la lettera
Il peso di San Canzian d'Isonzo nel panorama culturale e nella Bisiacaria
Ci scrive il Comitato Cantia Vera, replicando allo scritto di don Francesco Fragiacomo sul futuro del sagrato della chiesa di San Canzian d'Isonzo.
Ci scrive il Comitato Cantia Vera, replicando allo scritto di don Francesco Fragiacomo sul futuro del sagrato della chiesa di San Canzian d'Isonzo, precisando alcune posizioni contenute nelle richieste della petizione presentata e sottoscritta da 347 cittadini in Comune il 29 novembre scorso. Da una migliore promozione dei beni archeologici all'individuazione della figura di un curatore specializzato, dal ripristino conservativo e l'apertura di Santo Spirito e San Proto al tavolo consultivo ed operativo territoriale fino alle preoccupazioni sulla visione futura rispetto al ruolo e il peso della realtà cittadina in tutta la Bisiacaria. S.F.
Il giorno 29 novembre 2023 abbiamo consegnato all’Ufficio Protocollo del Comune di San Canzian d’Isonzo la petizione popolare da noi promossa e sottoscritta in quindici giorni da 347 persone (di cui 225 residenti a San Canzian) e su cui attendiamo risposta, che deve pervenirci al massimo entro il 29 gennaio. Veramente speravamo di essere convocati prima, per potere illustrare più estesamente le nostre richieste in un confronto a voce, invece la replica ci è venuta indirettamente dall’Amministrazione Comunale, il 28 dicembre 2023 nella seconda presentazione pubblica (un mese dopo quella del 24 novembre) dei risultati delle indagini ordinate dal Servizio di Archeologia Preventiva della Soprintendenza regionale Fvg, a causa del “rischio archeologico” che grava sul costruendo piazzale.
I due archeologi incaricati, dottor Dario Innocenti e dottoressa Federica Codromaz hanno esposto in modo ancor più dettagliato i sorprendenti risultati, ed espresso un entusiastico elogio della disponibilità del Sindaco, anche economica, che arriverà a 200.750 € (di cui 21.913,44 € già saldati alla ditta Hydra Tech di Condolf Daniele, per le operazioni di scavo e di “mantenimento cantiere” finora effettuate). Il Sindaco ha ribadito che gli scavi sono conclusi, che la Soprintendenza ha autorizzato i lavori di ripavimentazione del piazzale, garantendo comunque una quotidiana sorveglianza, e che pertanto essi inizieranno a marzo.
Nessun cenno alla nostra petizione contraria, che pure ha visto una adesione assolutamente decisa e ampia di cittadini. Non era quell’incontro la sede per esporre punto per punto le nostre richieste (tra l’altro incombeva il tramonto per l’ultima vista dello scavo che verrà ricoperto a breve), ma, anche in risposta all’articolo di don Francesco, intendiamo farlo qui. Non siamo persone sprovvedute e irresponsabili che vorrebbero tener aperti gli scavi all’infinito e senza costrutto: visto che ormai si può puntare solo su una parziale variante ai lavori di copertura, il primo punto della petizione chiede di sospendere la chiusura degli scavi “fino alla consegna della relazione tecnicoscientifica da parte dell’archeologo incaricato”, ossia il dott. D. Innocenti, sulla cui base il sindaco potrebbe giustificare la variante in corso d’opera richiesta dal Comitato. L’unica parte che secondo noi dovrebbe restare a vista protetta davanti alla chiesa è il lacerto di mosaico (bellissimo, e ammirato solo in locandina!) addossato al muro perimetrale dell’edificio basilicale, che si trova a lato
dell’ingresso alla chiesa, quindi senza provocare impedimenti all’accesso e al sagrato.
Il pavé grigio previsto resterebbe come da progetto comunale, anzi secondo noi dovrebbe ricoprire completamente anche i viali di accesso, al posto dell’asfalto. Don Fragiacomo potrebbe rassicurarsi sulla fruibilità del piazzale! Il secondo punto chiede di non ricoprire con la pavimentazione in pietra giallo-rossa solo “l’area della basilica del V -VI secolo, per consentire quanto prima la ripresa degli scavi e la messa a vista protetta dei mosaici e di altri reperti”. Il motivo è di non buttare via denaro pubblico per un’opera che per la nostra proposta deve invece consistere nella ripresa degli scavi per la messa in luce dei mosaici interrati e la loro valorizzazione museale. Inoltre, gli archeologi hanno messo in dubbio la ricostruzione planimetrica fatta negli anni ’60, ma come si può verificare se non si riapre l’indagine?
