Tra foto e ricordi riemergono tre lettere del 1937 che raccontano di un'amicizia tra due giovani a San Pier d'Isonzo

Tra foto e ricordi riemergono tre lettere del 1937 che raccontano di un'amicizia tra due giovani a San Pier d'Isonzo

Grazie al periodo della pandemia

Tra foto e ricordi riemergono tre lettere del 1937 che raccontano di un'amicizia tra due giovani a San Pier d'Isonzo

Di Ivan Bianchi • Pubblicato il 08 Gen 2021
Copertina per Tra foto e ricordi riemergono tre lettere del 1937 che raccontano di un'amicizia tra due giovani a San Pier d'Isonzo

Scritte in bisiaco ma con grafia elegante, tre lettere datate 1936 e 1937 sono riemerse in questi giorni da una soffitta di Ronchi. Raccontano di un'amicizia nella San Pier degli anni '30.

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Voria saver come te se lapassi a casa, se tesè ancora magnador de fien, come quando che iero a casa mi. […] Se tut me andarà ben, vignarò a casa verso giugno, sta poc a passar, se sa passà sei mesi, passarà anca questi altri sei, se Dio vol. Amì i mesi me par che i passe come al fumo, parchè adir la verità stago ben. Dighe a Giovanin che me scrivesse almeno una volta ogni tant, vaben che mi no scrivo mai, parchè no so cossa scrivar, se lui no me scrive. Saludeme tant tutti quei che i domanda de mi e fra parentesi tutti questi: la mia mamma, i miei parenti che sta a Sampiero”.

Si conclude così una delle tre lettere che Ermenegildo Zanolla, tra il 1936 e il 1937, ha scritto a Carlo Benes. Entrambi di San Pier d’Isonzo, anche se Benes era nato a Tapogliano, “Gildo”, come si firma l’autore delle rocambolesche missive, probabilmente classe 1918 o 1919, e Carlo si scambiano alcune epistole nel periodo della leva militare del primo. Tre i fogli che sono stati rinvenuti, il primo datato 23 dicembre 1936, il secondo 23 febbraio 1937 e il terzo dopo la Pasqua del ’37, dal momento che il contenuto racconta del periodo pasquale. 

Lettere rimaste in soffitta nella casa dei genitori a Ronchi e in compagnia di numerose fotografie e ricordi per tanti anni. Ma grazie al lockdown e al periodo Covid, Marisa Benes, figlia di Carlo, si è decisa a mettere a posto quanto i genitori avevano raccolto e mantenuto nel corso degli anni. Così sono ricomparse le lettere, un ricordo particolare e a tratti divertente, con il racconto dalla Sicilia di Gildo che non omette di allegare sulla carta anche qualche scherzoso disegno.

La scrittura è un corsivo elegante, tipico stile che si insegnava a scuola fino a non molti anni fa, ma la lingua utilizzata è un misto tra il bisiaco e l’italiano. “Ciò che mi ha colpito – sottolinea Marisa, che per capirci di più ha pubblicato sul suo profilo Facebook le missive e le trascrizioni, suscitando l’interesse di numerosi cittadini e appassionati – è stata la grafia ben curata e le vicende che vi sono descritte”. Come detto, Benes era nato nel 1921 e in quegli anni aveva 16 o 17 anni. L’amico, un po’ più grande, deve averne avuti 18 o 19 nel momento in cui scriveva le missive.

“Tra le storie ve n’è una divertente – prosegue Marisa – in cui Gildo racconta di aver incontrato una ragazza siciliana e di averle proposto di fare quattro passi assieme. Timoroso di essere scoperto dal superiore ed essere messo in prigione vaga per le vie nascoste trovandoselo, alla fine, di fronte. I due fanno finta di non conoscersi e la storia si conclude con un lieto fine. Anche se Gildo afferma di voler tornare a casa e trovarsi “una mula bisiaca”. Mi ha divertito – conclude Marisa – come ha scritto alcune proposizioni tra cui “scoltachetedigo”, ovvero tutte attaccate, mentre la punteggiatura è tutta corretta e curata. Mancano le lettere che ha scritto mio padre che devono essere state divertenti, come lo era lui, visto che Gildo risponde dicendo di aver riso tantissimo”.

Documenti di grande valore storico e culturale, oltre che affettivo, che la pandemia ha fatto non solo riscoprire ma anche apprezzare e conoscere. Nel periodo difficile sicuramente una nota positiva.

“Chi che legge questa lettera diranno che sono messo aposto per le feste – conclude Gildo in una delle missive - non importa, fin che siam giovani abbiam da spendere, eche lavadi ben eche lavadi mal noi siam sul fior della gioventù, noialtri barabi giudizio maipiù”. 

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