LA LETTERA
Toccare il piede nudo del Partigiano: quel rito al monumento per la Resistenza a Ronchi
Dall’autore arriva un invito a riflettere sulla centralità storica di questa statua di cui viene ripercorsa la storia.
Ci scrive Marco Barone ripercorrendo la storia del monumento dedicato alla Resistenza in piazza dell’Unità a Ronchi dei Legionari. Dall’autore arriva un invito a riflettere sulla centralità storica di questa statua, mentre oggi si tende ad affidarsi a riti e consuetudini ben lontani dal senso vero di quanto vediamo nelle principali piazze e centri storici delle nostre città. SF
Città che vai, leggenda o ritualità che troverai. A Trieste, per esempio, attraversando la galleria della strada più bella d'Italia, la costiera, si suona tre volte il clacson, a Verona, vi è il rito di toccare la statua di Giulietta. Un gesto che da qualche tempo, non si sa esattamente da quando, è emerso anche a Ronchi ed interessa il monumento alla Resistenza della centralissima piazza dell'Unità d'Italia. Una statua che ha oltre mezzo secolo di vita. Però, prima di parlare di questa ritualità, facciamo una breve ricostruzione della storia di questo manufatto che ha pochi eguali in Italia, visto il primato che ha questa comunità per il contributo dato nella guerra di liberazione, non a caso Ronchi meriterebbe di essere riconosciuta come Città della Resitenza oltre che del Curling Bisiac.
Nella seduta del 13 febbraio del 1965, con voto unanime, il Consiglio comunale di Ronchi decise di realizzare un Monumento ai caduti della Resistenza e di costruire l'Ossario al centro del cimitero locale. In una lettera formulata dall' Anpi, se da un lato si esprimeva compiacimento e soddisfazione per questa decisione, dall'altro si segnalava il rammarico per la posizione assunta dall'Associazione nazionale combattenti e reduci e dalla Democrazia Cristiana poiché si erano «fatti promotori di iniziative tendenti a dare a Ronchi un solo Monumento dedicato a tutti i caduti».
L'Anpi rispose con tono: «sarebbe falsa carità e mera ipocrisia accettare di accomunare nel ricordo in un solo Monumento tutti i Caduti quando ben si sa che la sostanza di una guerra ai fini dell'interesse nazionale è diametralmente opposta ad un’altra». Ed ancora, pur evidenziandosi il rispetto «che si deve avere di fronte alla morte di qualsiasi, non si può sottacere il fatto che qui in Ronchi, perchè l'Italia fosse una Repubblica, abbia una sua nuova Carta Costituzionale in cui il cittadino, possa finalmente anche se non ancora completamente, definirsi tale, 27 nostri concittadini nella Resistenza attiva abbiano subito 120 anni di carcere, o 30 di confino,che la Resistenza armata abbia dato 400 partigiani combattenti, di cui 192 tra morti e dispersi senza contare le centinaia di collaboratori e patrioti di cui oltre cento internati in Germania».
Ed il senso del Monumento alla Resistenza di Piazza dell'Unità, come veniva comunicato all'Amministrazione Comunale, con una lettera del 16 aprile del 1965 firmato dall' Anpi, dall'Associazione nazionale caduti di guerra, e dall'Associazione nazionale perseguitati politici italiani antifascisti, era ed è «a perenne monito che da quel movimento è sorta l'Italia nuova, quell'Italia che ripudia la guerra e fa della pace il credo della sua vita presente e futura». Dunque, non è stata una passeggiata arrivare a realizzare quel mausoleo, che verrà inaugurato il 30 aprile del 1967, il cui iter attraverserà due diverse amministrazioni comunali. Realizzato con il contributo del Comune di Ronchi, dell'Anpi e con la sottoscrizione volontaria di diversi cittadini. Monumento che riporta in alto la seguente frase: «serrato o popolo intorno al monumento che si chiama ora e sempre resistenza».
Va sottolineato che quella frase è di Calamandrei, ed ha una storia molto particolare. Per l'ottavo anniversario del sacrificio di Duccio Galimberti, eroe nazionale, il 4 dicembre del 1952, venne dettata appositamente una famosa epigrafe, collocata nell'atrio del Palazzo Comunale di Cuneo, come protesta per la scarcerazione del criminale nazista Kesserling. Nel 1947 venne processato per crimini di guerra e venne condannato a morte, poi la condanna fu commutata nel carcere a vita, anche se poi liberato nel 1952 e dopo la sua liberazione disse che gli italiani gli dovevano dedicare un monumento.
Da questa vicenda deriva la nota frase di Calamandrei, nella cui parte finale, però la formulazione corretta è «popolo serrato intorno al monumento che si chiama ora e sempre Resistenza» e non come incisa sul Monumento di Ronchi che è stata adattata evidentemente in “salsa ronchese”. Quale la ritualità allora che interessa questo monumento cittadini? Andando in direzione del Municipio, che venne inaugurato nel 1925 sotto il fascismo, si tocca il piede nudo della statua. Un rito che è una scaramanzia, oppure semplicemente di buon auspicio visti i tempi tutt'altro che pacifici che stanno caratterizzando il nostro mondo? Chissà. Toccare per provare, come già in tanti hanno fatto e continuano a fare...
In foto, la cartolina storica del giorno dell'inaugurazione del monumento alla Resistenza.