La lettera
A Ronchi si assiste ad un fenomenale corto circuito storico. La panchina di Oberdan è profondamente sbagliata
Ci scrive Marco Barone con alcune riflessioni sul progetto di dedicare una panchina nella riqualificazione di Piazza Oberdan da dedicare alla figura storica.
Andare avanti con il passo del gambero. Questo è il significato della panchina dedicata a Guglielmo Oberdan nella piazzetta a costui dedicata a Ronchi. Una cittadina che ultimamente ha visto apparire cartelli addirittura in lingua tedesca, quando qui il tedesco non è una lingua tutelata a livello di minoranza. Invece di leggere Ronke, all'entrata di Ronchi, come sarebbe doveroso, conformemente alla normativa vigente in materia di tutela del bilinguismo visivo, troviamo scritte in tedesco su alcuni segnali stradali ronchesi. La motivazione sarebbe il gemellaggio con Wagna?
Quindi si presume che a Wagna per ricambiare scriveranno via, piazza, nel proprio paese, anche in italiano? O perché qualcuno forse qui parlava il tedesco in passato? Ma in base al censimento austriaco il tedesco a Ronchi era parlato solo da 12 persone! Se oggi a Ronchi il tedesco non lo parla più nessuno e neanche tutelato a livello normativo, nell'ultimo censimento del 1910, nel territorio ronchese, che includeva Ronchi, Vermegliano, Soleschiano e Selz, complessivamente lo parlavano in base alle risultanze dello studio, 12 persone, di cui 10 a Ronchi e 2 a Vermegliano.
Di questo stiamo parlando. Una cittadina che deve il suo passaggio epocale da villaggio rurale a borgata autonoma a quell'Impero Austroungarico che Oberdan odiava più di tutti.
Una cittadina che ha, unicum in tutta Italia, una piazzetta intitolata all'Imperatore Francesco Giuseppe, e che ora avrà una panchina celebrativa, perché di questo si tratta, a chi voleva attentare la vita dell'Imperatore. Oberdan che italianizzò il proprio cognome, da Oberdank, come atto di fedeltà al Regno d'Italia e contro l'odiato Impero asburgico. Fu un terrorista nazionalista, ma dal nazionalismo celebrato come un patriota. Figlio di quella cultura che avrebbe spazzato via la multiculturalità del nostro Territorio, cosa che si verificherà ad esempio con il fascismo.
La targa realizzata a Ronchi che ricorda Oberdan è totalmente illeggibile. Per recuperare il testo bisogna attingere ad alcuni fonti storiche come il prezioso volume di Domini Storia e Documenti da cui si estrapola l'immagine. Nel testo della targa, scritta con l'enfasi di quell'epoca si legge: “Guglielmo Oberdan, martire e cavaliere sublime de l'ideale santamente sacrificato per la libertà ed il diritto da feroce austriaca catena il XX dicembre 1882 in Trieste.
A pena ammonimento vergogna del'Imperio che fu, la popolazione civile di Ronchi che lo ebbe in questa borgata pria de l’arresto incide ne la pietra il proposito di fissare ne gli umani cervelli la fede la forza la ferma volontà che sorresser il biondo triestino ne la vita ne le opere sul palco. Ronchi di Monfalcone 20 dicembre 1920. Bertozzi".
È probabilmente l'unica targa dove si può leggere ancora il nome Ronchi di Monfalcone, che come è noto, per mano del fascismo nel 1925, diventerà Ronchi dei Legionari per omaggiare l'occupazione fiumana per mano dei legionari. Un conto è oggi, in questo terzo millennio, realizzare, come accaduto ad esempio a Monfalcone, ai piedi del monumento dedicato ai legionari, targhe celebrative di eventi scellerati spacciati per atti di amor patrio.
Un conto è restaurare targhe per la memoria storica. La storia non si può cancellare, e nessuno ha intenzione di cancellarla ma va riscritta e soprattutto raccontata in modo diverso rispetto a quanto accaduto nel secolo breve. E non ci vogliono grandi umani cervelli, per capire la differenza. Per questo, a parere dello scrivente, un conto è restaurare la targa collocata nel 1920, senza replicarla perché significherebbe celebrarla.
Giusto restaurarla poiché trattasi di chiara testimonianza storica di un nefasto periodo, dove però ancora si può leggere il vecchio nome di Ronchi, Ronchi di Monfalcone, oltre che tutta quella retorica nazionalistica che ha segnato certamente non il bene di queste terre e che ispirò l'operato del "biondo triestino".
Un conto è celebrare quel personaggio nazionalista dedicandogli addirittura una panchina che ci si augura possa essere rimossa quanto prima, perché profondamente sbagliata o replicare targhe. Questa non è valorizzazione della storia, ma politica tutt'altro che europeista che stona totalmente con il progetto di Gorizia e Nova Gorica capitale europea della cultura, ma si allinea perfettamente con il passo del gambero che ci fa ritornare purtroppo indietro nel secolo breve. Così non va.
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