale, con fitte simili a lame nel petto, che spingono la donna a continui accessi in pronto soccorso. Diagnosi inadeguate da cui spesso emerge una “malata immaginaria”, costringendo la donna a interiorizzare la propria sofferenza. “Farsi credere è la difficoltà più importante”, ha sottolineato la dottoressa Roberta Chersevani. Che ha parlato di “magma, lava incandescente” facendo riferimento alle lesioni invisibili, ma talvolta atroci.
Una diagnosi per la quale si stima passino almeno una decina d’anni, con la malattia ormai in stadio avanzato. Pur senza condurre alla morte, l’endometriosi peggiora la qualità dell'esistenza, con ricadute sulla vita affettiva e lavorativa delle pazienti. Un inferno contro cui l’unica arma a disposizione - oltre alla ricerca - è l’informazione. Corsi di aggiornamento da dedicare ai medici di base, o campagne informative di cui il Ministero della Salute dovrebbe farsi carico, per poter raggiungere l’intera popolazione. Centrale la presenza del dottor Matteo Ceccarello, ginecologo dell’ospedale “Sacro Cuore” di Negrar, al quale abbiamo posto alcune domande al margine dell’incontro.
Molto spesso si raggiunge una diagnosi con estremo ritardo. Sarebbero utili corsi di aggiornamento mirati a medici di base e di pronto soccorso?
Sicuramente sarebbe utile, ma le stesse associazioni di pazienti riescono a far parlare di endometriosi. Bisognerebbe fare molta più prevenzione anche nelle scuole. Il ritardo diagnostico porta a quadri molto importanti, e sicuramente una sensibilizzazione con il pediatra di libera scelta e con i medici di base sarebbe utile. Noi abbiamo fatto una serie di corsi con Agenas – Agenzia Nazionale per i servizi sanitari regionali -, con corsi online dedicati anche ai medici di base e ai pediatri. Sono stati selezionati circa cinquanta sessanta specialisti in tutta Italia. Per offrire maggiore informazione”.
Si potrebbe proporre anche alle scuole?
C’è già, è stato un progetto promosso dal Ministero della Salute, in collaborazione con Agenas e con gli specialisti. Anche in questo le associazioni di pazienti sono fondamentali, come trait d’union”.
L’isterectomia è risolutiva?
Se una donna è molto sintomatica, ha tanta endometriosi intorno all’utero, togliere solo l’utero non è un intervento risolutivo. Anche in menopausa, in molti casi il tessuto continua a proliferare non per gli ormoni, ma perché il tessuto diventa fibroso e i fibroblasti continuano a proliferare.
Perché i Lea coprono solo le visite essenziali?
È una bella domanda a cui non so rispondere. Bisogna tener conto che chi ha l’esenzione per endometriosi severa deve pagarsi la pillola, mentre chi ha il diabete non si paga l’insulina. È un discorso italiano, siamo un po’ indietro.
A che punto siamo con la ricerca?
La ricerca continua. Purtroppo, è una malattia multifattoriale, con componenti genetiche, immunitarie, ambientali. Messaggio da declinare in ogni forma resta allora la diagnosi precoce e l’ascolto delle pazienti, fin dall’adolescenza. Affinché le donne non siano più prigioniere di questa malattia, ma possano fiorire come donne, ha concluso Sancin.
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