Legambiente: un contratto di fiume sull'Isonzo, obiettivo 2025

Legambiente: un contratto di fiume sull'Isonzo, obiettivo 2025

a gorizia

Legambiente: un contratto di fiume sull'Isonzo, obiettivo 2025

Di Daniele Tibaldi • Pubblicato il 20 Mag 2023
Copertina per Legambiente: un contratto di fiume sull'Isonzo, obiettivo 2025

Ieri sera l'iniziativa di Legambiente dedicata alla tutela del corso d'acqua, le idee e progetti in vista della Capitale della cultura.

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È proprio in giornate come queste, quando siamo inondati da immagini drammatiche come quelle delle esondazioni in Emilia Romagna, che il rapporto tra l’uomo e l’acqua diventa oggetto di particolare attenzione. Non dovrebbe essere così. L’importanza di questo elemento nella nostra vita dovrebbe essere costante. A ricordarcelo, ieri sera, sono stati gli ospiti della conferenza “Quale Isonzo per Go!2025?”, promossa dalle sezioni di Legambiente di Gorizia e Pordenone. Iniziativa realizzata nel contesto del progetto più ampio “Operazione Fiumi”, con il sostegno della Regione Friuli Venezia Giulia e l’Università di Udine.

Nell’aula 5 del polo universitario di via Santa Chiara, a Gorizia, si sono ritrovati, il presidente di Legambiente Gorizia Luca Cadez, il geografo dell’Università di Udine Francesco Visentin, la regista di Nova Gorica Anja Medved e lo scrittore, nonché presidente della Fondazione Socoba, Andrea Bellavite. A coordinare i lavori, la giornalista esperta di tematiche ambientali Elisa Cozzarini, che ha segnalato anche il prossimo incontro in programma: sabato 27 maggio, nell’ambito di èStoria, quando la direttrice generale dell’Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale (Ogs) Paola Del Negro affronterà la questione delle microplastiche.

«Prima ancora che da consigliera regionale – il saluto di Serena Pellegrino – intervengo da “legambientina”, per ricordare come fino a qualche anno fa eravamo trattati come cassandre. Oggi non lo siamo più, ma vedo palesarsi il rischio sempre più concreto per cui la crisi climatica e la situazione ambientale vengano oggi considerate solo come oggetto di investimenti». La consigliera ha espresso così le sue preoccupazioni, secondo cui «se “noi”, gli ambientalisti, facciamo evidenza delle problematiche, “loro” lo fanno solo in funzione di progettistica e cantieri, per risolvere non la questione, quanto piuttosto esigenze di far cassa».

Ma non mancano progetti che possono essere apprezzati anche dagli ecologisti. Tra questi, come ha illustrato in maniera dettagliata Cadez, la “European Green Belt”. Un’iniziativa volta a sviluppare un vero e proprio corridoio per la conservazione della natura e lo sviluppo sostenibile lungo quella che una volta era la Cortina di ferro. In questo progetto rientra anche l’Isonzo, definito dall’ambientalista goriziano «fiume che divide, fiume che unisce e fiume diviso», in riferimento ai molteplici aspetti storici, culturali e geomorfologici che lo caratterizzano. In particolare, se la funzione più nota, nell’immaginario collettivo, è quella di barriera naturale, nel mondo di oggi, fortemente antropizzato, i fiumi sono fondamentali per gli spostamenti della fauna. Ed è così che «oggi, possiamo trovare alla confluenza del Vipacco nell’Isonzo non solo lo sciacallo dorato, ma anche il cervo».

Sempre Cadez ha poi sottolineato come persino nel territorio urbano di Gorizia vi siano luoghi ricchi di biodiversità che vanno protetti: «È il caso dei prati stabili, che pur essendo mantenuti artificialmente, mediante gli sfalci fatti una o due volte all’anno, possono vantare persino alcune specie di orchidee». Ma non mancano le criticità, richiamate dall’attivista, come le dighe, il cambiamento climatico, discariche abusive, che mettono sempre più a rischio la fauna ittica.

Cosa fare, quindi? «Dobbiamo rendere l’Isonzo un corridoio ecologico, con piste ciclabili e un proprio museo, la cui sede ideale sarebbe nell’area delle ex Case Fogar». In questo modo l’area avrebbe anche un forte richiamo sul turismo sostenibile, con buone ricadute anche sul tessuto economico locale. Infatti, «ogni cicloturista spende in media 75 euro al giorno – la stima di Cadez – tra vitto e alloggio, rendendo il settore assolutamente non trascurabile».

Un’altra possibile soluzione è l’istituzione dei “Contratti di fiume”. A parlarne è stato Visentin, di cui peraltro è il responsabile regionale: «Questi accordi, più che progetti con un inizio e una fine, sono dei processi: hanno un inizio, ma il loro percorso è in costante sviluppo». Con questo strumento altamente partecipativo si vuole ripristinare un rapporto sano della nostra società con l’acqua, facendola tornare a essere una «società idraulica». Attualmente, nella nostra regione esistono sei contratti di fiume: Laguna di Marano, Cormor, Livenza, Judrio, Natisone e Roiello di Pradamano. Mentre è in fase di attuazione quello del Noncello, nell’area di Pordenone.

Ma l’obiettivo espresso un po’ da tutti i presenti è senz’altro quello di arrivare al 2025 con un contratto di fiume dell’Isonzo. Un progetto ambizioso, per via della sua natura transfrontaliera, ma non impossibile nell’Europa di oggi. «Sarebbe meraviglioso se Gorizia e Nova Gorica vivessero allo stesso modo il proprio rapporto con il fiume», ha dichiarato Bellavite, che ha poi aggiunto: «Ho ancora vivo il ricordo dell’incontro tra i sindaci di Staranzano e di Bovec nel corso del Festival dell’Acqua della settimana scorsa. Il gemellaggio tra la foce e la sorgente dell’Isonzo sia un primo passo per un disegno più ampio che riguardi l’intero corso del fiume».

Desiderio condiviso anche da Medved, che recentemente ha prodotto un film proprio sull’Isonzo, percorrendolo dalla sua sorgente, in Val Trenta, alla foce. «Nel corso delle riprese ho anche assistito all’incontro tra i direttori del Parco nazionale del Triglav (di cui fa parte anche la Val Trenta) e della Riserva dell’Isola della Cona: un ulteriore segnale del fatto che qualcosa si sta muovendo». Così la regista, che poi ha aggiunto: «Tutti amiamo l’isonzo, ma spesso solo limitatamente alla propria parte nazionale. Invece dobbiamo essere tutti collegati nella difesa di questo fiume».

Un fiume che, tra l’altro, ha anche conosciuto lo stesso dramma su ambo i lati del confine, come ha infine ricordato sempre Medved: «In pochi lo sanno ma sia Monfalcone che Ahnovo sono infatti legate dalla medesima tragedia dell’intossicazione da amianto».

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