Il Sindaco ha più volte garantito che tale pavimentazione potrà essere facilmente asportata, in caso di nuovi scavi, ma se l’intento è questo, perché allora farla? È chiaro che, una vola ricoperta, l’area non verrà più riaperta (almeno non entro la durata della nostra vita!): manca evidentemente la volontà politica di intraprendere questa strada! In modo provvisorio, per i tempi necessari alla redazione di un nuovo progetto di campagna di scavo e all’ottenimento di un finanziamento specifico (finora mai chiesto, bisogna risalire alla giunta Pizzoni), abbiamo proposto che tutta l’area compresa nel perimetro della basilica ipotizzata dagli scavi degli anni ’60 sia resa a prato, estendendo il manto erboso che già ne ricopre una parte.
Il perimetro andrebbe delineato da un cordonale piano in pietra, ed i mosaici interrati illustrati con pannelli informativi di qualità. Un altro punto della petizione è il Museo Archeologico “in luogo idoneo prossimo all’area archeologica di piazza Santi Martiri a San Canzian d’Isonzo, con orario di apertura e assunzione di un curatore professionista, che promuova i beni archeologici del paese”. L’allestimento dovrebbe seguire criteri tali da renderlo attrattivo e “vivo”: illuminazione mirata dei reperti, ricostruzioni video in 3D, contestualizzazioni virtuali sincroniche e diacroniche, tecnologie interattive, aule didattiche e laboratoriali (invece anche il totem è stato asportato dal Centro Civico del paese!), “mappe parlanti”.
Nonostante l’affetto per il minuscolo Antiquarium attuale, infatti, non lo riteniamo più idoneo: non a norma negli spazi, nella sicurezza, nell’accessibilità, privo di una catalogazione ufficiale (quella effettuata dall’archeologo Cristiano Tiussi e consegnata in Comune è introvabile), non in grado di ospitare i resti oggi dispersi in magazzini di altri musei, né tantomeno quelli ritrovati nella necropoli paleo slava scoperta nel 2023 (la più estesa d’ Europa!), destinati anch’essi alla custodia in luogo lontano dal ritrovamento. Ringraziamo don Fragiacomo per la disponibilità a estinare una sala dell’Oratorio ad aula didattica, che potrebbe costituire un ripiego temporaneo, ma la proprietà del Museo che abbiamo in mente non potrebbe essere che pubblica.
Don Fragiacomo concorda con la nostra richiesta di un Curatore archeologo professionista, ma chi lo pagherebbe, se il Museo restasse proprietà della Curia? Tra le sue competenze rientrerebbe anche la promozione dei resti romano-pagani e le aree archeo non di pertinenza della Parrocchia? Tutta la storia del paese va riconsiderata: benvenute le campagne di indagine col georadar promesse nella variante del piano regolatore in zone agricole… ma non si dovrebbe porre mano ad un’indagine sui mosaici del III secolo, scoperti in zona Rondon? I tempi potrebbero essere maturi per riscavarli e (ammesso che non siano stati distrutti per costruire silos e stalle) esporli restaurati nella Villa Luisa, che troverebbe così una sua nuova destinazione d’uso, unendo finalità pubblica e privata. Ma pensiamo anche al “restauro, ripristino conservativo e apertura al pubblico” di Santo Spirito e San Proto: un “panettone” privo addirittura di una fascia di rispetto la prima, la seconda divenuta uno squallido spazio vuoto, dove certo non piove più, ma non c’è quasi nulla da proteggere dalla pioggia.
Don Fragiacomo è d’accordo anche su un “tavolo di lavoro consultivo ed operativo territoriale”, ma dubitiamo che i nostri amministratori abbiano capito che per entrare in un circuito turisticoculturale in modo non supino, bisogna promuovere concreti progetti di valorizzazione per attrarre visitatori e renderli soddisfatti degli inaspettati tesori qui presenti. Bisogna cioè investire in idee, contatti istituzionali e culturali, ricerca di finanziamenti pubblici e privati, pensare in grande… e non spendere solo per fare, alla fine, un’operazione di maquillage urbanistico.
Insomma: dei nostri beni si sono giustamente appropriati archeologi, storici dell’arte, di storia antica e del Cristianesimo e continueranno a farlo con le nuove scoperte. Le loro pubblicazioni faranno conoscere il nostro paese nel mondo accademico, daranno un contributo eccezionale sui secoli oscuri del medioevo, sui movimenti migratori, sull’alimentazione, sull’idrografia antica, ma cosa resterà nelle mani dei cittadini di San Canzian? Cosa vedranno di tutto ciò? San Canzian continuerà a restare l’ultimo paese della Bisiacaria, senza quella percezione di contare, che spinge la gente a partecipare.
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